venerdì 19 giugno 2009

MED - PUSH COMES TO SHOVE (Stones Throw, 2005)

[Disclaimer: Alcune delle recensioni incluse in questo blog sono originariamente state pubblicate sul sito Hotmc.com. La ripubblicazione di questo materiale su Rugged Neva Smoove non è in alcun modo dipendente dalla volontà di Hotmc, che per politica editoriale desidera rimanere estranea alle attività di qualunque audioblog supporti il download illegale. La riproposizione degli articoli si riduce a una scelta personale dell'autore di questo blog, nonché autore delle recensioni, che si assume totalmente la responsabilità delle eventuali conseguenze]

Negli ultimi anni, la Stones Throw (fondata nel ’96 da Chris Manak a.k.a. Peanut Butter Wolf) è diventata un emblema di un certo tipo di hip hop sì underground, sì sperimentale, ma non manierista o snobbisticamente pretenzioso. Per fare un paragone scemo, quindi, la si potrebbe definire la Epitaph del rap (ad onor del vero, il rap non è l’unico genere di cui si occupa. Ma il paragone mica è scemo per niente). Tra le sue uscite più rilevanti vanno annotati Madvillainy, Champion Sound, Soundpieces ed altri; mentre tra gli artisti sotto contratto con l’etichetta si possono trovare MF Doom, J Dilla, Percee P, Oh No e –tu guarda che bizzarìa- Madlib.
Un roster ben nutrito, dunque. Così ben nutrito che mi stavo scordando di parlare di Medaphoar, o come ama farsi chiamare di recente, MED. Membro della Oxnard Fam, in passato è apparso su una serie di 12 pollici ed è stato ospitato su altrettanti dischi (ultimo per ordine d’apparizione, su quello del compare Declaime).
Fine del Bignami, passiamo al disco. I produttori, innanzitutto. In prima linea c’è Madlib, che produce tredici tracce sulle diciotto complessive. Poi, con due pezzi ciascuno, figurano J Dilla e l’onnipresente Oh No. Infine, all’orizzonte si profila Just Blaze. Parto da quest’ultimo perché mi pare psicologicamente interessante scoprire se sia valsa la pena (per MED) di vendersi un rene pur di avere una sua produzione sul disco, e, tanto per farla breve, la risposta è “nì”. Intendiamoci: il beat spinge pur restando sul minimalista andante: una batteria uptempo, dei bonghi d’accompagnamento ed un campione funk (+ sintetizzatore nel ritornello), il tutto miscelato ben benino ed ecco una bella base pronta per l’uso. C’è un “ma”. Il “ma” è che quel beat lo usa Medaphoar, che di certo come MC non si distingue particolarmente né per tecnica, né per carisma, né per scrittura. E’ piatto, bravino ma abbastanza insignificante, una specie di Grand Agent californiano. Per cui, sì, siamo tutti d’accordo che in casi come questo devi sceglierti bene le basi per poter avere qualche speranza di essere notato, ma scegliersi Just Blaze vuol dire sopravvalutarsi, semplicemente. Ma mica solo Just Blaze! Il povero MED ha così buon gusto nello scegliersi le basi che s’è tirato la zappa sui piedi, passando da un J Dilla in gran forma (So Real) ad un Madlib altrettanto potente e variegato (Special, Hold Your Breath), e rimbalzando infine ad un Oh No non da meno (Never Give U Up). In pratica, i produttori giocano a ping pong con le palle del poverino, incastrato definitivamente e senza possibilità di scampo tra bassi belli pieni, loop di pianoforte, synth vari e campioni vocali.
Durante l’ascolto del disco, inoltre, alle volte si è presi male dalla scarsa vivacità al microfono del Nostro e ci si chiede perché, già che sa scegliersi così bene i beat, non si sia scelto qualche ospite in grado di spezzare la monotonia. In un caso (Declaime/ Dudley Perkins) la cosa gli riesce; nell’altro, Diamond fa pesare tanto, ma tanto, la differenza tra la rappata “laid back” ed la rappata scassauallera. Quasi mi dispiace dover poi far notare come i ritornelli migliori siano quelli senza MED (Never Gonna Give You Up, Can’t Hold On, Listen 2 This ecc. ecc.), così come si potrebbe apparire carognoni nel sostenere che, le volte che Medaphoar la Belva Umana abbandona il suo solito flow precisino precisino, combina danni quasi irreversibili. E’ il caso di What U In It 4, dove egli non solo massacra il ritornello, ma si scatena in un audace extrabeat infilando una parola dietro l’altra, sputtanando il ritmo dettato dalla base. Un po’ viene da piangere: avrei una lista abbastanza lunga di chi avrei visto bene su questi beat, e invece sticazzi.
Comunque sia, benchè abbia passato una mezz’oretta abbastanza sollazzante a prendere per il culo questo povero cristo, in realtà lo dobbiamo ringraziare. Innanzitutto perché la sua relativa mediocrità si fa sentire solo su queste basi: non è uno scarsone, quindi, non capitemi male. Si lascia ascoltare. Già l’ultimo Declaime era diverso: un cicinin più capace, ma alle volte supportato da beat bruttozzi, cosa che mi faceva immediatamente scattare il dito sul “FF” manco fosse un bel clitoridone turgido. Onore quindi al coraggio e, soprattutto, al suo ottimo gusto, grazie al quale possiamo godere di 51 minuti spaccati di musica di alta qualità, varia quel che basta e dal suono fresho ma non stronzo come piace a noi. Leggero nei contenuti, abbastanza indifferente nel flow, ma molto bello musicalmente. A scanso d'equivoci, lo dichiaro apertamente: m'è piaciuto abbastanza per comprarmelo.

