I motivi che oggiogiorno possono spingermi ad acquistare un disco a scatola chiusa, dopo più di 15 anni di inculate prese con una curva crescente che lascia oramai poco spazio a qualsivoglia tipo di fiducia, sono pochi. Pochissimi, anzi. E se andiamo a parlare di esordienti direi ancora meno, direi intorno allo zero virgolaqualcosa.
Nonostante tutto ciò, però, propormi un album che include nomi come Milano, Saigon, gli Im3 (in doppia versione: solisti e gruppo), Smiley e i Kamakazee significa farmi calare le braghe senza ritegno, perchè con una simile formazione di semiemergenti/semifalliti underground io perdo qualsivoglia capacità di razionalizzare. Nessuno di loro è mai stato un campione del flow o un mostro della scrittura, ma tutti hanno saputo rappresentare quella forma di rap ruvida ed ignorante che io tanto amo e che tra le mie preferenze spesso sostituisce brani oggettivamente meglio fatti.
Ebbene, la chiave di lettura migliore per godersi Once Upon A Time In America del/dei Grim Team -nome dietro al quale si cela il produttore parigino Chaze- è secondo me esattamente questa: prendi un po' di gente magari dotata di potenziale ma mai stata capace di emergere realmente e da' loro dei beat che li equivalgano, cioè materiale tecnicamente piuttosto valido ma dai contorni un po' sfocati, non rifiniti. E a conti fatti il tutto funziona egregiamente, devo dire: i campioni del Nostro girano quel che basta per fornire un valido background musicale agli ospiti, le batterie svolgono il loro mestiere ed i suddetti ospiti si comportano al meglio delle loro possibilità. Il tutto per poco meno di un'ora di durata dove è meglio lasciare le aspettative a casa e concentrarsi su quel che passa il convento.
E allora cominciamo col portoricano oriundo del Lower East Side di nome Raze, che intorno al 2005 aveva ricevuto un po' d'attenzione grazie a dei validi 12" da lui pubblicati salvo poi scomparire nell'ultimo periodo: in Once Upon Ecc. ritroviamo innanzitutto Livin' It, che risulta valida oggi come al momento della sua uscita, e Nervous -forse meno d'impatto ma comunque gradevole. Il boricua si fa notare più per la tecnica che per i contenuti, ma almeno da questo punto di vista la sua dizione cristallina e la disinvoltura nel passare da una rima all'altra fa passare in secondo piano una certa sensazione di déjà vu concettuale. Idem dicasi per il conterraneo Milano, che dopo un lungo silenzio ritroviamo qui in un paio di discrete tracce atte a dimostrare ancora una buona forma, così come per Prospect: la lunga assenza dalla scena non ha intaccato di una virgola lo stile dell'ex membro della Terror Squad, il quale si presenta tale e quale a com'era in Don Cartagena. A voi decidere se questo sia un difetto o meno.
Chi invece stupisce sono gli Infamous Mobb: essi sono presenti sia come gruppo che come solisti, ma i loro sforzi restano comunque alti: e così, se il loro pezzo collettivo pur dimostrando un notevole potenziale viene rovinato sul più bello da quella ignobile chiavica di Chinky, le loro singole tracce centrano il segno -sì, persino quella di Ty Knitty. Inutile però dire che in quest'ottica di rozzezza a vincere è il solito Twin Gambino, che come al solito inciampa nei tempi e regala liriche non esattamente brillanti (la mia preferita: "Gambino, grimey one, know I'm that nigga/ Hard like DMX but smooth like Jigga/ Thug from QB, you know I'm that nigga") ma a cui personalmente perdono tutto solo per via della voce e dell'attitudine. Un po' come Smiley The Ghetto Child, ingiustamente considerato del tutto incompetente ma che qui tutto sommato si salva sia in Busted (complice anche il beat) che in Insane Terrain; certo, la bravura vera e propria è un'altra cosa ed in fondo bastano KL e Kyron per ricordarcelo nella loro Hold Mine, ma anche l'incapacità totale è ben altra materia: basta ascoltare A-Dog degli ACD che rappa peggio che nel '97, mentre sospendo il giudizio sui Tres Coronas principalmente per questioni linguistiche (ma qualsiasi scemo di Saragozza per me rima meglio di loro, se v'interessa saperlo).
