Visualizzazione post con etichetta Nas. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Nas. Mostra tutti i post

lunedì 30 novembre 2009

NAS - STILLMATIC (Columbia/Ill Will, 2001)

Non molto tempo fa ho recensito Illmatic decantandone le lodi e conferendogli di conseguenza un tanto ovvio quanto meritato punteggio pieno: del resto cosa si può fare quando ti trovi di fronte ad uno dei tre migliori dischi degli ultimi quindici anni, se non il migliore? Bene, era il 1994. Ora facciamo un balzo in avanti di sette anni e ricapitoliamo in breve cos'è successo durante questo periodo: il rapper conosciuto come Nasty Nas ha pubblicato prima un album valido me deludente se rapportato al precedente, poi a momenti s'è bruciato la carriera col ben brutto disco del collettivo The Firm salvo risollevarla col discreto I Am, ed infine ha spazientito persino i suoi fan più accaniti col fiacco Nastradamus. Tutto ciò è avvenuto contestualmente ad uno spostamento degli equilibri all'interno della scena americana, che ha visto prima l'emersione e dopo la consacrazione commerciale definitiva degli stati a sud della Mason-Dixon, e poi una scissione irreversibile tra underground e mainstream, con a capo di quest'ultimo "filone" un Jay-Z quanto mai battagliero e deciso a schiacciare i suoi avversari, tra i quali proprio Nas.
Veniamo quindi a Stillmatic: com'era ovvio, ciò di cui Nasir Jones aveva bisogno era di un qualcosa di ben definito che lo svegliasse dal suo torpore e lo reindirizzasse sui binari abbandonati tanto tempo prima, e ciò è avvenuto nell'estate e nell'autunno di otto anni fa. I vari dissing di Jay-Z, soprattutto quello fatto durante la Summer Jam e la successiva conferma data da Takeover (che aveva come plus quello di essere incluso in un album classico, come a conferma della validità dello status dell'autore), hanno fatto capire al Nostro che se non voleva chiudere la carriera così l'unica soluzione era quella di ricreare un Illmatic moderno. E per un soffio quasi non ce l'ha fatta.
Veniamo innanzitutto alla prima cosa che risalta di Stillmatic: le liriche e le diverse concept track qui presenti. Quanto alle rime appare evidente fin dall'introduzione che Jones ha vivaddio abbandonato ogni velleità pseudomafiosetta per tornare a focalizzarsi su quella poesia di strada che gli aveva fatto meritare il titolo di erede di Rakim; e difatti la cosa non solo gli riesce ma gli riesce benissimo. Stillmatic è uno dei dischi moderni meglio rappati che la mia pur enciclopedica memoria può ricordare, con flow e metriche precisi ed incisivi come un bisturi e capaci di sezionare i diversi aspetti della New York del 2001(ma non solo, come vedremo) così come era stato capace di fare nel '94. Su 15 pezzi -17 se includiamo le tracce bonus- almeno tredici (o quindici, a seconda) possono essere definiti la gioia di qualsiasi fan di rap che possa dirsi tale, grazie a metafore originali, un immaginario vivido e dai toni sempre azzeccati, e senz'altro uno sfoggio d'abilità mai fine a sè stesso e comunque autogiustificantesi. Voglio dire, se uno apre un pezzo dicendomi di essere il migliore e poi prosegue così: "narration describes the lives of lost tribes in the ghetto tryin to survive/ The feature opens with this young black child/ fingers scratched, cigarette burns on the sofa, turnin the TV down/ While Mary Jane Girls, 45's playin, soft in the background", io cosa posso dirgli? "Non ti credo, dimostramelo"? Ma è già tutto lì, perdio!
E comunque, se anche fossi un'inguarbile scettico -e viste le delusioni datemi in precedenza da Nas avrei anche il diritto di dubitare- le riconferme che quanto lui sostiene è effettivamente vero vengono giù a pioggia man mano che ci si addentra nell'opera. Ether, ad esempio, oramai più che un dissing è un'icona del genere, tantopiù che ha fatto nascere il verbo «to ether» per descrivere l'offesa perfetta, l'insulto finale, lo sberleffo che chiude i giochi e fa andare via uno dei concorrenti a testa bassa col capo cosparso di cenere. Ricevere un simile riconoscimento non è poco per un genere storicamente competitivo come l'hip hop, questo è indubbio. Così com'è indubbio il fatto che canzoni come Rewind e One Mic siano dimostrazioni di elevatissimo livello di cosa significhi avere un'idea e cosa significhi metterla in pratica: nella prima, infatti, Nasir si lancia in uno storytelling al rovescio esattamente come se si mandasse indietro una videocassetta (quindi non solo la struttura del racconto è invertita ma anche la sua forma) con risultati straordinari, mentre nella seconda fa coincidere il crescendo dato dalla base con il proprio tono di voce e con la metrica e, tanto per non "annoiare", con la terza strofa ribalta questo climax fino a giungere ad un epilogo pressoché sussurrato.
