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venerdì 23 ottobre 2009

VAKILL - WORST FEARS CONFIRMED (Molemen Rec., 2006)

Nel gennaio di quest'anno recensii l'album d'esordio di Vakill, un MC di Chicago che con il suo The Darkest Cloud destò un certo interesse tra coloro che ancor'oggi vedono nell'abilità tecnica la qualità primaria di un rapper, la condicio sine qua non per avere il diritto d'accesso ad uno studio di registrazione o anche solo un microfono. Senza voler esagerare nell'autocitazione, riassumerò il mio giudizio su quel album in una frase forse un po' mocciana: ben fatto ma privo d'anima.
Vedete, io sono il primo ad esaltarmi di fronte a rime intricate, giochi di parole ben pensati e frasi ad effetto capaci di farti premere il tasto"Rewind" sullo stereo (guardate solo il voto dato a Here To Save You All di Chino XL), ma queste non devono, non possono far affogare completamente l'essenza di un album, che è fondamentalmente una visione artistica personale. Altrimenti si rischia di trovarsi di fronte all'epigone "purista" di tanto ciarpame commerciale da molti giustamente odiato; e per quanto darei un braccio per avere dieci Vakill per ogni Black Eyed Peas, questo non basta a farmi valorizzare album come Worst fears Confirmed, che evidentemente non solo hanno lacune pure e semplici ma replicano persino la medesima formula del disco che li ha preceduti.
Questo cosa significa? Significa, in buona sostanza, che WFC non differisce di una virgola -o quasi- dal predecessore, e se una crescita artistica c'è stata, questa è quasi invisibile in almeno l'80% dei pezzi. Ciò non si trasforma poi automaticamente in brutta musica di per sè, ma, forse peggio, si concretizza in un'inutilità di fondo del progetto e dunque di una scarsa attrattività commerciale anche dal punto di vista dei cosid. "puristi" di cui sopra. Ma vediamo nel dettaglio cosa cambia nel registro di 'Kill con Worst Fears Confirmed. Innanzitutto la produzione: pur restando affidata al trio dei Molemen (in verità sono Panik e Memo a smazzarsela, ma vabbè), rispetto a Darkest Cloud questa è essenzialmente più pulita e più protesa verso il soul; più Kanye West 2001 che Premier 1999, insomma. Certamente ci sono delle eccezioni, ad esempio Cold War o Acts Of Vengeance, ma in generale si può parlare di un ammorbidimento del sound che talvolta ben si confa allo stile del Nostro -la title track o When Was The Last Time, ad esempio- ma più spesso non fa altro che togliere energia a quella che avrebbe potuto essere una canzone realmente d'impatto. Ciò è doppiamente vero nel caso di due collabo sulla carta fenomenali, cioè quella con Ras Kass (a cui Vakill assomiglia molto) e quella con Royce, in cui avere sotto delle batterie più quadrate e dei sample più cupi avrebbe certamente portato a risultati complessivamente più gradevoli, mentre così risultano solo apprezzabili e ciao; altrove, invece, la Caporetto è totale, e non basta un flow preciso come quello che il Nostro indubbiamente possiede per salvare Farewell To The Game, No Mercy o Man Into Monster dalle paludi della mediocità.
Dal canto suo, il protagonista ha effettivamente limato un po' la sua verbosità e, così facendo, rende l'ascolto meno frenetico e/o forzato: ciò non significa -attenzione!- che abbia semplificato il suo stile, semplicemente lo ha reso migliore scremando quelle parole che prima erano oggettivamente di troppo. Purtroppo, questo e qualche concessione in più all'onestà è il massimo che possiamo aspettarci da 'Kill in quest'album; perchè per il resto egli replica più o meno fedelmente la formula (semi)vincente del suo debutto, compiendo solamente qualche piccola incursioncina in più nei territori del valore concettuale. Ed è un peccato, perchè quando lo fa si vede che non è l'abilità di scrittore a mancargli: Acts Of Vengeance è breve -praticamente una strofa da 48 barre- ma lo storytelling, in cui viene narrato di un pastore che, combattendo la droga nella sua comunità, passa dal pacifismo alla violenza, è semplicemente eccezionale. When Was The Last Time, invece, è una descrizione del suo passato e delle sue esperienze scritta con grande cura per le immagini e con un tono di grande serietà, e che trova nella controparte più "giornalistica" (passatemi il termine) di Cold War l'alter ego perfetto. Peccato però che questi siano letteralmente gli unici casi dove l'oggetto delle sue liriche sia ben delineato ed eseguito, perchè in altri casi egli tende a confondere le acque buttandoci dentro l'ennesima punchline di troppo: Serpent & The Rainbow ne è il miglior esempio, ma ve ne sono altre come Man Into Monster che soffrono di questa mancanza di concentrazione.
E finchè queste hanno beat interessanti -Heart Bleeds, per dire, che campiona la colonna sonora di U96 lasciando persino il classico rumore del sonar dei sommergibili (ficata!)- uno chiude anche un occhio, ma avendo visto che in molti casi non è così non ci resta che piangere. Piangere per quello che, con più cura sia da parte dell'emsì che da parte dei produttori, avrebbe potuto essere un album eccellente e che così, invece, risulta inevitabilmente inferiore al predecessore. Non nascondo infatti che sarei tentato di mettere insieme i due dischi per creare finalmente un lavoro quanto più possibile completo, perchè il dramma è che a me Vakill comunque piace e lo reputo dotato di talento, ma la mia speranza è che riesca a farlo da solo. Cosa devo dirvi, sperèm!





