[continua la settimana dei quattro e mezzo...]
Devo ammettere che scrivere una recensione di Violent By Design è forse una delle cose più inutili che abbia fatto, seconda forse solo al discutere di politica con un elettore di Forza Italia. Essendo un disco relativamente giovane ed essendo gli autori ancora in circolazione, la memoria collettiva lo registra ancora come pienamente in vita e ciò significa che, specialmente tra gli sbarbi, non condivide la sorte di un Nation Of Millions, che oramai è ricordato emotivamente solo da trentenni mentre i nati dopo l'88 quando va bene lo menzionano esclusivamente a mo' di voce enciclopedica. No: Violent By Design è vivo e lotta con noi.
Ora, per quanto il mio approccio verso il rap sia molto cambiato dal 2000 ad oggi e così anche la percezione che ho del suddetto album, non posso nascondere che nei miei diciannove anni il primo ascolto di VBD fu al contempo una rivelazione ed una speranza. Una rivelazione perchè non confidavo che vi potesse essere più una sorta di rinascita del suono del Wu, ed una speranza perchè nel pieno dell'era dei Ja Rule e dei Juvenile finalmente riuscivo a vedere un'uscita dal tunnel. Gli MC erano assolutamente aggressivi, urlavano nel microfono con voci roche e si alternavano con grande naturalezza, facevano riferimenti che si distaccavano dalle solite du' palle di Money Cash Hoes e, soprattutto, l'allora per me sconosciuto Stoupe donava loro un beat più potente ed evocativo dell'altro. In altre parole, più che semplice musica i JMT sapevano creare atmosfere che in un qualche modo ti lasciavano qualcosa, soddisfazione per avere tra le mani della bella roba hardcore in primis. Probabilmente se lo ascoltassi oggi, al netto delle circostanze dell'epoca (e non mi riferisco solo all'imberbe età), resterei molto meno impressionato; ma vi garantisco che allora e per i successivi due-tre anni ogni rotazione a cui sottoponevo VBD me ne faceva scoprire l'ennesimo bel aspetto.
Ma, appunto, oggi? Beh, la cosa più onesta che possa dire è che questo è l'ennesimo esempio in cui si capisce che il rap è prima di tutto il risultato della fusione di più parti e che, forse più di qualsiasi altro genere, rappresenta un caso in cui la musicalità può sopravanzare l'aspetto contenutistico senza perdere nulla. Anzi. Perchè dai, ammettiamolo: non solo Jus e Vinnie non esprimono nulla di remotamente significativo in nessuna delle canzoni, bensì il 90% delle volte a prenderli sul serio fanno ridere. Ciò che li rendeva unici è forse il loro aspetto più ludico: la fusione di estetica gore-deathmetallusa, i riferimenti campati in aria ad antiche religioni così come ad un islamismo d'accatto, la loro infantile omofobia e le solite vuote minacce da abbaioni sono materiale che, se uno ha appena il QI sufficente per mettersi le dita nel naso, dovrebbe far stramazzare al suolo dalle risate persino l'anima più bigia. Eppure tutto questo ammasso di coglionerie funziona alla meraviglia grazie alla forma in cui esso s'esprime, in maniera non dissimile da ciò che avviene per certi film che tu SAI essere delle stronzatone col botto ma che nonostante ciò sanno lasciarti più soddisfatto che l'equivalente "serio". In breve, Violent By Design è quella che gli anglosassoni definiscono una "guilty pleasure". E, sia ben chiaro, quando siamo a questi livelli, ben venga.
Ma per entrare un po' più nel dettaglio, qual è l'impianto "tecnico" che riesce a sorreggere cotanto vuoto pneumatico? Mi rispondo da solo e comincio col citare i beat. Ah!, i beat! Spesso posto in relazione al 4th Disciple del primo album dei Killarmy, Stoupe forse non ne è una emanazione diretta ma certamente ha un approccio simile sia per quel che riguarda la scelta dei campioni che per ciò che concerne il saper condire tutto con materiale non strettamente inerente al beatmaking (mi riferisco fondamentalmente ai dialoghi dei film qui campionati negli skit). Le fonti sono principalmente rintracciabili nelle colonne sonore/classica e nel soul, laddove comunque siano presenti archi di vario genere e pianoforti. Vedi ad esempio il singolo Heavenly Divine, che usa benissimo un violino solista misto ad un campione di flauto di pan; analogamente, Sacrifice usa un'intera sezione di archi mescolandola ad un bervissimo loop di chitarra e pianoforte. Più "tradizionali" sono il remix di Five Perfect Exertions (che ricorda alla lontana Never Gonna Come Back dei Gravediggaz), l'ottima Retaliation (con un bel scratch tratto da Cross My Heart di Killah Priest) e la bonus track War Ensemble col suo sano campione di Stevie Wonder. Per ciò che concerne invece la classica e le colonne sonore, che nel futuro del gruppo prenderanno sempre più piede dopo la "pausa" di Visions Of Gandhi, abbiamo da un lato Albinoni (Trinity) e dall'altro campioni tratti da Il Tredicesimo Piano (film discreto, peraltro) e Rosemary's Baby che, ovviamente, conferiscono un tocco di epicità con estrema facilità.
