martedì 28 luglio 2009

SADAT X - BRAND NEW BEIN' (Ground Original, 2009)

Ormai quando mi accingo a scrivere una recensione di un disco di Sadat X ho come minimo due certezze: la prima è che mi piacerà, e la seconda è che questo piacere si tradurrà in un inevitabile tre zainetti e mezzo. Forse qualcosina in meno nel caso di Black October, ma quattro mai. Non esiste. Non so dire perchè, ma benché questo veterano abbia dimostrato più volte di saper scrivere, di saper rappare e di saper scegliersi i beat, alla luce dei fatti appare evidente che malgrado buon gusto e talento egli difetti purtroppo di costanza. E così, nei lavori precedenti così come in questo, inevitabilmente s'incappa in una manciata di canzoni francamente inconcepibili se rapportate ad altre ben più riuscite.
Il danno è relativo, certo, ma personalmente reputo seccante che ciò mi obblighi di fatto a dover fare ogni volta una scrematura del materiale meno riuscito; ovvierò a questo problema con un greatest hits, prima o poi. Nell'attesa di fare ciò, non mi resta che parlare dell'ultima fatica di Derek Murphy, che dopo un lungo periodo di collaborazione più o meno assidua con frammenti della D.I.T.C. (ed altri produttori) stavolta sceglie di affidare la cura dei beat a DJ JS-1 (Rocksteady Crew, recentemente uscito con Ground Original 2) e tal JW, di cui ignoro completamente i trascorsi ad eccezione di qualcosina su Sonogram di One.Be.Lo (grazie, Discogs!). Idealmente, questo dovrebbe portare ad una maggiore coesione del sound e se questo inizialmente può apprire vero, specie se si rapporta BNB allo sfortunato Black October, in fin dei conti ci ritroviamo con in mano qualità media e mood ambedue altalenanti.
Si può infatti passare dall'eccellente e jazzata Nuthin', francamente perfetta da qualsiasi punto di vista la si voglia vedere, alla tragicomica Go Slow, francamente orrenda da qualsiasi punto di vista la si voglia vedere. Poi ci si riprende con Blow Up Da Spot che, malgrado sfrutti un campione strasentito come Ironside di Quincy Jones, vede al microfono non solo un buon KRS One ma soprattutto un Rahzel che riproduce -e scratcha, of course- la voce di Biggie e la frase "Blow up da spot my man Sadat": la cosa provoca un'esaltazione che credo nessun esterno all'hip hop potrà mai comprendere. Ma -manco a dirlo- non passa molto prima che si torni ad essere delusi da Lyrics, che malgrado il titolo ed il featuring di Craig G, lascia con l'amaro in bocca. E questo senza poi contare passetti falsi come la cover di All For One oppure vere e proprie dicotomie come ad esempio Goin' Back, che a fronte di uno dei testi più belli dell'album contrappone un beat onestamente moscio. Ma, insomma, come spiegavo nel primo paragrafo questa continua oscillazione è ormai quasi il marchio di fabbrica di 'Dat, e quindi chi lo segue sa cosa aspettarsi; il che non solo limita il potenziale fastidio nel vedere le occasioni mancate, ma permette soprattutto di apprezzare ancor più le tante cose belle che il Nostro sa comunque offrirci: vedi Bullseye (prevedibile ma efficace il ritornello vista la presenza di Buckshot), la nerdissima Gamer o la riunione con i sui colleghi Puba e Jamar nella title track. Imperdonabili invece i ritornelli di Smallest Violin (fuori battuta: ma perdio...) e Teach The Children, con quest'ultimo a metà tra il didascalico e l'infantile, una delle cose peggiori che abbia mai sentito.
Mentre la produzione? Volete sapere com'è? Manierista, punto, e aggiungo solo una cosa: mentre va benissimo che si resti nel territorio più "corretto" per Sadat -cioè il suono della seconda golden age nuiorchese- e che pertanto si usino grossomodo sempre le solite formule (Funk, soul, qualche scratch piazzato strategicamente tra una strofa e l'altra) è un peccato che la scelta dei campioni non sia delle più felici. Mi spiego: canzoni come ad esempio The Way It Iz (o, che ne so, The Listening) funzionano da dio perchè la loro prevedibilità viene bruciata, che dico, incenerita dalla bellezza del campione; ebbene, in quest'occasione JS1 e soci raggiungono lo scopo solo qualche volta e ritengo che ciò sia davvero un peccato oltre che un sintomo di pigrizia.
Pazienza. Come già detto, Brand New Bein' è il "solito" lavoro di Sadat X, in cui egli sa regalarci dei bei momenti così come qualche ciofeca (molte delle quali facilmente evitabili, IMHO), e che in quanto tale merita senz'altro un ascolto. Poi, se siete fan di 'Dat come lo sono io, reputo che l'acquisto sia obbligatorio -Mak peraltro lo vende, leggete tra i commenti della precedente recensione- mentre in caso contrario aspettate che mi esibisca in una delle mie solite raccolte. Valido, comunque.





