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martedì 17 novembre 2009

COCOA BROVAZ - THE RUDE AWAKENING (Priority/Duck Down, 1998)

Proprio mentre nelle ultime ore si stanno raccogliendo prove che indicano l'ultimo solista di Rakim come una stronzatona col botto -cosa che mi sorprende fino a un certo punto- vorrei prendere una breve pausa dagli anni duemila e tornare indietro di undici anni, in un'epoca un po' meno desolante dal punto di vista del mainstream ma comunque altrettanto foriera di delusioni per l'aficionado nostalgico. Questa tipologia di ascoltatori, nella quale peraltro rientro parzialmente anch'io, è difatti secondo me l'unico trait d'union capace di collegare efficacemente le varie epoche dell'hip hop tra di loro; perennemente insoddisfatti del presente, gli amarcordisti rimpiangono i bei tempi in cui qua era tutta campagna e i treni arrivavano in orario e -ne sono certo- penso che già ai tempi di Kurtis Blow ci fosse qualcuno tra loro che sentisse la mancanza di una vera band che suonasse i beat.
Molti album sono caduti sotto la mannaia critica di questi Ed Gein del rap, e per quanto occasionalmente potessero avere ragione nel cassare la presunta evoluzione artistica di MC Piripacchio, che talvolta compiva un'inversione a 180° rispetto allo stile (e agli obiettivi) precedenti, in almeno altrettanti casi essi hanno avuto torto marcio. Un album diverso non significa necessariamente che sia brutto; e così come It Was Written è senz'altro inferiore a Illmatic ma di sicuro non è la paraculata che si riteneva essere all'epoca, così The Rude Awakening non riesce a replicare i fast di Dah Shinin' ma resta senz'ombra di dubbio un buon album.
Ma diamo a Cesare quel che è di Cesare: io all'epoca fui il primo a mettere le mani a cono e a gridare "BUUU SIETE DELLEMMEEERDEEE!!!"; di Rude Awakening mi esaltava solo Black Trump e mi piaciucchiava Spanish Harlem, mentre per il resto poteva anche essere usato come sottotazza (infatti non lo comprai). Dov'era finito il suono dei Beatminerz? Dov'erano le atmosfere cupe? Cosa ci facevano dei campioni melodici e puliti? E perchè Tek si lanciava così spesso in strofe cantilenate in semipatois? Insomma: "Che se ne andassero affanculo", mi dissi, e così relegai la cassettina duplicata in un angolo buoi del mio armadio e passai serenamente ad ascoltare altro; poi, diversi anni dopo, in uno di quei momenti dove non esce nulla di degno ma hai voglia di provare a dare una seconda chance a dischi cassati più di cinque anni prima, decisi di includere nel mio tipico pomeriggio revisionista da fancazzaro anche questo Rude Awakening. E mentre altre operette tornavano per direttissima a prendere polvere in libreria, l'opera dei Cocoa Brovaz mi lasciò un sapore discreto in bocca. Forse quel cambio di stile non era un male in sè e per sè; semplicemente, mi aspettavo che la Boot Camp Clik sfornasse Nocturnals e Shinins da qui fino all'eternità, mentre questo è decisamente diverso ma dotato al contempo di una sua gran bella dignità.
Innanzitutto i così criticati beat non sono per nulla malvagi. Certo, ad eccezione di Spanish Harlem il SOUND caratteristico dei Beatminerz è praticamente scomparso (non a caso i produttori sono al 90% altri); tuttavia, il cambio di rotta impresso dai vari sconosciuti (Keylord, Filthy Rich, Suite 1200... vabeh ci siamo capiti) è tale solo nelle forme, ma la sostanza resta quella. Le atmosfere erano cupe prima e lo sono anche adesso, semplicemente l'elemento che ha sostituito la ruvidità estrema degli esordi è la malinconia; in moltissimi casi infatti ci sono campioni di piano, xilofono, chitarra e via dicendo. Pezzi come Bucktown USA, Back 2 Life, The Cash, Still