Ci sono poi anche sample più tradizionali -Contra, Speech Cobras e Deer Hunter su tutti- che, contrariamente a quanto avverrà nel futuro, contribuiscono enormemente alla varietà dell'insieme; perchè se questo è reputato essere il miglior album dei Jedi Mind non è solo per questioni di qualità intrinseca delle varie canzoni, ma anche perchè tutti gli altri soffrono di un'atmosfera monotona dovuta principalmente al pescaggio dei campioni attuato nella stessa "cesta" di dischi. L'equilibrio mostrato da Stoupe, invece, qui è pressochè perfetto sia nei ritmi che nel mood, ed esso si può notare anche e soprattutto anche a distanza di tempo. Insomma, la peggior cosa che si possa dire delle basi di Violent By Design è che non sono innovative: ma come in altri casi l'unica risposta che si può dare ad una simile affermazione è "sticazzi".
Per quel che riguarda invece l'emceeing francamente non mi va di perdere tanto tempo sui, ehm, "contenuti. Più importante è invece rilevare che Vinnie e Jus, pur appartenendo alla medesima estrazione in quanto a metrica, si alternano molto bene al microfono grazie alla diversità tre le rispettive voci; credo che l'esempio migliore di ciò si possa ritrovare nell'ultima strofa di Heavenly Divine, dove c'è un incessante passaggio di microfono che avviene con una naturalezza oggettivamente encomiabile. Ma in teoria ciò non basterebbe per digerire l'intera portata (sì, insomma, voci a parte direi che sono abbastanza intercambiabili), ed allora ecco che entrano in gioco i featuring. C'è di tutto: dalla prima formazione degli Army Of The Pharaohs (quindi con Bahamadia e Virtuoso) al Queensbridge, rappresentato da Tragedy e Killa Sha, passando naturalmente per l'underground di Philadelphia (Chief Kamachi, Diamondback, Planetary), Boston (Mr. Lif, Eso & Virt) e New York (Louis Logic, L-Fudge e J-Treds). Ebbene, queste ospitate funzionano a meraviglia e per quanto siano oggettivamente numerose riescono comunque a non risultare intrusive al punto di scordarsi chi siano effettivamente i protagonisti principali.
In chiusura, quindi, VBD è un'opera secondo me discutibile per molti versi ma che comunque alla fine risulta potente. Lo ascolti e pensi che alla fin fine di rap simile ce ne vorrebbe di più, magari con un pizzico di retrocultura trash in meno, ma vabbe'. Lungi dall'essere perfetto, dunque, la seconda opera dei JMT rientra però a pieno titolo tra i dischi fondamentali della prima decade del nuovo millennio, vuoi anche solo per l'influenza esercitata sull'underground "bianco" esploso a partire dal 2000 in poi. Da ascoltare? Certo. Da avere? Naturalmente. Cinque microfoni? No, ma quattro e mezzo -meritati perlopiù per via delle basi- senz'altro.
Jedi Mind Tricks - Violent By Design
Devo ammettere che scrivere una recensione di Violent By Design è forse una delle cose più inutili che abbia fatto, seconda forse solo al discutere di politica con un elettore di Forza Italia. Essendo un disco relativamente giovane ed essendo gli autori ancora in circolazione, la memoria collettiva lo registra ancora come pienamente in vita e ciò significa che, specialmente tra gli sbarbi, non condivide la sorte di un Nation Of Millions, che oramai è ricordato emotivamente solo da trentenni mentre i nati dopo l'88 quando va bene lo menzionano esclusivamente a mo' di voce enciclopedica. No: Violent By Design è vivo e lotta con noi.