Sadat X - Brand New Bein'
Sadat X - Brand New Bein' A Capellas & Instrumentals

lunedì 27 luglio 2009

O.C. - BON APPETIT (JCor, 2001)

La provocazione, nell'arte, è una costante che si ripresenta puntualmente ogni qualvolta si va a creare uno status quo. La ripetitività ed il manierismo sono la nemesi dell'avanguardista, il quale di conseguenza li analizzerà e deciderà una contromossa spiazzante atta a metterne alla luce l'obsolescenza o l'involgarimento. Alla massa, che cammina in cerchio scavando solchi nel terreno, come Zio Paperone cammina nel suo silos pensando ai Bassotti, l'avanguardista appare come un esploratore che li può condurre fuori dall'autismo della ripetitività. Gli esempi abbondano, specie nel periodo moderno e contemporaneo: musicalmente si potrebbe definire il punk tutto come una provocazione ed al contempo una nuova via; così anche il futurismo ed il suo odio nei confronti della decadenza; per non parlare poi naturalmente dell'astrattismo. Sempre seguendo questa logica di analogie, io però sarei più propenso ad accostare questo Bon Appetit alla celeberrima "Merda d'artista" manzoniana.
Intellettuale tra i più sensibili, O.C. ha colto l'angoscia insita nel rap del nuovo millennio e, seguendo la scuola junghiana, ha cercato di ridefinire il suo "es" con una parabola che può essere ricollegata alla fase anale del bambino, la quale secondo Jung è il momento in cui si comincia ad organizzare il rapporto tra dentro e fuori, tra esperienza corporea e mentale. Capacità quali ritenzione e plasmazione caratterizzano questa fase dove fa capolino per la prima volta la creatività insita nell'essere umano, e proprio dall'essenza, dal Innertum del genio, Omar Cradle decide di partire per evidenziare la decadenza di una fase storica di un genere musicale.
L'importanza e l'innata provocazione di Bon Appetit, più un concetto d'arte che un mero oggetto d'arte, saltano agli occhi fino dalla forma: dopo cacche molli, dure, di vario colore ma pur sempre cilindriche, O.C. sconvolge l'accademismo di certi benpensanti partorendo una stronzata a forma di disco con, come ulteriore j'accuse meta-artistico, un misterioso buco al centro. Esso, risultando perciò inutilizzabile come frisbee (stabilità), come fermacarte (peso), come stabilizzatore di comodini vacillanti (spessore), obbliga dunque il fruitore ad un gesto estremo e oramai quasi dimenticato come l'ascolto su stereo. Ma le provocazioni non finiscono qui: sparse per il disco egli lascia alcuni appigli per coloro che dovessero credere di trovarsi di fronte ad un artefatto confortante, classico e dunque di facile digeribilità (Doin' Dirt, Respect The Drop, Psalm 23); nulla di più falso!
L'arte di capovolgere l'analisi semiotica tradizionale si fa viva in tutta la sua proprompenza mediante stilettate al comun sentire quali Get It Dirty, Bounce Mission o Weed & Drinks: appare evidente la polemica nei confronti dell'establishment artistico, che finora riteneva di poter far muovere i culi e far versare Cristal nel club solo attraverso cifre stilistiche quali synth passati attraverso compressori da milioni di dollari ed un mixaggio professionale. Grazie alla collaborazione in tandem con Buckwild, il Nostro rivaluta in un'ottica postmodernista le tastiere Fisher Price e gli amplificatori deggli ambulanti che suonano jingle bells a natale in metrò. (i quali spesso portano l'ampli in uno zaino: un richiamo al suo personale passato di backpacker?) Analogamente veemente è il colpo che O.C. assesta allo stereotipo che un artista, per fare certa musica, deve esservi portato e non avere alle spalle un passato da liricista ortodosso: il suo strascicare parole e gli innumerevoli detournaggi di parole come "bounce" rende evidente la catarsi che egli cerca di far compiere ad un mondo che è evidentemente malàààto e che deve necessariamente affrontare i propri demoni per poter rivedere la luce. Un'epifania creativa che senz'altro non potrà non avvenire anche solo dopo un ascolto sommario a Bon Appetit, il quale grazie all'inversione dei segni ed alla stridente atonalità di composizioni quali, oltre alle già citate, possono essere Back To Cali o Pardise, non mancherà di aprire gli occhi all'ascoltatore sul lato oscuro del rap.
Detta altrimenti, dove non sono riusciti gli Skiantos ce la fa O.C.; Bon Appetit: un'autentica merda d'artista.