Non basta, non ancora: Destroy & Rebuild è una sorta di cover di The Bridge Is Over, con la ovvia differenza che l'attacco stavolta è portato dall'interno e vede come vittime Prodigy, Nature e Cormega; inutile dilungarsi su questioni come chi ha torto o chi ha ragione, ciò che conta è che liricamente la canzone regge benissimo il peso di quell'eredità. Ancora, Rule si propone come una sorta di sequel di If I Ruled The World e lo fa bene, mentre My Country e What Goes Around si propongono come i pezzi più pregnanti dal punto di vista della critica sociale. E laddove la prima è parzialmente rovinata da un tragico featuring e da un epilogo non proprio «sul pezzo» ("This goes out to Che Guevara, a revolutionary destroyed by his country"... no Nasir, lui era argentino ed è stato ucciso in Bolivia da forze governative locali, e non me la racconti che intendevi al Sudamerica), la seconda è semplicemente inattaccabile.
Ora, se non vado avanti è solo perchè riassumere pezzi così ben scritti in bignamini di dieci/venti parole rischia di privare l'ascolto della sua caratura originale. Meglio allora parlare di beat, così posso anche spiegare perchè malgrado un'assoluta eccellenza lirica non me la sento di conferire i tanto agognati cinque zainetti a Stillmatic. Vedete, se infatti escludiamo la tragica Braveheart Party (che è stata esclusa fin dalla seconda ristampa, che comunque ho ma che vi propongo lo stesso per correttezza filologica), il problema di Stillmatic è che le basi non sono sufficentemente valide per fargli raggiungere la perfezione. Insomma, per farla breve: se Nas avesse dato alle stampe non dico dieci, ma undici o dodici canzoni e poi stop avremmo sì un classico; così, semplicemente, no. Prima di tutto fatemi dire che il beat di Ron Browz per Ether è l'unica cosa che mi fa dubitare dell'indiscussa superiorità di questa su Takeover; quando penso a "suono di plastica" io penso ad Ether, perchè quegli archi ultrafiltrati e la pressoché totale assenza di batterie rappresenta proprio questo. Se invece cerco una definizione di "sample del cazzo", cosa dire allora della scelta di adoperare un campione tratto da Everybody Wants To Rule The World dei Tears For Fears? Certo, c'è stato di peggio (vedi i Duran Duran e la loro Notorious), ma santiddio... In più, basi come quelle di Destroy & Rebuild (Baby Paul) o You're Da Man (Large Professor) non rappresentano certamente il meglio che si potesse ottenere dai loro autori, specie in quest'ultimo caso, dove la colonna sonora di Exodus viene ripresa per la zilionesima volta e pure in maniera moscia.
Ciò detto, per il resto ci siamo eccome: Got Urself A Gun campiona in maniera prevedibile ma efficace il pezzo d'apertura dei Sopranos, Woke Up this Morning degli Alabama 3 e picchia in maniera non indifferente; 2nd Childhood vede un Premier a suo agio con delle atmosfere rilassate ideali per i contenuti del testo, e Large Pro, dal canto suo, si redime per i peccati di You're Da Man con l'eccellente ed atmosferica Rewind. A stupire, però, non è solo Salaam Remi con la sua sobria, semplice ed efficace What Goes Around, ma anche e soprattutto Nas, che firma in veste di coproduttore l'ottima Smokin' e la sensazionale One Mic. Come una persona capace di creare -anche solo parzialmente- due simili beat continui puntualmente a cazziare le scelte delle basi è davvero al di là delle mie facoltà cognitive.
Bòn. Cosa resta da dire (a parte che il ritornello di Rule eseguito da Amerie fa cagare)? Resta da dire che nella scaletta delle migliori opere di Nasir Jones -e sono quattro se escludiamo i Lost Tapes- questa probabilmente si colloca come seconda, e calcolando il valore della prima direi che non è poco. Come ho detto, se la tracklist avesse escluso You're Da Man, Braveheart Party (già fatto ma, insisto, la prima stampa la include ed è stata tolta per motivi esterni alla scelta artistica), e volendo anche My Country -per via del portaborse incapace- e al limite Rule ed il suo tremendo ritornello- allora avremmo tra le mani un classico inattaccabile. Così, invece, c'è "solo" un disco che pur non essendo letteralmente perfetto riesce a raggiungere questo status grazie sì a molte basi azzeccate, ma soprattutto ad un Nas come non lo si sentiva dal '94.





