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venerdì 11 dicembre 2009

R.A. THE RUGGED MAN - LEGENDARY CLASSICS VOL. 1 (Greenstreets Ent., 2009)

Siccome oggi ho un giramento di palle a dir poco vorticoso, la mia voglia di affrontare materiale nuovo e soprattutto di descriverlo nel migliore dei modi per me possibile è inesistente. Men che meno mi va di affrontare un disco come Revolutionary Vol.2 avendo quest'uggia addosso, perciò posso solo dirmi fortunato di aver ordinato la recente antologia di R.A. The Rugged Man assieme all'esordio dei Diamond District e il sopracitato Revolutionary Vol. 2.
Legendary Classics infatti non solo ha il pregio di fare il sunto della carriera dello Scoppiato di Long Island a partire dai suoi esordi nel '93 fino ad oggi, ma per di più si presenta come uno dei pochi esempi di raccolta fatta bene sotto ogni punto di vista: tutte le tracce sono state rimasterizzate, ci sono diversi inediti, la grafica è perfetta per il tipo di personaggio, ci sono brevi descrizioni per ogni brano e per giunta ci viene fatto dono di un DVD i cui contenuti posso solo immaginare. Insomma, se nel caso delle antologie preferisco non esprimere voti come se si trattasse di dischi qualsiasi, devo puntualizzare che già solo per la cura dimostrata nella concezione e nella realizzazione di Legendary Classics c'è da stringere la mano a R.A. e a chiunque lo abbia aiutato nel parto di questa sorta di greatest hits.
Detto questo, e avendo quindi constatato che l'aspetto tecnico e filologico è assolutamente ineccepibile, l'unica cosa che resta da vedere è l'effettiva offerta fattaci dal Nostro. Beh, dopo una breve lettura della tracklist possiamo stare tranquilli: la redistribuzione temporale delle tracce viene rispettata -anche il periodo oscuro, cioè la fine degli anni '90- e vengono proposti sia i classici, da Cunt Renaissance a Uncommon Valor passando per 50000 Heads, sia alcuni inediti (Windows Of The World, Who's Dat Guy e altri), sia pezzi finora reperibili esclusivamente in Mp3 (L.I.'s Finest, Poor People etc.). Ascoltandoli, pur non essendo stati ordinati cronologicamente, ci si può fare un'idea dell'evoluzione di R.A.: all'inizio stilisticamente molto aggressivo -com'era di moda all'epoca dei primi Onyx e M.O.P.- poi più rilassato e, se vogliamo, «normale», infine caratterizzato da metriche serratissime ed un flow definibile come "robotico". E se penso che chiunque lo preferisca in quest'ultima modalità, c'è da dire che anche le sue opere meno recenti conservano comunque un loro fascino: 50000 Heads, per esempio, gode di un beat lento che picchia sui timpani senza pietà, complice anche un bel campione di piano e la presenza di un ottimo Sadat X; Poor People, invece, da un lato può sembrare puzzona per via del beat denso di synth usati à la californiana (g-funk, insomma), ma dopo tre ascolti riesce a rapire l'attenzione dell'ascoltatore grazie ad un ritornello semplicissimo ma efficace ed un R.A. decisamente a suo agio (e divertente). Decisamente più cupa è la semiautobiografica Smithhaven Mall, che campionando Sade ci presenta il lato più serio e oscuro del Nostro, così come ugualmente rappresentativa dell'attitudine di Thorburn è Every Record Label Sucks Dick: concepita come un vero e proprio dispetto nel momento in cui la Jive gli chiese un potenziale singolo radiofonico, direi che essa è la più concreta manifestazione dell'antagonismo e dell'estremo purismo che da sempre lo caratterizza.
Questo può piacere o no, è chiaro; ma direi che se c'è una cosa di cui non lo si può accusare è di incoerenza. E oltre a non poterlo definire un ipocrita, ancor meno si può dire che sia scarso: pezzi come Give It Up, Renaissance, Supah e l'inarrivabile Uncommon Valor dimostrano quanto egli sia potente ed anche originale, pur vedendo nel Kool G Rap d'annata la sua più evidente fonte d'ispirazione. Inutile descriverli a parole: l'unica cosa è ascoltarli con grande attenzione e notare non solo come le sue ampie dimostrazioni di talento siano da lasciare a bocca aperta, ma soprattutto come egli riesca sempre a dare la paga all'ospite di turno (quantomeno per quel che riguarda le tracce incise dopo il 2000). E non parlo solo di un Vinnie Paz o, peggio ancora, di Big John (cito dal booklet: "Some people don't like Big John's rhyme style but he did his thing and he's the first one to put me and KGR together on a joint so that gotta count for something", come a dire: più in là di così non mi posso spingere); no, parlo di un J-Live, di un Tragedy Khadafi e persino di Kool G Rap stesso.
Poi, certo, per bravo che possa essere anche R.A. non può imbroccarle tutte: Stanley Kubrick per me continua ad essere a malapena passabile, Posse Cut delude un po' le aspettative (e potevano intitolarla Chains 1.1 da tanto che s'assomigliano i rispettivi beat), What The Fuck getta nel cesso un'apparizione di Akinyele a causa di una produzione sinceramente ignobile e, infine, Who's Dat Guy fa finalmente luce sul motivo per il quale Havoc all'epoca gli regalò la base anziché fargliela pagare: "rimasuglio", "scarto", chiamatela come vi pare ma vi assicuro che del Hav dei tempi d'oro non ha nulla.
Ma a parte queste macchie sul curriculum, reputo che Legendary Classics sia un disco assolutamente da avere, come e più del suo esordio ufficiale: non solo per questioni di completezza, ma anche in termini di bellezza tout court. E ora non resta che attendere il prossimo e apparentemente imminente album solista...