O.C. - Bon Appetit

venerdì 24 luglio 2009

IN MINIERA SUBITO

Voi pensavate che la ruggine tra Wakka e Inoki fosse triste? Oppure fate parte di quelli che se la ridono? Beh sia come sia non avete ancora visto niente; dopo Grimm contro Doom, Scott Storch contro Timbaland, eccoci di fronte ad un nuovo picco di ilarità: i Warghosts contro i Jedi Mind Tricks. Non voglio rovinare la sorpresa, vi anticipo solo che i membri dei Warghosts sono quella specie di copia cinese di RZA che è Holocaust e quell'inarrivabile chiavica di Bomshot. Sentire per credere.
Rofflecopter (©Bol) per le due miserabili stelline di valutazione, dove su Youtube persino il video del tizio che gioca a frisbee a Rimini ne becca minimo quattro

SMIF 'N' WESSUN - DAH SHININ' (Nervous/ZYX, 1995

Se mi aveste incontrato nei primi mesi del '96 e mi aveste chiesto quale fosse la mia canzone preferita dell'anno precedente la risposta sarebbe stata una sola: Wrekonize. Più di Shook Ones, più di Incarcerated Scarfaces, più di Cold World: il singolo dei Smif 'N' Wessun -versione album, naturalmente- mi aveva fatto muovere la mia crapona da quattordicenne (e quindicenne) como solo dei scoppoloni a mano aperta avrebbero saputo fare e, per quanto negli anni le mie preferenze siano mutate, ad oggi quella canzone riesce ancora a darmi i brividi. Come tutto l'album, del resto.
Sebbene infatti in Italia, e specialmente a Milano, nel '95 le Timberland erano ancora condannate all'inevitabile presa per il culo grazie alla connotazione negativa loro conferita dai paninari, credo che nel cuore di ogni reppuso esse stessero raggiungendo in quel periodo vette di popolarità mai registrate prima. E per quanto Prodigy scriva nel suo blog -in CAPS LOCK, of course- che tra le tante innovazioni dovute ai Mobb vi sia anche la diffusione delle Tims, noi tutti sappiamo che a renderle davvero celebri negli anni '90 era stata la Boot Camp Clik. Punto. E da questa calzatura si parte, come solo in un album di rap si potrebbe fare: Timz 'N' Hood Check è solo l'inizio di un viaggio che durerà poco meno di settanta minuti, in cui i semiesordienti Tek & Steele ci accompagneranno nella loro Brooklyn.
Il pezzo è tutto sommato rappresentativo dell'atmosfera che si respirerà durante questo percorso, la quale è data, in brevis, da alcuni dei beat più cupi mai prodotti dai Beatminerz e dalle rime fortemente ghettocentriche del duo. In nessuno dei pezzi vi è traccia di positività e, per quanto non raggiunga le vette dei Mobb Deep di quegli anni, si può tranquillamente dire che l'esordio dei S&W rappresenti uno dei picchi più elevati mai raggiunti dal rap grimey, con in più la peculiarità data dall'ibridazione tra slang locale e patois, che conferisce al tutto