Insomma, in breve ci sono artisti che se già conoscete ed apprezzate vi sapranno dare delle soddisfazioni; in caso contrario, nessuna delle loro performance riuscirà a farvi cambiare idea anche solo di una virgola. Le tematiche sono sempre le classiche del rap ghettuso e, francamente, particolari estri non ce ne sono: prendere o lasciare.
Lo stesso discorso di cui sopra si potrebbe applicare ai beat: Chaze si dimostra un buon mestierante capace di occasionali sprazzi di genio (Busted, Hood's Diary, Livin' It) così come di pigrizia (vedi i sample strasentiti di Incognito, Get That Paper o BXNY) o totale inettitudine (Verso Por Verso ma soprattutto l'atroce A 100). Ne consegue che se il suo lavoro qui non si può certo definire esaltante, in almeno un paio di occasioni riesce a regalarci il pezzone ed alla fine, questo sì, quasi sempre l'artista di turno gode del background acustico a lui più consono. In qualità di discepolo del suono ruvido di fine anni '90, Chaze riesce quindi ad ottenere spesso un'eccellente alchimia tra beat ed emceeing, cosicchè risulta difficile non apprezzare la già citata Hood's Diary o M.I.L.A.N.O. I campioni, poi, presi perlopiù da colonne sonore o roba anni '80 con solo qualche occasionale excursus nel soul classico, hanno il pregio di essere orecchiabili ed alla fine l'unica cosa che spiace è che il parigino non sia stato capace di una programmazione delle batterie più creativa ma soprattutto dotata di un mixaggio degno di questo nome. Insomma, a voler essere cattivi lo si potrebbe definire un Alchemist senza la cretività.
In chiusura, quindi, che fare? Comprare o non comprare? La mia personalissima risposta è «sì» ma solo a condizione che siate veramente dei fan sfegatati del rap à la Infamous Mobb e siate perciò disposti a perdonare un emceeing spesso non eccelso ed una monotematicità che mal si sposa con la durata del disco. Per quel che mi riguarda, quindi, sarebbe un tre e mezzo ma oggettivamente non posso dargli più di tre. E questo restando in attesa del debutto ufficiale di Chaze che, spero, potrà usufruire quantomeno di un maggiore quality control...
Grim Team - Once Upon A Time In America: The Prequel
VIDEO: BUSTED
Nonostante tutto ciò, però, propormi un album che include nomi come Milano, Saigon, gli Im3 (in doppia versione: solisti e gruppo), Smiley e i Kamakazee significa farmi calare le braghe senza ritegno, perchè con una simile formazione di semiemergenti/semifalliti underground io perdo qualsivoglia capacità di razionalizzare. Nessuno di loro è mai stato un campione del flow o un mostro della scrittura, ma tutti hanno saputo rappresentare quella forma di rap ruvida ed ignorante che io tanto amo e che tra le mie preferenze spesso sostituisce brani oggettivamente meglio fatti.
Ebbene, la chiave di lettura migliore per godersi Once Upon A Time In America del/dei Grim Team -nome dietro al quale si cela il produttore parigino Chaze- è secondo me esattamente questa: prendi un po' di gente magari dotata di potenziale ma mai stata capace di emergere realmente e da' loro dei beat che li equivalgano, cioè materiale tecnicamente piuttosto valido ma dai contorni un po' sfocati, non rifiniti. E a conti fatti il tutto funziona egregiamente, devo dire: i campioni del Nostro girano quel che basta per fornire un valido background musicale agli ospiti, le batterie svolgono il loro mestiere ed i suddetti ospiti si comportano al meglio delle loro possibilità. Il tutto per poco meno di un'ora di durata dove è meglio lasciare le aspettative a casa e concentrarsi su quel che passa il convento.
E allora cominciamo col portoricano oriundo del Lower East Side di nome Raze, che intorno al 2005 aveva ricevuto un po' d'attenzione grazie a dei validi 12" da lui pubblicati salvo poi scomparire nell'ultimo periodo: in Once Upon Ecc. ritroviamo innanzitutto Livin' It, che risulta valida oggi come al momento della sua uscita, e Nervous -forse meno d'impatto ma comunque gradevole. Il boricua si fa notare più per la tecnica che per i contenuti, ma almeno da questo punto di vista la sua dizione cristallina e la disinvoltura nel passare da una rima all'altra fa passare in secondo piano una certa sensazione di déjà vu concettuale. Idem dicasi per il conterraneo Milano, che dopo un lungo silenzio ritroviamo qui in un paio di discrete tracce atte a dimostrare ancora una buona forma, così come per Prospect: la lunga assenza dalla scena non ha intaccato di una virgola lo stile dell'ex membro della Terror Squad, il quale si presenta tale e quale a com'era in Don Cartagena. A voi decidere se questo sia un difetto o meno.
