Bene: fate "ciao" con la manina a Sean Price: con all'attivo due album ufficiali e tre mixtape, e con nessuna delle suddette uscite lontanamente rapportabile ad un classico, egli è però uno dei pochissimi MC che talvolta sento il bisogno specifico di ascoltare. E poco importa se diversi beat sono meh o non mi piacciono, perchè salvo casi irrecuperabili basta la sua presenza a farmi relegare in un ruolo da comprimario la base. In tal senso, il suo esordio come solista, Monkey Barz, è forse più adatto per tratteggiare i contorni di questo bizzarro fenomeno, in quanto presenta più alti e bassi che non il successivo Jesus Price Superstar.
Pubblicato nel 2005 come primo volume della "trilogia" composta assieme agli album di Buckshot e 9th Wonder e degli Smif 'N' Wessun, forse esso non è il migliore in senso assoluto ma è probabilmente quello dotato di maggior fascino (e per parlare di fascino con in mezzo con Scionpüüü! ce ne vuole). Innanzitutto perchè è l'opera con su più pezzi d'impatto: Onion Head, Boom Bye Yeah, Bye Bye, Jail Shit e Rising To The Top possono godere dei favori di qualsiasi aficionado di rap fin dal primo ascolto e, soprattutto, mantengono una buona longevità nel tempo. In secondo luogo, perchè è quello che a fronte dei sopracitati pezzi da novanta ne contrappone altri francamente deboli (Fake Neptune, Mad Mann, I Love You Bitch). Il terzo motivo nonché il più importante, è che qui si può notare quanto la bravura ed il carisma di un rapper possono aiutare a far risorgere tracce che, se date in mano ad un altro, avrebbero continuato a nuotare nella mediocrità più nera (Heartburn, Peep My Words, Shake Down, Spliff 'N' Wessun).
Ed il bello è che ciò non avviene a causa di chissà che contenuti, ma quasi solamente per motivi di forma. Scionpüüü! infatti non si spinge praticamente mai oltre alla ghettuseria nelle sue varie forme -ricalcando così alla perfezione il marchio di fabbrica della Boot Camp Clik- ma sia per l'esposizione che ne fa (in cui non manca quasi mai un pizzico di humor) che per la tecnica adottata, il risultato alla fine riesce ad affascinare persino chi dovrebbe averne pieni i coglioni di queste robe. Insomma, dal ruolo di gregario che giocoforza aveva assunto come membro degli Heltah Skeltah, il Nostro ha saputo trasformarsi in una belva: sia per l'inventiva e le uscite, che spesso si collocano in quella sottile linea che passa tra il serio ed il grottesco, che per l'unione perfetta tra metrica e voce. Sentirlo rappare è un piacere per chiunque reputi comunque ancora importante l'arte di saper mettere in rima le parole, ma lo è anche per chi nel rap apprezza i momenti di caciara e cazzonaggine più pura.
E quando la sua voce e la sua malcelata goliardia vengono supportate dai giusti beat, i risultati sono ammirabili: Agallah rientra nel ruolo di produttore talentuoso ma non tamarro e firma le ottime Rising To The Top e Jail Shit (ulteriormente impreziosita da un redivivo Rock sul ritornello), mentre Khrysis, pur difettando ancora di personalità, sceglie bene i campioni e le batterie (anche se quel rullante che fa TCIOK! non mi convince appieno) e così le sue Bye Bye e Onion Head centrano il bersaglio e forniscono un tappeto sonoro ideale per la spacconeria di Scionpüüü!. Non da meno sono i momenti più smaccatamente tamarri, anticipati in Shake Down ma culminanti nella cafonissima Boom Bye Yeah, che non potrebbe essere descritta se non come la colonna sonora ideale per un pestaggio di gruppo ai danni di bambini dagli occhi tondi & teneri.
Me senza voler indugiare troppo nella descrizione dei singoli beat, basti dire che l'ispirazione comune a tutti è il classico boombap nuiorchese senza alcun tipo di pretese, con in più qualche incursione nel soul: già Onion Head e Bye Bye (anche se quest'ultima campiona David Axelrod) ne mostrano i segni, ma sono soprattutto Heartburn, Brokest Rapper You Know e I love You Bitch a far sfoggio di sample dell'era Motown. Ma se il primo tipo di sound non presenta controindicazioni di alcun genere e funziona praticamente sempre, nel secondo caso è facile scivolare nella sovraproduzione e nel pacchiano. Un peccato, davvero, perchè d'accordo che il nostro eroe riesce praticamente sempre a rendere perlomeno ascoltabili queste tracce, ma è anche vero che con un po' meno archi epici + sample vocali, ed un po' più di Beatminerz (qui invece completamente assenti) o MoSS, Monkey Barz sarebbe diventato un disco ineccepibile.
Così com'è, invece, soffre di un certo "effetto altalena" del quale -malgrado tutto- avrei preferito fare a meno, e che in ultima analisi fa giusto da cartina di tornasole per dimostrare la bravura di Scionpüüü!. Tuttavia, questa non va sottovalutata, perchè riesce a trasformare un album che in mano a qualcun altro sarebbe stato da tre/tre e mezzo in un solido quattro pieno, essendo Monkey Barz favorito non solo da alcune autentiche chicche ma soprattutto di una longevità molto rara di questi tempi. PÜ!!!
Sean Price - Monkey Barz
VIDEO: BOOM BYE YEAH