Ora, per quanto il mio approccio verso il rap sia molto cambiato dal 2000 ad oggi e così anche la percezione che ho del suddetto album, non posso nascondere che nei miei diciannove anni il primo ascolto di VBD fu al contempo una rivelazione ed una speranza. Una rivelazione perchè non confidavo che vi potesse essere più una sorta di rinascita del suono del Wu, ed una speranza perchè nel pieno dell'era dei Ja Rule e dei Juvenile finalmente riuscivo a vedere un'uscita dal tunnel. Gli MC erano assolutamente aggressivi, urlavano nel microfono con voci roche e si alternavano con grande naturalezza, facevano riferimenti che si distaccavano dalle solite du' palle di Money Cash Hoes e, soprattutto, l'allora per me sconosciuto Stoupe donava loro un beat più potente ed evocativo dell'altro. In altre parole, più che semplice musica i JMT sapevano creare atmosfere che in un qualche modo ti lasciavano qualcosa, soddisfazione per avere tra le mani della bella roba hardcore in primis. Probabilmente se lo ascoltassi oggi, al netto delle circostanze dell'epoca (e non mi riferisco solo all'imberbe età), resterei molto meno impressionato; ma vi garantisco che allora e per i successivi due-tre anni ogni rotazione a cui sottoponevo VBD me ne faceva scoprire l'ennesimo bel aspetto.
Ma, appunto, oggi? Beh, la cosa più onesta che possa dire è che questo è l'ennesimo esempio in cui si capisce che il rap è prima di tutto il risultato della fusione di più parti e che, forse più di qualsiasi altro genere, rappresenta un caso in cui la musicalità può sopravanzare l'aspetto contenutistico senza perdere nulla. Anzi. Perchè dai, ammettiamolo: non solo Jus e Vinnie non esprimono nulla di remotamente significativo in nessuna delle canzoni, bensì il 90% delle volte a prenderli sul serio fanno ridere. Ciò che li rendeva unici è forse il loro aspetto più ludico: la fusione di estetica gore-deathmetallusa, i riferimenti campati in aria ad antiche religioni così come ad un islamismo d'accatto, la loro infantile omofobia e le solite vuote minacce da abbaioni sono materiale che, se uno ha appena il QI sufficente per mettersi le dita nel naso, dovrebbe far stramazzare al suolo dalle risate persino l'anima più bigia. Eppure tutto questo ammasso di coglionerie funziona alla meraviglia grazie alla forma in cui esso s'esprime, in maniera non dissimile da ciò che avviene per certi film che tu SAI essere delle stronzatone col botto ma che nonostante ciò sanno lasciarti più soddisfatto che l'equivalente "serio". In breve, Violent By Design è quella che gli anglosassoni definiscono una "guilty pleasure". E, sia ben chiaro, quando siamo a questi livelli, ben venga.
Ma per entrare un po' più nel dettaglio, qual è l'impianto "tecnico" che riesce a sorreggere cotanto vuoto pneumatico? Mi rispondo da solo e comincio col citare i beat. Ah!, i beat! Spesso posto in relazione al 4th Disciple del primo album dei Killarmy, Stoupe forse non ne è una emanazione diretta ma certamente ha un approccio simile sia per quel che riguarda la scelta dei campioni che per ciò che concerne il saper condire tutto con materiale non strettamente inerente al beatmaking (mi riferisco fondamentalmente ai dialoghi dei film qui campionati negli skit). Le fonti sono principalmente rintracciabili nelle colonne sonore/classica e nel soul, laddove comunque siano presenti archi di vario genere e pianoforti. Vedi ad esempio il singolo Heavenly Divine, che usa benissimo un violino solista misto ad un campione di flauto di pan; analogamente, Sacrifice usa un'intera sezione di archi mescolandola ad un bervissimo loop di chitarra e pianoforte. Più "tradizionali" sono il remix di Five Perfect Exertions (che ricorda alla lontana Never Gonna Come Back dei Gravediggaz), l'ottima Retaliation (con un bel scratch tratto da Cross My Heart di Killah Priest) e la bonus track War Ensemble col suo sano campione di Stevie Wonder. Per ciò che concerne invece la classica e le colonne sonore, che nel futuro del gruppo prenderanno sempre più piede dopo la "pausa" di Visions Of Gandhi, abbiamo da un lato Albinoni (Trinity) e dall'altro campioni tratti da Il Tredicesimo Piano (film discreto, peraltro) e Rosemary's Baby che, ovviamente, conferiscono un tocco di epicità con estrema facilità.