Chi invece stupisce sono gli Infamous Mobb: essi sono presenti sia come gruppo che come solisti, ma i loro sforzi restano comunque alti: e così, se il loro pezzo collettivo pur dimostrando un notevole potenziale viene rovinato sul più bello da quella ignobile chiavica di Chinky, le loro singole tracce centrano il segno -sì, persino quella di Ty Knitty. Inutile però dire che in quest'ottica di rozzezza a vincere è il solito Twin Gambino, che come al solito inciampa nei tempi e regala liriche non esattamente brillanti (la mia preferita: "Gambino, grimey one, know I'm that nigga/ Hard like DMX but smooth like Jigga/ Thug from QB, you know I'm that nigga") ma a cui personalmente perdono tutto solo per via della voce e dell'attitudine. Un po' come Smiley The Ghetto Child, ingiustamente considerato del tutto incompetente ma che qui tutto sommato si salva sia in Busted (complice anche il beat) che in Insane Terrain; certo, la bravura vera e propria è un'altra cosa ed in fondo bastano KL e Kyron per ricordarcelo nella loro Hold Mine, ma anche l'incapacità totale è ben altra materia: basta ascoltare A-Dog degli ACD che rappa peggio che nel '97, mentre sospendo il giudizio sui Tres Coronas principalmente per questioni linguistiche (ma qualsiasi scemo di Saragozza per me rima meglio di loro, se v'interessa saperlo).
Insomma, in breve ci sono artisti che se già conoscete ed apprezzate vi sapranno dare delle soddisfazioni; in caso contrario, nessuna delle loro performance riuscirà a farvi cambiare idea anche solo di una virgola. Le tematiche sono sempre le classiche del rap ghettuso e, francamente, particolari estri non ce ne sono: prendere o lasciare.
Lo stesso discorso di cui sopra si potrebbe applicare ai beat: Chaze si dimostra un buon mestierante capace di occasionali sprazzi di genio (Busted, Hood's Diary, Livin' It) così come di pigrizia (vedi i sample strasentiti di Incognito, Get That Paper o BXNY) o totale inettitudine (Verso Por Verso ma soprattutto l'atroce A 100). Ne consegue che se il suo lavoro qui non si può certo definire esaltante, in almeno un paio di occasioni riesce a regalarci il pezzone ed alla fine, questo sì, quasi sempre l'artista di turno gode del background acustico a lui più consono. In qualità di discepolo del suono ruvido di fine anni '90, Chaze riesce quindi ad ottenere spesso un'eccellente alchimia tra beat ed emceeing, cosicchè risulta difficile non apprezzare la già citata Hood's Diary o M.I.L.A.N.O. I campioni, poi, presi perlopiù da colonne sonore o roba anni '80 con solo qualche occasionale excursus nel soul classico, hanno il pregio di essere orecchiabili ed alla fine l'unica cosa che spiace è che il parigino non sia stato capace di una programmazione delle batterie più creativa ma soprattutto dotata di un mixaggio degno di questo nome. Insomma, a voler essere cattivi lo si potrebbe definire un Alchemist senza la cretività.
In chiusura, quindi, che fare? Comprare o non comprare? La mia personalissima risposta è «sì» ma solo a condizione che siate veramente dei fan sfegatati del rap à la Infamous Mobb e siate perciò disposti a perdonare un emceeing spesso non eccelso ed una monotematicità che mal si sposa con la durata del disco. Per quel che mi riguarda, quindi, sarebbe un tre e mezzo ma oggettivamente non posso dargli più di tre. E questo restando in attesa del debutto ufficiale di Chaze che, spero, potrà usufruire quantomeno di un maggiore quality control...
Grim Team - Once Upon A Time In America: The Prequel
VIDEO: BUSTED
4 commenti:
Milano? Thumbs up.
Anche io prediligo i semifalliti, devo dire.
Trovi tantissima sua roba anche sul disco dei P Brothers, e poi ha anche fatto uscire un discreto album solista (ma solo in versione digitale)
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per chi fosse ineteressato al disco di Milano...
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