un'unicità indubbia. Si veda ad esempio Cession At Da Doghillee o la celebre Sound Bwoy Bureill, un vero classico, dove questa mescolanza diventa fondamentale per la riuscita convincente del pezzo. Ma anche quando Tek e Steele si "limitano" all'inglese i risultati sono eccellenti, in quanto, se è vero che nessuno dei due preso singolarmente è un MC straordinario, insieme rappresentano una delle acoppiate meglio riuscite di sempre. Difatti, è impossibile non notare come la forza delle canzoni sia enormemente dovuta al connubio tra la diversità delle voci e quella delle metriche, le quali vengono continuamente alternate mediante passaggi di microfono a dir poco impeccabili. In tal senso diventa molto difficile pesacre una canzone liricamente superiore alle altre, ma a titolo esemplificativo direi che il tris vincente di Dah Shinin' possa essere dato da Wrekonize, Sound Bwoy Bureill e l'eccezionale Bucktown.
Ma oltre alla indubbia bravura dei Nostri non si può dimenticare il fondamentale apporto dato dai Beatminerz a queso progetto. Spostatisi in territorio ancora più cupo rispetto al precedente Enta Da Stage, in Dah Shinin' questo collettivo continua a pescare principalmente nel jazz e nella fusion riuscendo a trasformare ogni campione in beat che sanno di ruvido a partire dal mixaggio (con bassi che prevalgono su tutto) fino a giungere alla pressochè totale mancanza di melodia. "Minimalismo" è la parola chiave tramite la quale leggere queste sedici tracce, ed in tal senso, per quanto reputi Nocturnal complessivamente migliore, direi che l'individualità del suono della Boot Camp Clik raggiunga qui il suo zenith. È inoltre sorprendente notare come sussista una sostanziale varietà in questo disco malgrado i tempi siano grossomodo sempre quelli (viaggiamo su una media di 90-94 bpm) e nonostante il sound sia orientato in un'unica direzione; certo, non è sicuramente un album "facile" da proporre a chi solo da poco si è avvicinato al rap, però ho notato che man mano che lo ascoltavo e man mano che mi facevo l'orecchio riuscivo a scoprire sempre nuove sfumature, magari in pezzi che fino a quel momento reputavo minori (tipo Shinin... Next Shit), cosa che ovviamente va a conferire al tutto un'ottima longevità.
Bene: alla luce di questo cosa posso aggiungere se non dire chiaro e tondo che si tratta di un album fondamentalmente perfetto? Volendo gli manca la forza innovativa di Enta Da Stage, ma questo non toglie nulla all'ascolto e a questo punto si può solo giocare a quale sia l'album migliore tra Dah Shinin' e Nocturnal. Meglio averli ambedue, in ogni caso.





Smif 'N' Wessun - Dah Shinin'

VIDEO: SOUND BWOY BUREILL

mercoledì 22 luglio 2009

MOBB DEEP - ANTHOLOGY 2.0 (3CD SET) (2009)