Standin' Strong o Blown Away possono perciò risultare magari meno aggressivi di una Wontime o una Sound Bwoy Bureill, ma da qui a catalogarle come fiacche ce ne passa: anzi, non mi stupirebbe sentirle all'interno di una qualche roba (buona) del Wu o legata al Queensbridge. In più, ce n'è anche per gli spiriti più esagitati: si parte ad esempio con la relativa calma del campione überfunkettone di Off The Wall (quando Shawn J. Period era ancora una garanzia), si può passare all'efficace minimalismo di Spanish Harlem e giungere infine ai rullanti spezzacolli di Black Trump, ricavandone sempre una buona dose di soddisfazione.
Certo, forse tutte queste basi difettano un po' di personalità ed alcune suonano oggi un po' datate -Dry Snitch utilizza un synth pacchiano ed un loop di piano piuttosto plasticoso- mentre altre sono delle fetecchie -Won On Won era e rimane una ssschifezza; ma nel complesso non si può certo dire che i difetti principali di Rude Awakening dipendano dalle basi, che anzi spesso sono eccellenti strutture su cui Tek & Steele possono poi costruire le loro rime con rinnovata abilità.
No, il problema di quest'album risiede casomai nell'abuso dei maledetti cori cantati, vera e propria piaga biblica degli album di quell'album epoca. Per di più io capirei se li usassero, che so, PM Dawn e l'altro scemo, ma dei membri della Boot Camp? Cosa c'azzeccano dei refrain melensi con questi due cronisti di Brooklyn? Niente, appunto: ed ecco quindi che abbinamenti beat-MC dal diverso grado di successo -Dry Snitch, Game Of Life, Mya Angelow e soprattutto Hold It Down- vanno più o meno a farsi benedire "solo" a causa di qualche scemo che pensa che sgolarsi davanti ad un microfono sia il modo migliore per strutturare un ritornello. Verrebbe da piangere, credetemi.
Anche perchè quando invece si sentono una Still Standin' Strong, una Bucktown USA (sempre efficace il hook gridato) o una Back 2 Life, col suo bel cut dei Mobb Deep, ci si rende conto della quantità di occasioni sprecate e sviste artistiche che secondo me si potevano facilmente evitare. E ciò sia per una questione di principio che per una di pura logica: voglio dire, cosa c'entreranno mai gli stili e i contenuti di Tek & Steele -nemmeno includo ospiti come Buckshot o Ruck/Sean P- con l'R&B? Niente, appunto. E già che li ho menzionati, tanto vale spendere un par di parole su di loro: mentre contenutisticamente siamo sempre nei soliti confini (figa, fumo, amici imprigionati, amici morti, autoesaltazione ecc.), come tecnica i due sono lievemente migliorati specie nella pratica del passaggio del microfono; una miglioria evidente che compensa pienamente il parziale abbandono degli estri dancehalliani dell'esordio. Di più non c'è da dire: chi già ha saputo apprezzarli in Dah Shinin' qui di certo non cambierà idea, trovandosi di fronte due MC bravi e capaci più d'una volta di stupire: in particolare Bucktown USA, Black trump e Blown Away sono eccellenti dal punto di vista dell'emceeing, e considerando che punti bassi o deboli non ce ne sono, in quest'ottica posso dirmi molto contento.
Volendo ora giungere alle conclusioni, direi che la prima cosa da sottolineare è che noi amarcordisti-spaccapalle all'epoca ci sbagliammo di brutto. Definire Rude Awakening una mezza cacatiella significa prendere un abbaglio di dimensioni immani; d'altronde, nemmeno sarebbe saggio adesso magnificare quest'album come se fosse il capolavoro che non è. Tre e mezzo mi pare dunque un voto equilibrato anche se rapportato con la qualità media dei bei tempi andati, e fidatevi se vi dico che quest'opera va assolutamente riascoltata perchè, ritornelli melensi a parte, contiene alcune chicche davvero notevoli.