R.A. The Rugged Man - Legendary Classics Vol.1

VIDEO: POSSE CUT

martedì 27 ottobre 2009

R.A. THE RUGGED MAN - DIE, RUGGED MAN, DIE (Nature Sounds, 2004)

Siccome oggi esce la prima raccolta ufficiale di R.A. Thorburn alias R.A. The Rugged Man (il nome di battesimo è ignoto), la quale peraltro merita, in attesa di riceverne una copia mi pare giusto celebrare l'evento parlando del suo primo disco ufficiale: Die Rugged Man Die. Pubblicato nel 2004, e quindi in odore di nuova leva, l'autore è in realtà un veterano della scena e, in particolare, un veterano delle inculate: messo sotto contratto nel 1992 dalla Jive, per un buon dodici anni non solo non è riuscito a farsi pubblicare nulla all'infuori di un paio di 12", sovente su indie e/o white label,vivendo per giunta periodi che -oh, beh, cosa ve lo dico a fare? Troverete tutto raccontato dallo stesso Rugged Man in questo disco, essendo lui forse uno dei pochi ad avere una biografia così particolare da meritare di essere raccontata a più riprese senza risultare stupidamente autocelebrativa.
Difatti, la prima cosa che balza all'occhio/orecchio dell'ascoltatore è l'unicità di R.A.: sia come voce che come tecnica, che, soprattutto, come scrittura. Provo a riassumerne le principali caratteristiche: una voce baritonale che viene mescolata ad una metrica in odore del Kool G Rap dei tempi d'oro, a cui si devono aggiungere da un lato virtuosismi tecnici reminescenti del Pun di Twinz e dall'altro quintali di humor acido, un pizzico d'amarezza e comunque un ego non esattamente mignon. Una combinazione decisamente curiosa, che vede nella natura di weirdo del Nostro la quadratura del cerchio e che, se supportata dai giusti beat, si trasforma in pezzi in cui la singolarità quasi trascende un giudizio estetico.
Il punto qual è?, infatti: che alla fin fine le basi qui contano poco e, detta molto onestamente, mediamente non sono nulla de che. Fanno eccezione la reggaeggiante Chains, prodotta da Ayatollah, Brawl -sostanzialmente una Artillery dei High & Mighty in bella copia (guardacaso, anch'essa di J-Zone)- ed infine la cupa Midnight Thud, azzeccata sia nelle scelte per il campione di piano e per il sample vocale che nella struttura del basso. Per il resto si passa da cose accettabili come le prime tracce, peraltro curiosamente influenzate da un suono californiano vecchia maniera grazie al ripetuto uso di synth, a produzioni inqualificabili come How Low (a mo' Trans Europe Express? Ebbasta, sù) o, peggio ancora, Da Girlz They Luv Me, indescrivibile nella sua cacofonia; in mezzo ci sono buone idee che però poi paiono lasciate a metà lavoro, come per esempio Black And White e soprattutto la title track, che vedo quasi come una sorta di ruff mix curato potenzialmente da qualche membro della D.I.T.C. assieme ad Erick Sermon -se la cosa può aiutarvi a farvi un'idea. Insomma, al massimo si può dire che le basi forniscono il minimo sindacale per un MC in modo che ci possa rimare sù e, salvo appunto tre eccezioni, è difficile restarne colpiti ad un primo ascolto.
Ma la chiave di svolta sta, appunto, in R.A. stesso: ancora lontano dal confezionare strofe monumentali come quella di Uncommon Valour o Supah, egli qui mantiene però un'ottima tecnica preferendo però la focalizzazione su alcuni aspetti della sua vita, che possono andare dai suoi trascorsi nell'industria discografica (A Star Is Born) all'autobiografia più estesa, sia con un fondo di sarcasmo (Lessons) che con serietà (Midnight Thud). Poi, certo, ci sono le odi all'hip hop (On the Block, già sentita in Soundbombing 3), i pezzi più orientati al rimare per il gusto di rimare (Casanova, Black And White, Brawl) e quelli di purissimo shit talking tipo Dumb, ma il filo comune che lega tutta quest'esperienza d'ascolto è appunto la personalità (per non dire il carisma) di Thorburn. Lungi dal drammatizzare le sue esperienze, e fiero di essere un esponente del cosid. «white trash», egli sa insaporire il tutto con uscite e/o aneddoti che non tolgono nulla all'ascolto ma anzi lo condiscono con un'autoironia para-rothiana che personalmente apprezzo molto; senza contare poi che sentire frasi come "I was so pathetic, no doe, found a ugly chick/ With a no-doe-fetish, all my old hoes jetted" lo pongono ad un livello più credibile di tutti coloro che si disperano e si autocommiserano da posizioni ben più elevate della sua.
Insomma: se da un lato Die Rugged Man Die non è l'album che avrebbe potuto essere avendo all'MPC gente più capace (pensate a lui sopra ad un Large Pro! -no homo), dall'altro la peculiarità dell'autore è tale che buona parte delle "sviste", chiamiamole così, scivola in secondo piano, col risultato finale che, ben più di altri album prodotti meglio, è facile trovarsi a riascoltare DRD anche a distanza di tempo con poca o nessuna fatica. I margini di miglioramento ci sono, ma già quel che passa il convento basta e avanza.





R.A. The Rugged Man - Die, Rugged Man, Die

VIDEO: LESSONS