Vakill - Worst Fears Confirmed

lunedì 5 gennaio 2009

VAKILL - THE DARKEST CLOUD (Molemen Rec., 2003)

Ricordo che quando The Darkest Cloud uscì nei negozi (uhm, diciamo su Soulseek), la piccola comunità reppusa milanese -che all'epoca frequentavo- era scissa tra coloro che idolatravano il disco e quelli che nemmeno l'avevano mai sentito nominare o lo bollavano come l'ennesima sòla proveniente da una scena underground non esattamente entusiasmante (e poi era il periodo di Get Rich Or Die Tryin'). Io ovviamente propendevo più per la prima opzione, e per quanto all'epoca non è che divorassi album a cura di battle rapper, quello di Vakill aveva certamente un pregio: quello di essere completamente prodotto dal trio dei Molemen, dei quali ho sempre apprezzato il gusto nella scelta dei campioni (sia come melodia che come atmosfera) e l'approccio genuinamente classico.
In effetti, a distanza di cinque anni reputo Darkest Cloud come una di quelle opere meglio invecchiate e, in maniera abbastanza analoga a ciò che è successo a Here To Save You All di Chino XL, esso è stato capace di "bruciare" completamente un pur discreto sequel; se ciò gli è riuscito non è naturalmente solo per questioni legate alla novità o alla effettiva qualità finale, ma anche perchè in mezzo a tonnellate di one-liners quà e là si riescono a trovare tracce dal senso compiuto che, seppur "isolate", spezzano l'eventuale monotonia creata dal Nostro.
E parlo di monotonia perchè Vakill è sì tecnicamente bravo, ma non è STRAORDINARIO; la sua voce -simile oltre ogni ragionevolezza a quella di Ras Kass- viene usata senza grande inventiva come puro e semplice mezzo attraverso il quale far giungere a noi il piatto forte del menu, ovverosia le punchlines. Peccato però che queste si perdano nel flusso costante e serratissimo (onestamente alle volte lo è fin troppo) del Nostro, il quale pressoché mai cambia tono o inserisce pause ad effetto per sottolineare un'uscita o semplicemente spezzare il ritmo; e basti pensare a quanto questi pur banali trucchetti invece giovino all'ascolto di pezzi concettualmente leggeri come quelli di un Sean Price per capire che c'è un problema. Problema, questo, che viene ulteriormente rimarcato ogni qualvolta il beat e la melodia finiscono con lo stridere con un simile stile: prendete ad esempio Forever e noterete come base e liriche viaggino su due strade parallele che MAI s'intersecano, il tutto a scapito della godibilità che invece si sente appieno con una Sickplicity o una Sweetest Way To Die. In più -e qui chiudo il Vakill-bashing- ci sono momenti in cui 'Kill non riesce ad essere brillante come vorrebbe: o perchè a metà traccia si rompe le palle di essere concettuale e scivola nell'ennesimo abuso di one-liners (The Creed), oppure perchè se ne esce con cagate come "Wife's an acronym for wash, iron, fuck et cetera".
Ma non tutto è da mettere in croce: bisogna ammettere innanzitutto che il più delle volte le trovate che ha il Nostro sono delle autentiche perle costruite su solide fondamenta di humor, inventiva ed assonanze; senza star qui a elencarle tutte, per darvi un'idea vi cito solamente "Competition is like parking spots, good ones' hard to find/ And everything else is handicapped" e "Call my style 'c-section' cause I'm a cut above you pussies". Inoltre 'Kill non è affatto malvagio né come storyteller -vedi l'ottima Fallen, in cui lui e Slug riprendono i ruoli di Samuel L. Jackson e Kevin Spacey per proporre una versione reppusa de Il Negoziatore- né come autobiografo (Til The World Blows Up e The Flyer, ambedue sincere ed appassionate pur non risultando melense o impostate). Certo, siamo a diverse spanne di distanza dai maestri del genere, ma al Nostro va concesso che sa intrattenere molto meglio di diversi suoi colleghi e che la sua arroganza risulta comunque apprezzabile nel momento in cui dietro ad essa si trova molta fantasia e competenza; Sickplicity, End Of Days e la posse cut Forbidden Scriptures sono lì a testimoniarlo.
Quanto ai beat, devo dire che qui His-Panik e Memo (ma soprattutto il primo) fanno un ottimo lavoro, restando sì sui binari del good ole boombap scegliendo talvolta campioni non scontati (ad esempio arpeggi di chitarra elettrica, oppure qualche roba ottantona), ma principalmente curando molto l'aspetto melodico ed affidandolo in maggior parte ad archi di vario genere. Certamente ci sono escursioni nel funk o nel soul più evidente (Sweetest Day To Die, Dear Life), peraltro validissime, ma la cupezza fa da padrona a Darkest Cloud nella maniera più assoluta: che sia l'Orfeo Negro di Fallen piuttosto che i clavicembali di End Of Days, non sperate di trovare da nessuna parte qualcosa che si discosti di più di un passo dal cosid. hardcore. Una scelta, questa, che ben si sposa col tipo di MC che è Vakill, e che francamente non vedo come potrebbe deludere i fan del genere; casomai, questo sì, l'originalità va a farsi benedire ma questa non sempre è essenziale e forse avrebbe avuto poco senso sentire battleraps come questi su robe storte à la Madlib.
Conclusione? Bello, sì, ma solo per aficionados. Gli altri -vuoi per carenze di comprensioni o semplicemente gusti tout court- dubito che potranno trovare in Darkest Cloud qualcosa di particolarmente esaltante salvo, forse, due o tre tracce.




Vakill - The Darkest Cloud