Cocoa Brovaz - The Rude Awakening

VIDEO: SPANISH HARLEM

venerdì 24 luglio 2009

SMIF 'N' WESSUN - DAH SHININ' (Nervous/ZYX, 1995

Se mi aveste incontrato nei primi mesi del '96 e mi aveste chiesto quale fosse la mia canzone preferita dell'anno precedente la risposta sarebbe stata una sola: Wrekonize. Più di Shook Ones, più di Incarcerated Scarfaces, più di Cold World: il singolo dei Smif 'N' Wessun -versione album, naturalmente- mi aveva fatto muovere la mia crapona da quattordicenne (e quindicenne) como solo dei scoppoloni a mano aperta avrebbero saputo fare e, per quanto negli anni le mie preferenze siano mutate, ad oggi quella canzone riesce ancora a darmi i brividi. Come tutto l'album, del resto.
Sebbene infatti in Italia, e specialmente a Milano, nel '95 le Timberland erano ancora condannate all'inevitabile presa per il culo grazie alla connotazione negativa loro conferita dai paninari, credo che nel cuore di ogni reppuso esse stessero raggiungendo in quel periodo vette di popolarità mai registrate prima. E per quanto Prodigy scriva nel suo blog -in CAPS LOCK, of course- che tra le tante innovazioni dovute ai Mobb vi sia anche la diffusione delle Tims, noi tutti sappiamo che a renderle davvero celebri negli anni '90 era stata la Boot Camp Clik. Punto. E da questa calzatura si parte, come solo in un album di rap si potrebbe fare: Timz 'N' Hood Check è solo l'inizio di un viaggio che durerà poco meno di settanta minuti, in cui i semiesordienti Tek & Steele ci accompagneranno nella loro Brooklyn.
Il pezzo è tutto sommato rappresentativo dell'atmosfera che si respirerà durante questo percorso, la quale è data, in brevis, da alcuni dei beat più cupi mai prodotti dai Beatminerz e dalle rime fortemente ghettocentriche del duo. In nessuno dei pezzi vi è traccia di positività e, per quanto non raggiunga le vette dei Mobb Deep di quegli anni, si può tranquillamente dire che l'esordio dei S&W rappresenti uno dei picchi più elevati mai raggiunti dal rap grimey, con in più la peculiarità data dall'ibridazione tra slang locale e patois, che conferisce al tutto un'unicità indubbia. Si veda ad esempio Cession At Da Doghillee o la celebre Sound Bwoy Bureill, un vero classico, dove questa mescolanza diventa fondamentale per la riuscita convincente del pezzo. Ma anche quando Tek e Steele si "limitano" all'inglese i risultati sono eccellenti, in quanto, se è vero che nessuno dei due preso singolarmente è un MC straordinario, insieme rappresentano una delle acoppiate meglio riuscite di sempre. Difatti, è impossibile non notare come la forza delle canzoni sia enormemente dovuta al connubio tra la diversità delle voci e quella delle metriche, le quali vengono continuamente alternate mediante passaggi di microfono a dir poco impeccabili. In tal senso diventa molto difficile pesacre una canzone liricamente superiore alle altre, ma a titolo esemplificativo direi che il tris vincente di Dah Shinin' possa essere dato da Wrekonize, Sound Bwoy Bureill e l'eccezionale Bucktown.
Ma oltre alla indubbia bravura dei Nostri non si può dimenticare il fondamentale apporto dato dai Beatminerz a queso progetto. Spostatisi in territorio ancora più cupo rispetto al precedente Enta Da Stage, in Dah Shinin' questo collettivo continua a pescare principalmente nel jazz e nella fusion riuscendo a trasformare ogni campione in beat che sanno di ruvido a partire dal mixaggio (con bassi che prevalgono su tutto) fino a giungere alla pressochè totale mancanza di melodia. "Minimalismo" è la parola chiave tramite la quale leggere queste sedici tracce, ed in tal senso, per quanto reputi Nocturnal complessivamente migliore, direi che l'individualità del suono della Boot Camp Clik raggiunga qui il suo zenith. È inoltre sorprendente notare come sussista una sostanziale varietà in questo disco malgrado i tempi siano grossomodo sempre quelli (viaggiamo su una media di 90-94 bpm) e nonostante il sound sia orientato in un'unica direzione; certo, non è sicuramente un album "facile" da proporre a chi solo da poco si è avvicinato al rap, però ho notato che man mano che lo ascoltavo e man mano che mi facevo l'orecchio riuscivo a scoprire sempre nuove sfumature, magari in pezzi che fino a quel momento reputavo minori (tipo Shinin... Next Shit), cosa che ovviamente va a conferire al tutto un'ottima longevità.
Bene: alla luce di questo cosa posso aggiungere se non dire chiaro e tondo che si tratta di un album fondamentalmente perfetto? Volendo gli manca la forza innovativa di Enta Da Stage, ma questo non toglie nulla all'ascolto e a questo punto si può solo giocare a quale sia l'album migliore tra Dah Shinin' e Nocturnal. Meglio averli ambedue, in ogni caso.





Smif 'N' Wessun - Dah Shinin'

VIDEO: SOUND BWOY BUREILL