Durante il mio recente periodo sabbatico non ho passato il tempo esclusivamente a grattarmi i coglioni, bensì l'ho dedicato ad una di quelle classiche cose che continui a rimandare da anni "perchè è sbatti": il greatest hits dei Mobb Deep. Intitolato "Anthology 2.0" perchè successore ad una raccolta da me fatta nel lontano '99, diciamo che funge da doppia testimonianza: prima di tutto perchè, banalmente, dimostra quanti classici sono stati capaci di produrre. E poi, purtroppo, perchè anche solo guardando la tracklist ci si rende conto quanto oramai siano scoppiati e quanto persino un fan della prim'ora oramai si tiene debitamente alla larga dalle loro produzioni. Mobb Deep post '99 = kriptonite.
Ad ogni buon conto, sono comunque riuscito a trovare delle loro cose degne persino in dischi incircolabili come Infamy (nomen est omen) o l'atroce Blood Money, e colgo il momento per spezzare una lancia a favore di Amerikaz Nightmare, che tra tutte le loro robe è forse l'unico capace di porsi al livello perlomeno di Murda Muzik. Sia come sia, prima di lasciarvi alla tracklist, vi dico fin d'ora che per avere un packaging serio dovrete vampirizzare da qualche parte una custodia per CD di quelle gorde, per intenderci quelle in cui fino a metà anni '90 venivano messi i dischi doppi (io l'ho ricilata dalla raccolta di greatest hits dei Queen, ad esempio). E poi, come seconda cosa, a parte la grafica di fronte e retro troverete anche il booklet: vi lascio il divertimento di scoprire come riuscire a stampare fronte e retro sullo stesso foglio senza disporre -come posso invece fare io- di una stampante professionale. Per il resto, file unico da 330MB e cazzi vostri se avete la DSL a consumo. Tracce ovviamente tutte riequalizzate come da mia gloriosa tradizione. Tracklist:

DISC ONE
01. The Start Of Your Ending
02. Apostle’s Warning
03. Adrenaline
04. Dump feat. Nate Dogg
05. Trife Life
06. More Trife Life
07. Shook Ones Pt.I
08. Hit It From The Back
09. Microphone Mastas (RMX) feat. Das EFX
10. Put ‘Em In Their Place
11. Recognize & Realize Pt. II feat. Big Noyd
12. G.O.D. Father Pt. III (RMX)
13. U.S.A. (Aaight Then)
14. Give Up The Goods (Just Step) feat. Big Noyd
15. Live Nigga Rap feat. Nas
16. Drop A Gem On ‘Em
17. Bump That feat. 50 Cent & Big Noyd
18. We Up
19. Get Away

DISC TWO
01. Survival Of the Fittest
02. Everyday Gunplay
03. Peer Pressure (RMX)
04. Know Da Game feat. M.O.P. & Kool G Rap
05. Backwards
06. When U Hear The
07. Killaz Theme Pt. II feat. Cormega
08. Hell On Earth (Front Lines)
09. Perfect Plot feat. Big Noyd
10. Up North Trip
11. Back At You
12. Where Ya Heart At
13. Speakin’ So Freely
14. Nobody Likes Me
15. Man Down feat. Big Noyd
16. Right Back At You feat. Raekwon, Ghostface Killah & Big Noyd
17. Get At Me
18. It’s Mine feat. Nas
19. There I Go Again feat. Ron Isley

DISC THREE
01. Q.U. Hectic
02. Street Life feat. A.C.D.
03. Family feat. Nas
04. Win Or Lose
05. My Priorities
06. Quiet Storm
07. Get Dealt With
08. The Professional feat. Big Noyd
09. Paid In Full
10. Nighttime Vultures feat. Raekwon
11. Allustrious
12. Rare Species
13. Throw Your Hands
14. Nothing Like Home
15. What’s Ya Poison feat. Cormega
16. War’s On feat. The Almighty RSO
17. In The Long Run feat. Infamous Mobb
18. Hoodlum feat. Big Noyd & Rakim
19. Shook Ones Pt.II

Mobb Deep - Anthology 2.0 (3 CD Set)

martedì 21 luglio 2009

ROB-O - RHYME PRO (Sound Of Dissent, 2006)