Ci sono poi anche sample più tradizionali -Contra, Speech Cobras e Deer Hunter su tutti- che, contrariamente a quanto avverrà nel futuro, contribuiscono enormemente alla varietà dell'insieme; perchè se questo è reputato essere il miglior album dei Jedi Mind non è solo per questioni di qualità intrinseca delle varie canzoni, ma anche perchè tutti gli altri soffrono di un'atmosfera monotona dovuta principalmente al pescaggio dei campioni attuato nella stessa "cesta" di dischi. L'equilibrio mostrato da Stoupe, invece, qui è pressochè perfetto sia nei ritmi che nel mood, ed esso si può notare anche e soprattutto anche a distanza di tempo. Insomma, la peggior cosa che si possa dire delle basi di Violent By Design è che non sono innovative: ma come in altri casi l'unica risposta che si può dare ad una simile affermazione è "sticazzi".
Per quel che riguarda invece l'emceeing francamente non mi va di perdere tanto tempo sui, ehm, "contenuti. Più importante è invece rilevare che Vinnie e Jus, pur appartenendo alla medesima estrazione in quanto a metrica, si alternano molto bene al microfono grazie alla diversità tre le rispettive voci; credo che l'esempio migliore di ciò si possa ritrovare nell'ultima strofa di Heavenly Divine, dove c'è un incessante passaggio di microfono che avviene con una naturalezza oggettivamente encomiabile. Ma in teoria ciò non basterebbe per digerire l'intera portata (sì, insomma, voci a parte direi che sono abbastanza intercambiabili), ed allora ecco che entrano in gioco i featuring. C'è di tutto: dalla prima formazione degli Army Of The Pharaohs (quindi con Bahamadia e Virtuoso) al Queensbridge, rappresentato da Tragedy e Killa Sha, passando naturalmente per l'underground di Philadelphia (Chief Kamachi, Diamondback, Planetary), Boston (Mr. Lif, Eso & Virt) e New York (Louis Logic, L-Fudge e J-Treds). Ebbene, queste ospitate funzionano a meraviglia e per quanto siano oggettivamente numerose riescono comunque a non risultare intrusive al punto di scordarsi chi siano effettivamente i protagonisti principali.
In chiusura, quindi, VBD è un'opera secondo me discutibile per molti versi ma che comunque alla fine risulta potente. Lo ascolti e pensi che alla fin fine di rap simile ce ne vorrebbe di più, magari con un pizzico di retrocultura trash in meno, ma vabbe'. Lungi dall'essere perfetto, dunque, la seconda opera dei JMT rientra però a pieno titolo tra i dischi fondamentali della prima decade del nuovo millennio, vuoi anche solo per l'influenza esercitata sull'underground "bianco" esploso a partire dal 2000 in poi. Da ascoltare? Certo. Da avere? Naturalmente. Cinque microfoni? No, ma quattro e mezzo -meritati perlopiù per via delle basi- senz'altro.
Jedi Mind Tricks - Violent By Design
4 commenti:
Concordo in tutto.
Campiona un violino o un piano e mi fai felice.
Naturalmente si sa che quando ti avvicini ad un album dei JMT i contenuti non devi guardarli,anche se ritengo molto importante dire cose intelligenti e sensate.
5 zainetti no,appunto perchè manca di contenuti,ma il resto mi piace alla grande.
CryNStay
possò di na cosa ? magari una cazzata,a proposito dei contenuti.
Se un mc italiano cantasse queste cose o cmq lo spessore lirico più o meno fosse questo,sempre su queste basi,il giudizio sarebbe sempre così positivo ?
Secondo me forse,a volte(io per primo) badiamo poco ai testi in inglese e poi magari critichiamo i testi in italiano (con palate di tecnica in meno) dove molte volte non ci sono tutte queste differenze.
Io praticamente non ascolto italiano però ci pensavo da un pò,e sta cosa mi ha spesso mandato in crisi riguardo lu rep
Non per quel che mi riguarda, perchè trovo che il rap in italiano suoni nella maggioranza dei casi davvero malissimo
Si verrebbe quindi a creare una lacuna proprio in quel discorso di puro piacere acustico di cui scrivo nella recensione, che è, appunto, ciò che mi fa perdonare le scemenze he vengono sparate in (non solo) questo caso
Sulla recensione concordo, pero' mi va di dire che nel paragone fra Stoupe e 4th Disciple (che superficialmente ci sta) il quarto discepolo vince alla grande, principalmente perche' e' molto meno manieristico di Stoupe.
I migliori beat di 4th Disciple nemmeno lo vedono, Stoupe...
Posta un commento