Nas - Stillmatic

VIDEO: ONE MIC

giovedì 15 ottobre 2009

NAS - ILLMATIC (Sony Columbia, 1994)

Come promesso, ecco la versione originale di Illmatic. Nel pomeriggio invece la recensione del dì. Ovviamente non sto a ripetere il voto, mi pare ovvio che sia un cinque.

Nas - Illmatic

VIDEO: HALFTIME

mercoledì 14 ottobre 2009

NAS - ILLMATIC: 10 YEAR ANNIVERSARY PLATINUM SERIES (Ill Will/Sony Columbia, 2004)

Sperando che il pacchetto da Amazon mi arrivi in giornata, vorrei oggi riportare il blog sulla terraferma del rap più ortodosso ed al contempo farmi perdonare da alcuni dei miei lettori per l'exploit di Kid Cudi. E allora calo l'asso: niente cazzetti underground bensì Illmatic. Nas. Uno dei più grandi dischi di sempre, sicuramente nella top 5 della storia del rap -ditemi di no e vi mando a fanculo- e per giunta nella versione rimasterizzata e con delle tracce bonus. E volete sapere una cosa? Ho comprato quest'edizione solamente per trovare un qualche appiglio per poter scrivere la recensione di un disco su cui è stato detto praticamente tutto e che a distanza di quindici anni basterebbe quindi definire "perfetto" e chiuderla così. Ma non è possibile o, comunque, non ci riesco: devo assolutamente scrivere qualcosa su una di quelle opere capaci di ridarti la fede nei confronti di un genere che troppo spesso mette a dura prova la pazienza ed i timpani dei suoi fan, e così proviamo a ripassare mentalmente tutti quei nove motivi che rendono Illmatic un capolavoro sotto ogni punto di vista.
Dopo l'intro, in cui ci viene efficacemente presentato il contesto in cui Nas si muoverà mediante un campione di treni sferraglianti preso da Wild Style, si parte con quella che è una delle più vivde descrizioni di quello che era l'angolo oscuro della New York del '94. Il campione di piano tratto da Mind Rain di Joe Chambers è perfettamente adeguato per le batterie di Premier, che qui supera sè stesso, ma soprattutto per le abilità descrittive di un Nas che riesce ad immortalare luoghi e circostanze con una serie di istantanee che si staccano da un certo iperrealismo per creare addirittura degli archetipi validi per il futuro. La macchina da presa di Nasir Jones si muove tra palazzi abbandonati, giardini incustoditi pieni di erbacce ed i fumi che escono dai tombini in inverno con una precisione ed una forza poetica degna del miglior Scorsese, impreziosendo il tutto con one-liners che sarebbero entrati immediatamente a far parte della Storia del genere: "I never sleep, 'cause sleep is the cousin of death", "I ran like a cheetah with thoughts of an assassin", "Life is parallel to Hell but I must maintain"... gli esempi sono troppi, ma basta la seconda metà della seconda strofa per riconoscere che si ha di fronte ben più che un semplice MC.
Non da meno è Life's A Bitch, in cui un giovanissimo AZ scrive una strofa indimenticabile (Visualizin the realism of life and actuality/ Fuck who's the baddest, a person's status depends on salary) che lo condannerà per il resto della vita a doversi scusare per non aver più saputo riproporre nulla del genere; ma anche il contributo di Nas, spesso ignorato a favore del precedente, vede nuovamente un ricco immaginario venir delineato con un miscuglio di fotografie e riflessioni personali da queste derivanti. Non per ultimo, l'assolo di tromba di Olu Dara, padre di Nas, conferisce all'etereo beat di L.E.S. un ulteriore tocco di classe e suggestività.
E The World Is Yours? Cosa dirne? Certamente si nota una maggiore positività sia nel taglio del beat che nelle strofe di Nas, ma siamo ben lungi dagli eccessi che sarebbero venuti negli anni successivi (purtroppo anche da parte di Nas stesso); il materialismo che ha sempre caratterizzato il rap qui è solo accennato in un paio di passaggi, e pure in modo relativamente sobrio, mentre per il resto ci sono libere associazioni di pensiero quasi che il Nostro stesse sognando ad occhi aperti: " There's no days, for broke days we sell it, smoke pays/ While all the old folks pray, to Je-sus' soakin they sins in trays/ Of holy water, odds against Nas are slaughter/ Thinkin' of a word best describin my life to name my daughter/ My strength, my son, the star, will be my resurrection/ Born in correction, all the wrong shit I did, he'll lead a right direction". Un mood che, espresso nella scrittura e nel flow ineccepibile di Nas, si sposa a perfezione con il sobrio beat di Pete Rock, che campionando veloci passaggi di piano contrapposti ad altri più scarni e brevi, si conferma essere il genio da molti ormai riconosciuto.
