Quando oggi sono andato a controllare l'andamento del torneo fuffa su chi è il miglior MC vivente, inizialmente mi è venuta la tristezza a vedere Fat Joe eclissato da 50 Cent. Per carità, l'ultima volta che Fat Joe diede alle stampe un album veramente valido -e non considero tali J.O.S.E. o Loyalty- io andavo ancora al liceo, però comunque gli resto piuttosto affezionato e ciò principalmente grazie a Jealous One's Envy (figurarsi che mi ricordo persino che il giorno in cui lo comprai venni colpito da un temporalone estivo... mi chiedo se questo tipo di memoria non renda un tantinello ricchione).
Rispetto infatti all'odierno curriculum di porcherie create con l'ausilio di idioti come DJ Khaled così come da solo, vi fu un tempo in cui l'obesone portoricano riusciva a creare album degni di ascolto. Ma se il suo esordio era tanto interessante come beat quanto risibile in termini di rime, col seguito egli riuscì secondo me a creare un efficace connubio tra beat di indubbia efficace ed il suo pur non esaltante flow. Aggiungiamoci poi un paio di ospiti piazzati strategicamente quà e là e avremo un disco che, per quanto non certamente imprescindibile, ancor'oggi può regalare generali soddisfazioni nonché materiale di qualità per le proprie escursioni a piedi per la città.
Per esempio, l'introduttiva Bronx Tale vede un ottimo KRS One fare da spalla al Grasso Giuseppe in modo tale che questo si sforzi di tirare fuori il meglio di sè; contrariamente però a quanto ci si possa aspettare, non si tratta di un pezzo in cui i due se la contan su riguardo al loro quartiere in maniera creativa. No, si tratta "solo" di un'esibizione di stile da parte dei due; ma chi dovesse pensare male di ciò non solo dovrebbe ascoltare effettivamente le rispettive prestazioni ma, soprattutto, dovrebbe provare a tener ferma la testa mentre Diamond D fa girare ad libitum le prime battute di Shoreline Drive e nel ritornello entrano dei cut tratti da Come Clean e Ill Street Blues: se ci riuscisse, beh, allora gli suggerirei di correre a comprare l'ultimo Lupe Fiasco. Non siete ancora convinti? E allora provate a dare una chance a cosine da nulla come Success, che tra i plumbei "campanellini" di Domingo e memorabili uscite di Joe ("For every shell that fell there's a story to tell") non lascia spazio a dubbi sulla sua bontà; oppure, ancora, il modo in cui L.E.S. stravolge la übermelensa All I Ask Of You per creare Fat Joe's In Town non lascia dubbi sul taglio hardcore dell'intero progetto; del resto, Barry White non aveva mai avuto un suono più pesante che in Part Deux, e pure l'eccellente lavoro nella scelta del campione fatto da Premier per il remix di Shit Is Real consente a Giovannino di esprimersi al top delle sue potenzialità ("can't afford a gold chain so you wear gold fronts", idolo). Ovviamente, lo ripeto, lui non è che sia tutta 'sta bomba di rapper, però diciamo che in questo album risulta quantomeno competente e senz'altro credibile; purtroppo, ciò non può bastare quando ad ergersi a mo' di metro giudizio ci sono personaggini come il già citato KRS One o l'allora emergente Big Pun, che ruba lo show al protagonista con una gran bella strofa in Watch Out: "I doom the world like I was God and throw my gun away/ Then snatch the moon out the sky and blow the sun away/ Me and my brothers play hardball, strictly hardcore, lyrics 'till I'm finished breakin god's laws/ My job's raw but I gotta do it, I'm feelin high and buddh'ed so you might get shot and lose a lotta fluid". Un indicatore per quello che ci avrebbe colpito due anni dopo con lo storico Capital Punishment? Ah, senz'altro.
Purtroppo è anche vero che un altrettanto valido indicatore per le ignobili fetecchie che ci sarebbero toccate SEI anni dopolo possiamo trovare nel "radio joint" di turno, Envy, che suca in maniera disgustosa Marvin Gaye e la sua Sexual Healing e ci spiattella su l'immancabile no-name-r&b-beeeyotch di quegli anni. Beh, perlomeno il testo non raggiunge abissi di insondabile squallore come le successive Make It Rain o, che ne so, Lean Back -però vi garantisco che nel contesto di Jealous One's Envy uno non avrebbe disdegnato piuttosto qualcosa di più Cage-iano, tipo quattro minuti e mezzo di rumori naturali di Fat Joe stesso. Dal lato converso troviamo il premierano remix di Success, ultrahardcore e ultrainutile, e poi qualche altra cosa un po' meno eccitante come Dedication o Say Word, che non tolgono nulla al piacere dell'ascolto ma nemmeno fanno un granchè per migliorarlo.
Come s'è visto, dunque, non abbiamo tra le mani un classico perso tra le pieghe della memoria; quello che c'è è un bel spaccato del suono nuiorchese in chiave ghettusa di metà anni '90, con alcune vere perle ed altre meno convincenti ma indubbiamente degne. Il difetto maggiore di Jealous One's Envy sta però purtroppo nello sbilanciamento di qualità: sorvolando sulla pacchiana Envy, è inutile nascondere il fatto che la vera carica del disco sta nei primi sei pezzi, mentre via via che si procede verso la fine si ha l'impressione di tracce assemblate tanto per (anche se Bronx Keeps Creating It con me vince anche solo grazie all'uso dell'intero loop di Holy Thursday), nelle quali oltre a beat meno d'impatto si fa vivo il dubbio che il Nostro paffuto eroe non abbia un granché da dire. In conclusione, che gli do? Tre e mezzo o quattro? Facciamo così: oggettivamente Jealous One's Envy sarebbe da tre e mezzo (sempre per la solita storia della contestualizzazione storica) e quindi eccoli qua, ma siccome sono un sentimentalone sappiate che per me è da quattro. Abbiate pazienza.