...e ogni tanto torno a sorridere. Nell'attesa che qualche altro MC di Detroit pubblichi un nuovo lavoro, e nell'attesa che il disco dei Slaughterhouse esca bene (tocchiamo ferro), alcune delle maggiori soddisfazioni avute quest'anno mi sono state regalate da raccolte. Dai Mobb Deep a Godfather Don, negli ultimi tre-quattro annisono in molti ad aver vista pubblicata un'antologia di inediti o b-side; evidentemente non sono l'unico a pensare che il rap contemporaneo troppo spesso scada nello squallore più bieco, e così per lo yin della cacate propinate (vero, Kurious?) c'è sempre uno yang di ficate che in altri avrebbero corso il rischio di restare solamente una fantasia proibita di noialtri aficionados.
Ebbene, quando ho visto Rhyme Pro in vendita ad una cifra irrisoria potete ben immaginare che praticamente ho devastato il mouse a furor di clikkate sul link "Buy now" e, cristo, bene feci! Perchè se, com'era prevedibile, qui non si trova materiale nuovo, il bello è che ci viene regalata una prospettiva sul lavoro dell'ex membro degli InI derivato predominantemente dall'epoca '96-2001; il che si concretizza poi in pezzi prodotti predominantemente da Pete Rock e Spunk Bigga i quali, pur non godendo di note esplicative da parte degli autori della raccolta (peccato, in casi come questo ci starebbe), hanno tutti il pregio di aver goduto di un mixaggio quantomeno decoroso.
E questo è ovviamente essenziale: innanzitutto perchè Pete Rock e le sue quattro tracce possono così essere apprezzate in tutta la loro bellezza (parentesi: su una ci sono pure i De La, roba da acquolina in bocca) ed in tutta la classe che il Chocolate Boy Wonder ha sempre saputo mostrare nelle sue produzioni più orientate al jazz. Stay Away, Mention Me e So Many Rappers sono delle chicche degne di essere messe sullo stesso livello di quel capolavoro che è Center Of Attention e, per quanto decisamente inusuale, Superspectacular è nel suo jigginess un gradito cambio di atmosfera. Ma attenzione: ho scritto di quattro tracce solamente perchè Wunderlust, alias Microphonist Wanderlust, è accreditata come opera di Grap Luva -non chiedetemi perchè- quando in verità si sa che è di Pietrino Roccia come del resto si evince dall'album degli InI. Stesso discorso va fatto per Don't You Love It, erroneamente attribuita a Spunk Bigga. Inesattezze di poco conto ma che volevo sottolineare.
Ciò detto, comunque anche quando sono effettivamente altri a produrre i beat la qualità c'è e si sente: Rhyme Tighter riprende il sempre bellissimo campione di A Good Man Is Gone (quello di Next Time dei Gangstarr, per intenderci) dandogli nuova vita, così come The Life I Live Pt.II rivitalizza il sample usato per Lyin' King di Nine. Più avanti nel disco, invece, un giro d'arpa su batterie più "spezzate" della media dà vita all'ottima Murderville, andando così a creare un'atmosfera rarefatta ideale per le acrobazie verbali e la caratura contenutistica del Nostro; verso la fine, invece, World Premier riprende Smokey Joe The Dreamer e pur non riuscendo a diventare una nuova Metal Thangz fa comunque la sua porca figura. Uniche note dissonanti sono da un lato l'ennesimo utilizzo di Who Is He And What He Means To You nella versione di Bill Withers, che francamente risulta un po' tanto scontato sia come utilizzo che come scelta di per sè, e dall'altro il fiacco remix di The Magnificent a cura dei solitamente validi Cookin' Soul. Complessivamente, quindi, fatta salva una non enorme originalità nella scelta dei campioni (amen) si può notare come i beat di Rhyme Pro abbiano tutte le carte in regola per essere lodati.
Liricmente, invece, che dire? Nella recensione di Center Of Attention avevo qualificato Rob-O come semplicemente "OK" o, più correttamente, "competente". In Rhyme Pro invece devo rivedere il mio giudizio in positivo: non che si sia trasformato in un mangiamicrofoni, però in diversi pezzi si dimostra capace di tirare fuori dal cappello metriche ben più complesse di quanto avesse fatto in precedenza. Ciò si nota soprattutto in World Premier, Murderville e Stay Away, dove riesce a tener testa ai De La manifestando una confidenza con carta e penna finora insospettata. Ed in fondo, pur essendo un MC genericamente definibile come "preso bene" e dunque non granchè dotato di luce propria, la sua scrittura e la sua tecnica reggono bene per tutta la durata del disco, grazie anche ad una bella voce ed un flow perfetto per il genere di atmosfere qui proposte.
Conclusione? Facile: se siete amanti del rap nuoirchese della seconda metà degli anni '90 questo Rhyme Pro è un ascolto ed un acquisto obbligato. Se invece non lo doveste essere, beh, cambiate genere perchè evidentemente non ci beccate un cazzo. Niente voto perchè, come al solito, non reputo corretto valutare raccolte fatte ex post; per i più fiscali tra voi, comunque, sarebbe un quattro tondo tondo.