E già che siamo in tema di geni, mica salta fuori Large Professor con Halftime? Prodotta e registrata nel '92, è sorprendente vedere come comunque regga il confronto con gli altri pezzi qui presenti, e per quanto si noti una certa "superficialità" da parte del protagonista -siamo al puro e semplice braggadocio- non si può sorvolare su come già due anni prima egli fosse tecnicamente un MC ineccepibile.
Ma per vederne la peculiarità si sarebbe dovuto aspettare l'uscita di Illmatic; come già detto, la sua capacità di fondere poesia e realismo è unica, e questo viene ulteriormente dimostrato nella amarcordiana Memory Lane, contenente due strofe eccezionali e soprattutto uno dei beat più melodici offertici in quegli anni da Premier: uno stupendo campione di Reuben Wilson, caratterizzato in particolar modo da un cantato sommesso/mormorato, fornisce quel quid di atmosfera nostalgica senza però scadere nel melenso e comunque mantenedo una buon tiro. Classico, così come classica è anche One Love: so che la conoscono tutti, ma come non ripetere che il beat di Q-Tip è, nella sua semplicità, un qualcosa di geniale degno di stare nell'Olimpo delle migliori produzioni di sempre. Asciutto, lineare ed accompagnato solo da basso e batteria, il loop di xilofono fornisce a Nas il tappeto sonoro perfetto per scrivere la miglior canzone-lettera ad un amico incarcerato di sempre e che, in quanto tale, e come altre canzoni sentite finora, merita un posto nella Storia dell'hip hop.
A seguire c'è poi l'unico pezzo meno che superbo del disco -cioè One Time 4 Your Mind, dalla produzione un po' tanto scarna- al quale fa seguito Represent, anch'essa spesso criticata per la produzione un po' "pigra" di Premier ma che stavolta mi vede nuovamente entusiasta. Certo, non c'è la genialità mostrata in NY State Of Mind o Memory Lane, ma ciò non di meno resta un gran bel beat, perfetto per dare il "la" ad un Nas in perenne forma smagliante. Infine, arriviamo a It Ain't Hard To Tell, che chiude in bellezza un disco di suo impeccabile. A colpire quà non c'è solo il liricismo di Mr. Jones, sul quale non francamente più nulla da aggiungere se non "m'inchino", ma anche una base curata da Large Pro che se la gioca in bellezza con NY State Of Mind e One Love: a impressionare non è solo l'evidente bellezza del campione di Human Nature, ma come questo viene smontato e rimontato da Extra P e come egli sappia impreziosirlo con una linea di basso ugualmente fantastica.
Whew. Ce l'ho fatta. Ora, non sta a me riassumere i motivi per i quali questo disco ha rivoluzionato il genere specialmente sotto il punto di vista del liricismo; so solo che dopo di esso l'hip hop è cambiato e che ancor'oggi, se si vuol fare un album, Illmatic è uno dei pochi punti di riferimento validi. Tuttavia, resta ancora qualche parola da spendere su questa edizione celebrativa, e la prima cosa riguarda la rimasterizzazione. Contrariamente a quello che può avvenire con la musica suonata live, ancor più se ha venti o trent'anni e in originale è stata registrata con mezzi tecnici appena passabili (vedete solo le riedizioni di Murmur o Unknown Pleasures), nel caso dell'hip hop i margini di miglioramento sono relativi. In questo caso, se da un lato è inevitabile che il tutto abbia un suono più pulito e meno "amalgamato" nel suo insieme, dall'altro non è che le migliorie siano fondamentali -e poi non è che Illmatic di suo suoni come una puzzetta- e, soprattutto, forse toglie un po' del fascino dell'opera originale. Insomma, è come quando nell'800 si restauravano opere vecchie di trecent'anni attualizzandole secondo i criteri correnti, un'operazione sempre un po' al limite. Casomai, il motivo per un acquisto di questa 10th Anniversary Edition, se si è già possessori dell'originale può essere ritrovata nel disco bonus; tuttavia, devo dire che la scelta di non includere remix dell'epoca ma attualizzazioni -valide o appena passabili, ma nulla più- per me non ha un briciolo di senso. Cosa vuoi che mi freghi di avere un remix parajiggy di Life's A Bitch? O una versione da quattro soldi di It Ain't Hard To Tell? A conti fatti, l'unica che si salva è The World Is Yours, più l'inedito Star Wars e l'ormai stranota On The Real, che però stavolta ci viene presentata nella forma interamente rappata da Nas.
Diciamolo: come bonus non è che ci sia un granchè di valido, e d'altronde anche il remastering lascia il tempo che trova anche se perlomeno non sono stati troppo invasivi; ora, io oggi vi passo questa versione, che ha comunque il pregio di costare davvero una sciocchezza, ma domani vi giro anche l'originale. In ogni caso, l'uno o l'altro vanno comprati, non c'è dubbio.





