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lunedì 17 marzo 2008

PETE ROCK - NY'S FINEST (Nature Sounds, 2008)

Approfitto dei sintomi similpostinfluenzali che mi stanno rompendo i coglioni da venerdì, trasformatisi per l'occasione in crampi addominali dopo il mal di testa assassino di ieri ed il naso smoccolone di sabato, per parlare di un disco che ha frantumato ogni record di sfiga: NY's Finest di Pete Rock. In primis, perchè negli Stati Uniti ha venduto qualcosa come 6,000 copie nella prima settimana (solo Ron Artest aveva fatto di meglio, vendendone tipo 350). In secondo luogo, perchè l'album è già stato condannato come una stronzatona col fischio e col botto, indegna della fama di Pietrino Roccia.
Ora, sarei un elettore di Forza Italia se dicessi che questo album è la svolta della sua carriera artistica o che lui è diventato una potenza al microfono, epperò la voglia di mandare a fare in culo chi mi dice che NY's Finest è fiacco -specie se si tratta di un estimatore della Justus League- diventa grande. Vediamo il perchè.
We Roll ha un beat francamente impeccabile e über-peterokkiano: si parte dal loop di tromba per giungere alla linea di basso bella piena, passando per batterie ben programmate e che casomai hanno un suono un po' ovattato per i miei gusti (robetta, comunque). Chiaramente, a questo punto uno non può che disperarsi del fatto che a rappare sulla traccia ci sia non tanto Jim Jones (un minus habens che però ha perlomeno una voce accettabile), quanto il francamente incircolabile Max B. Finora avevo sentito quell'invereconda merdaccia solo nei ritornelli, ma saperlo al microfono è stato un trauma. Parafrasando la Morelli's Movie Guide, se tu fossi una canzone e ti dicessero "In te hai Max B" corrisponderebbe al dire a un tizio in carne e ossa "Lei ha il cancro". Per dire: sentire la strofa successiva di Pete Rock che ti fa dire "eh, ora sì" è sintomatico della pochezza dell'individuo.
Il trauma è tale che pure ora, che sarà la quarantesima volta che riascolto il disco, le strofe di Pietrino su Till I Retire me lo fanno apparire Rakim. Oddio: lui è anche migliorato, riconosciamoglielo, ma forse l'impressione positiva è dovuta paradossalmente al beat: molto semplice, cupo quanto basta e impreziosito da qualche scratch; praticamente un leftover del disco fatto con EdO.G.
Il primo pestone vero e proprio arriva con 914: qui riappaiono i magggici campioni di fiati a fianco della stranota Ufo degli ESG (aridaje... vabbè, un break figo è pur sempre un break figo), opprtunamente rimpolpati da batterie dal tiro veloce -il tutto per consentire a 2/3 dei Lox di suonare finalmente un po' meno letargici del solito. Poi, se a voi piacciono bella lì, a me nulla che sia mai uscito da Yonkers ha mai fatto dire più di "meh".
Segue il redivivo Royal Flush con la cupissima Questions, nella quale riprende un concetto vecchio come il cucco (uno gli fa le domande e lui risponde in rima) ma lo rielabora in maniera "piuttosto interessante": "Flush, is it true that you had a divorce with your wife? -Haha, you fuck right, I got rid of that bitch!". Volendo tralasciare il beat, fa sempre piacere risentire quel bocia su un beat decoroso, spiace casomai notare che quello che ha guadagnato in voce lo abbia perso in stile, ma sappiamo accontentarci.