[Heh. Per quanto siano passati ormai quattro anni, le differenze sostanziali che ho nel rapportarmi a questo disco sono una maggiore apertura a determinate sonorità e soprattutto una scrittura più sobria. Basta. In teoria quindi potrei anche non aggiungere nulla, ma dato che più volte mi è capitato di riascoltare Push Comes To Shove, e dato che per un'intera estate ha avuto una presenza fissa in macchina, a casa, nel walkman ecc. direi che c'è qualcosa da aggiungere in merito alla longevità: longevità data principalmente dall'insieme dei beat, che trovo davvero superiore alla media. Da So Real a Special passando per Get Back e Can't Hold On, è evidente che questo disco da un lato sia indubbiamente quello più commerciabile della Stones Throw e dall'altro -più in generale- risulti essere uno dei più "spinti" e musicalmente variegati. Salvo poche sviste, peraltro relativamente gravi, Push Comes To Shove può essere ascoltato dall'inizio alla fine e poi di nuovo dall'inizio.
Insomma, l'aspetto musicale è ancora migliore di come descritto nella recensione del 2005: già solo per questo vi consiglio di non perdervi questo disco. Tant'è vero che in fin dei conti MED, che confermo essere tutto fuorché bravo- scivola in secondo piano fino quasi a diventare un semplice elemento musicale. Certo, ci sono pezzi in cui mostra qualche segno di capacità (vedi So Real), ma nel complesso non ho esitazioni nel definirlo fondamentalmente sullo stesso livello di Guilty Simpson; contrariamente a quest'ultimo, però, perlomeno non risulta invasivo e perciò anche la sua mediocrità non disturba più di tanto.
Ne consegue che, casomai non la conosceste, Push Comes To Shove è l'opera perfetta da ascoltarsi anche quest'estate. Per certi versi eclettico, per altri ricercato, e per altri invece semplicemente spinto, sono convinto che sia il disco della Stones Throw meno passibile di noia per le orecchie di chi non è abituato al sound dell'etichetta di PBW. Un tre e mezzo è il voto oggettivamente corretto, ma se dovessi valutarne anche la longevità potrei forse spingermi ad un quattro.]





LINK RIMOSSO DATO CHE LA STONES THROW HA MINACCIATO DI FARMI IL CULO
LINK REMOVED BECAUSE OF STONES THROW THREATENING ME TO EFF ME THE EFF UP

VIDEO: PUSH

7 commenti:

Anonimo ha detto...

5 zainetti li do a te per: i produttori giocano a ping pong con le palle del poverino. Musicalmente è tra le cose migliori della ST, MED fino a qui m'era piaciuto nelle varie collaborazioni ma poi nel disco ha fatto sentire tutta la propria mediocrità. Di "Push Comes To Shove" consiglio dunque la versione strumentale...

BRA
www.rapmaniacz.com

Antonio ha detto...

P.S. la Epitaph non si occupa solo di punk. La Fat Possum è una sottoetichetta molto simile a quelle della ST. Quindi il paragone non è scemo per nulla...

Anonimo ha detto...

Aggiungo ulteriore commento
la grafica (nella front) fa davvero cagare con quel bianco pugno nell'occhio di maglia e cappellino -
e richiesta di recensione
Mos Def "Black On Both Sides" (dai, l'hai citato tu a proposito di Pharoahe, ora ti tocca!).

BRA
www.rapmaniacz.com

MAK ha detto...

Med funzionerebbe meglio come selezionatore di beats per Nasir Jones. Saremmo tutti contenti.

Appoggio BRA per Mos Def.

Anonimo ha detto...

io voglio vederti recensire emeritus di scarface
GrannyS

Anonimo ha detto...

a quando la tua opinione sull'album di Sonny Seeza?

reiser ha detto...

Mos Def ci ho provato giusto venerdì ma la voglia era quel che era... comunque ho in lista d'attesa Ghostfazza e Rakim, vedrò
Sonny nemmeno sapevo fosse uscito e, dopo averlo scaricato, avrei preferito restare nella mia ignoranza. A parte il mixaggio fatto con la Playstation, a parte la voce che a momenti cambia di pezzo in pezzo, ci sono su dei beat che non so qualificare in modo diverso da "ridicoli"
Il disco più brutto che abbia sentito quest'anno, l'equivalente musicale di Terminator 4