Nas - Illmatic: 10 Year Anniversary Platinum Series

VIDEO: IT AIN'T HARD TO TELL

lunedì 7 gennaio 2008

NAS - A QUEENSBRIDGE LEGACY (2007)

Qualcuno potrebbe pensare che per inaugurare un audioblog che risponde al nome di Rugged Neva Smoove, la scelta più logica sarebbe dovuta ricadere sul LP d'esordio degli M.O.P.. Arriverà anche quello, come anche il resto del mio archivio musicale, ma intanto mi preme correggere uno dei vizi più frequenti dell'industria musicale: il greatest hits.
Tanto per cominciare, cosa potrebbe desiderare il potenziale acquirente di un greatest hits? Semplice: la visione d'insieme della carriera dell'artista 'X' fino a un dato momento, cosicché uno possa capire se 'X' sia degno di un qualche ulteriore interesse/approfondimento o meno. Di conseguenza, ci si aspetterebbe che un greatest hits tradisca parzialmente il suo significato letterario, andando ad includere dunque non solo i pezzi di successo ma anche tutto ciò che possa essere considerato di valore artistico a prescindere dalla notorietà (gli esegeti dell'anticonformismo di maniera mi verranno a dire che il valore “artistico” è cosa più che opinabile, ma se uno non vuole raccontarsi troppe palle sa benissimo quali sono le opere di un artista che valgono e quali no).
Tuttavia, la risposta dell'industria musicale all'esigenza del potenziale acquirente non può essere soddisfacente, in nessun caso. E ciò in quanto fornire una visione completa (e onesta) di una carriera significherebbe automaticamente escludere un buon 90% di materiale oggettivamente trascurabile, sicché, avendo quindi l'acquirente a disposizione la crème de la crème, difficilmente questo andrà poi a spendere soldi per comprare gli album veri e propri. Un altro motivo, decisamente più prosaico, è che sovente l'artista 'X' ha inciso per altre case discografiche e collaborato con dei colleghi, ragion per cui raccogliere il materiale registrato “fuori casa” ed acquistarne i diritti di pubblicazione diventa legalmente complesso oltreché generalmente antieconomico.
Le conseguenze di questi ragionamenti si traducono perciò in raccolte che possono andare dalla più totale indecenza (cfr. Jay-Z) alla relativa soddisfacenza (Big Daddy Kane). In quest'ultima categoria cade anche il greatest hits di Nas pubblicato pochi mesi addietro dalla Columbia, il quale tutto sommato si è sforzato di includere pezzi da aficionados come One Love ma ha al contempo (necessariamente) dovuto calare le braghe di fronte a robacce inascoltabili come I Can. In più, esso ha dovuto tralasciare svariate collabo ma, soprattutto, qualsiasi cosa proveniente da Hip Hop Is Dead, essendo questo di proprietà della Def Jam. Ed è qui che entro in gioco io. Senza pretendere di dare una visione completamente oggettiva di Nas -che necessiterebbe anche l'inclusione di svariate cacatone tanto per dimostrare di cosa è capace il nostro quando ci si mette- ho messo insieme quello che ritengo essere le sue registrazioni migliori e/o significative. Non a caso ho del tutto escluso in toto quel aborto che è Street's Disciple, mentre ho preferito dar spazio a collabo quali la storica Fast Life (con Kool G Rap), Verbal Intercourse (contenente una delle migliori strofe di Nas di sempre) o la mai abbastanza conosciuta Calm Down (con Noreaga e Tragedy, inizialmente prevista per The War Report e poi finita su oscuri white label). Non ho poi potuto resistere di fronte all'inclusione di pezzi concettuali come Rewind, Book Of Rhymes o I Gave You Power, mentre l'esclusione di deliranti stronzatone quali appunto I Can o l'allucinante Oochie Wally.
Il tutto, suddiviso su due CD (che potrebbero diventare tre) e corredato di relativa grafica, lo trovate a questi link:

Nas – A Queensbridge Legacy CD1
Nas – A Queensbridge Legacy CD2
Grafica fronte & retro