Ora: commentare il pezzo con Redman non ha senso (che v'aspettate, 'na fiaccata?), mentre mi bastano due minuti per sputtanare il ritorno di Chip Fu e il patetico tentativo di tirar su un pezzo reggae che definire "plagio tizianoferresco di Welcome To Jamrock" sarebbe poco. Al contrario, Don't Be Mad fa sollevare quanti più dubbi sugli eventuali debiti contratti da Pete con Green Lantern, il quale difatti gli produce (WTF?) una traccia abbastanza urènda. Boh... che senso ha? Cioè, sei Pete Rock e ti fai produrre da Green Lantern? Non dico Premier, ma Green Lantern? Cazzo è come se Ron Jeremy dicesse a Bagnasco di sostituirlo in un porno, cosa vuol dire? Stesso discorso per il pezzo con Doo Wop: d'accordo, la base è già meglio, ma che bisogno hai di farlo rappare? Cristiddio, gli unici diggèi seri dotati di un minimo di talento sono Kid Capri e Hi-Tek, ma insomma...
Fortunatamente per Pete Rock e per noi, il Nostro, dopo qualche altro evitabilissimo scivolone (pacchianata con Rell, superflua riesumazione della carriera dei Lords Of The Underground e ospitata di no-name-R&B-beyotch), ci restano da un lato i Little Brother -in forma sempre più smagliante dacché han abbandonato 9th Wonder- e dall'altro Masta Killa e Raekwon, che con la bistrattata The PJ's ci ritrasportano in un'atmosfera stile New York '95 (mi ricorda Suspended In Time dei Group Home).
In chiusura, Pete Rock non solo ci regala una bellissima strumentale, ma sintetizza perfettamente quello che è stato il suo maggior problema nel corso degli anni: non aver saputo trovare MC adatti o all'altezza delle sue produzioni. Il caso: Comprehend fa uso di uno splendido loop di piano occasionalmente accompagnato da quelle che pare essere un coro di voci appena sussurrate; intelligentemente, anzichè adoperare batterie leggere, ade sso contrappone un ritmo veloce, dei clap e dei singoli colpi di basso: risultato, pur mantenendo un che di etereo, il beat risulta tutto fuorchè noioso. Bene. E allora chi ci ritroviamo su? Papoose, noto ai più per la delicatezza degli interventi, la raffinatezza del flow e la profondità del pensiero. Non a caso, Pap si esibisce in autentiche gemme di lirismo come "I'M THE MIXTAPE ARTIST OF THE YEAR! HIP HOP QUOTABLE OF THE MONTH! I'M THE DVD MOST PROMOTIONAL ON THE FRONT! MOST CALL ME PAPOOSE! YOU CAN CALL ME WHAT YOU WANT!". Oppure, ancora, l'impagabile "I'M THE FEMALE'S RAPPER! FAVORITE MALE RAPPER!". Se pensate che abbia problemi col caps lock, no, purtroppo non è così: il dramma è che Papoose, qualsiasi cosa dica, la dice URLANDO! col punto esclamativo alla fine. Ma no come gli M.O.P. o, che so, DMX: lui urla come gli automobilisti in tangenziale, come gli operai nei cantieri, come i padroni di cani al parco -una sequenza insopportabile di latrati che ti porta a pensare che il giorno in cui dovesse decidere di chiudere le rime con POTA! non ci sarà da stupirsene. Allora, traendo le somme, abbiamo:
a) un beat complessivamente melodico ed etereo
b) un cretino che schiamazza filastrocche
Ovviamente, il risultato non potrà che essere un mezzo aborto, simile a quando la Mosca/Goldblum si fonde col teletrasportatore nel vecchio film di Cronenberg: la guardi (senti) e non ci credi. Se si volesse vedere un risultato che nell'insieme risulta più gradevole, ascoltatevi Change Of The Seasons di Akir.
Ma tralasciando queste pecche, che io ho evidenziato con particolare enfasi perchè mi sembrano errori talmente grossolani da sfociare nel ridicolo, ribadisco che NY's Finest è un bel disco. Ovvio: non è il suo miglior lavoro, ma di beat davvero brutti ce n'è uno solo (quello di Green Lantern), mentre per il resto siamo sempre su buoni livelli. Lui al microfono non è un genio, e questo lo si sa, ma rispetto ad altra gente quasi svetta. In più, ci sono quelle cinque tracce veramente gustose che non si possono tralasciare e, in più, sapendo che per il prossimo disco dovremo aspettare almeno cinque anni direi che l'acquisto di NY's Finest sia un dovere sociale.