Fat Joe - Jealous One's Envy
VIDEO: THE SHIT IS REAL (DJ PREMIER RMX)
Rispetto infatti all'odierno curriculum di porcherie create con l'ausilio di idioti come DJ Khaled così come da solo, vi fu un tempo in cui l'obesone portoricano riusciva a creare album degni di ascolto. Ma se il suo esordio era tanto interessante come beat quanto risibile in termini di rime, col seguito egli riuscì secondo me a creare un efficace connubio tra beat di indubbia efficace ed il suo pur non esaltante flow. Aggiungiamoci poi un paio di ospiti piazzati strategicamente quà e là e avremo un disco che, per quanto non certamente imprescindibile, ancor'oggi può regalare generali soddisfazioni nonché materiale di qualità per le proprie escursioni a piedi per la città.
Per esempio, l'introduttiva Bronx Tale vede un ottimo KRS One fare da spalla al Grasso Giuseppe in modo tale che questo si sforzi di tirare fuori il meglio di sè; contrariamente però a quanto ci si possa aspettare, non si tratta di un pezzo in cui i due se la contan su riguardo al loro quartiere in maniera creativa. No, si tratta "solo" di un'esibizione di stile da parte dei due; ma chi dovesse pensare male di ciò non solo dovrebbe ascoltare effettivamente le rispettive prestazioni ma, soprattutto, dovrebbe provare a tener ferma la testa mentre Diamond D fa girare ad libitum le prime battute di Shoreline Drive e nel ritornello entrano dei cut tratti da Come Clean e Ill Street Blues: se ci riuscisse, beh, allora gli suggerirei di correre a comprare l'ultimo Lupe Fiasco. Non siete ancora convinti? E allora provate a dare una chance a cosine da nulla come Success, che tra i plumbei "campanellini" di Domingo e memorabili uscite di Joe ("For every shell that fell there's a story to tell") non lascia spazio a dubbi sulla sua bontà; oppure, ancora, il modo in cui L.E.S. stravolge la übermelensa All I Ask Of You per creare Fat Joe's In Town non lascia dubbi sul taglio hardcore dell'intero progetto; del resto, Barry White non aveva mai avuto un suono più pesante che in Part Deux, e pure l'eccellente lavoro nella scelta del campione fatto da Premier per il remix di Shit Is Real consente a Giovannino di esprimersi al top delle sue potenzialità ("can't afford a gold chain so you wear gold fronts", idolo). Ovviamente, lo ripeto, lui non è che sia tutta 'sta bomba di rapper, però diciamo che in questo album risulta quantomeno competente e senz'altro credibile; purtroppo, ciò non può bastare quando ad ergersi a mo' di metro giudizio ci sono personaggini come il già citato KRS One o l'allora emergente Big Pun, che ruba lo show al protagonista con una gran bella strofa in Watch Out: "I doom the world like I was God and throw my gun away/ Then snatch the moon out the sky and blow the sun away/ Me and my brothers play hardball, strictly hardcore, lyrics 'till I'm finished breakin god's laws/ My job's raw but I gotta do it, I'm feelin high and buddh'ed so you might get shot and lose a lotta fluid". Un indicatore per quello che ci avrebbe colpito due anni dopo con lo storico Capital Punishment? Ah, senz'altro.
Purtroppo è anche vero che un altrettanto valido indicatore per le ignobili fetecchie che ci sarebbero toccate SEI anni dopolo possiamo trovare nel "radio joint" di turno, Envy, che suca in maniera disgustosa Marvin Gaye e la sua Sexual Healing e ci spiattella su l'immancabile no-name-r&b-beeeyotch di quegli anni. Beh, perlomeno il testo non raggiunge abissi di insondabile squallore come le successive Make It Rain o, che ne so, Lean Back -però vi garantisco che nel contesto di Jealous One's Envy uno non avrebbe disdegnato piuttosto qualcosa di più Cage-iano, tipo quattro minuti e mezzo di rumori naturali di Fat Joe stesso. Dal lato converso troviamo il premierano remix di Success, ultrahardcore e ultrainutile, e poi qualche altra cosa un po' meno eccitante come Dedication o Say Word, che non tolgono nulla al piacere dell'ascolto ma nemmeno fanno un granchè per migliorarlo.
Come s'è visto, dunque, non abbiamo tra le mani un classico perso tra le pieghe della memoria; quello che c'è è un bel spaccato del suono nuiorchese in chiave ghettusa di metà anni '90, con alcune vere perle ed altre meno convincenti ma indubbiamente degne. Il difetto maggiore di Jealous One's Envy sta però purtroppo nello sbilanciamento di qualità: sorvolando sulla pacchiana Envy, è inutile nascondere il fatto che la vera carica del disco sta nei primi sei pezzi, mentre via via che si procede verso la fine si ha l'impressione di tracce assemblate tanto per (anche se Bronx Keeps Creating It con me vince anche solo grazie all'uso dell'intero loop di Holy Thursday), nelle quali oltre a beat meno d'impatto si fa vivo il dubbio che il Nostro paffuto eroe non abbia un granché da dire. In conclusione, che gli do? Tre e mezzo o quattro? Facciamo così: oggettivamente Jealous One's Envy sarebbe da tre e mezzo (sempre per la solita storia della contestualizzazione storica) e quindi eccoli qua, ma siccome sono un sentimentalone sappiate che per me è da quattro. Abbiate pazienza.
Fat Joe - Jealous One's Envy
VIDEO: THE SHIT IS REAL (DJ PREMIER RMX)