Pete Rock - NY's Finest

VIDEO: NY'S FINEST PROMO (NON SAPREI SE UFFICIALE O MENO)

venerdì 11 gennaio 2008

PETE ROCK - HIP HOP UNDERGROUND SOUL CLASSICS (BBE, 2003)

Ieri sera sono rientrato a casa dopo essermi scofanato circa quattro Slalom medie e, benché non avessi mal di testa, stamattina ero (sono) egregiamente rintronato. Al momento di scegliere cosa ascoltare sulla via pel lavoro, ho avuto praticamente un'illuminazione: il disco degli InI. Perchè? Perchè è un disco dalle atmosfere generalmente rilassate ma che comunque non ricade nella categoria *YAWN* come invece spesso avviene oggigiorno. “Grazie al cazzo”, dirà qualcuno: è Pete Rock, mica 9th Wonder o, peggio ancora, un emulo di 9th Wonder, e a conti fatti non potrei che dargli ragione. Tuttavia, prima di liquidare così frettolosamente la faccenda, mi preme sottolineare che questa è senz'altro la sua opera meglio riuscita dai tempi del suo esordio con CL Smooth (forse anche migliore), ed il fatto che sia uscito con sette-otto anni di ritardo rispetto a quanto previsto è una cosa che grida vendetta al cielo, perchè qui si può tranquillamente parlare di “classico mancato”.
Il gruppo era composto da quattro elementi: il sopracitato Pete Rock, suo fratello Grap Luva, Rob-O e Rass (che francamente faccio fatica ad identificare), e benchè gli MC non siano certamente dei pesi massimi questi si accompagnano molto bene ai beat di Pietrino Roccia (anzi, direi che la loro funzione sia quasi parificabile a quella di strumenti veri e propri), essendo lui il vero catalizzatore dell'intera opera. Difatti, Rock ci regala una serie di produzioni impeccabili, che possono passare da brevi loop di piano ai celebri campioni di tromba che da sempre caratterizzano i suoi lavori, e che per quanto abbiano un denominatore comune (atmosfere jazz) riescono comunque a distinguersi marcatamente l'una dall'altra -complice anche l'ottimo lavoro di basso e batterie. Un'opera letteralmente perfetta, quindi, degna di finire nel pantheon delle migliori uscite degli anni '90.
Altro discorso invece per la collaborazione con Deda: Baby Pa, questo il nome del disco, merita di restare nel sottobosco di quegli anni in quanto definibile al più come mediocre. Il problema non sta tanto in Pete Rock, che comunque non stupisce ed anzi tende a suonare ripetitivo (ma con qualche momento di lucidità, cfr. Blah Uno o Markd4Death), bensì nell'MC stesso. Deda sfonda le porte della mediocrità in quanto a scrittura, ha uno stile assolutamente generico ed un flow raccapricciante, ma soprattutto fa a pugni con i beat. Per dirla con Cecco Il Nipote Del Fornaio, Deda è la sintesi della dishgrazia, l'apoteosi della shchifezza. Definire quindi il connubio tra Rock e Deda “cacofonia” sarebbe fargli un complimento, ed è per questo che gli zainetti complessivi possono essere solamente quattro: Center Of Attention se ne merita senz'altro cinque, ma The Original Baby Pa arriva a due SOLO perchè il lavoro al campionatore denota almeno competenza.
Il mio consiglio è comunque di reperire il disco non appena vi si dovesse presentare l'occasione, prima che diventi introvabile; costa come un CD solo ma ne contiene due, e poco importa se Baby Pa lo ascolterete giusto una o due volte: il resto è da antologia.
Come bonus aggiungo la raccolta dei campioni originali usati da Pietrino Roccia per comporre i beat di Center Of Attention, così vi potrete pure fare un'idea del lavoro che vi sta dietro.





InI - Center Of Attention
Deda - The Original Baby Pa
Ini - Original Samples