Rob-O - Rhyme Pro

lunedì 20 luglio 2009

BLAQ POET - THA BLAQPRINT (Year Round/Fat Beats, 2009)

Rieccomi, ciao a tutti. Scusate la pausa ma m'era passata voglia di scrivere di musica che, francamente, quest'anno si sta dimostrando capace di far cadere le braccia anche a un santo. C'è voluta una terapia a base di Infamous e Hell On Earth per farmi vedere un po' di luce, fino a quel momento così assente che m'ero messo a riascoltare Different Class dei Pulp (!). Insomma, fatto sta che per ora c'è una sorta di tregua armata tra me e il rap contemporaneo, disturbata solo occasionalmente da qualche scaramuccia di frontiera come questo attesissimo Blaqprint.
Do per scontato che tutti qui conoscano Blaq Poet, ex membro degli Screwball meglio noto come colui che scrive qualsiasi cosa gli passi per la testa. Può sembrare strano, ma questa sua rozzezza (o genuinità) è indubbiamente il punto forte dell'MC del Queensbridge, a tal punto che nel tempo è diventato una sorta di icona nel rap hardcore contemporaneo. Ebbene, com'era ampiamente prevedibile, in Blaqprint il Nostro non delude e regala quindici pezzi votati a tutte quelle tematiche che rendono questa musica così odiata dal grande pubblico e, per converso, così amata da noialtri estimatori. Il modo in cui Po' descrive la sua vita nel Queensbridge è sinceramente inimitabile e pezzi come Hood Crazy o U Phucc'd Up (la grafia molto '92 la dice lunga sul personaggio) sono lì a testimoniarlo, mentre tracce quali Voices o Never Goodbye mostrano che pur nel suo essere visceralmente ghettuso egli non rientra nella schiera dei cazzoni che sostengono di essere prima dei spacciatori e solo dopo dei rapper. Poet ci crede, è evidente, e questa sua coerenza/ortodossia è senza dubbio uno dei tanti motivi che me lo rendono simpatico. Al che le sue magagne tecniche -se tali si possono definire- scivolano in secondo piano fino al momento in cui, di fronte ad una delle sue tante uscite mitiche (tipo "I'm ready to name names/ You lucky Primo is cool with you lames!"), ci si trova a pensare "ma chi se la incula la rima incrociata!". Ovviamente, gli ospiti presenti viaggiano sulla stessa linea di pensiero ed in tal senso dal punto di vista dell'emceeing tutto fila più che liscio con featuring dei NYG'z e Lil' Fame collocati strategicamente lungo la tracklist. Bene.
Purtroppo, però, il rovescio della medaglia è Premier. A distanza di sei anni dall'ultima opera da lui interamente prodotta, questa leggenda vivente si approccia a ben tredici pezzi (i restanti due sono di Easy Mo' Bee e di tal Gemcrates) consapevole -almeno spero- del fatto che Blaqprint verrà inevitabilmente paragonato alle sue precedenti opere. Inoltre, mi auguro che egli avesse anche presente il fatto che negli ultimi anni si fosse atrofizzato su uno stile di produzione ultraminimalista che aveva mostrato la sua obsolescenza e ripetitività già nel 2005, e che pertanto sarebbe stata una buona idea imprimere la tipica "svolta" nel sound finora puntualmente mostrata di fronte alla cura di un progetto nel suo insieme. Bon: lasciatemi dire che a questo punto posso solo dire, con tutto il rispetto di questa terra, che Primo è bollito. Intendiamoci: è comunque capace di tirare fuori bei beat -vedi Ain't Nuttin' Changed, Hood Crazy o Voices- ma la parola "varietà" sembra esser stata completamente cancellata dal suo vocabolario. E quando parlo di varietà non mi limito alle sole atmosfere, bensì alla struttura vera e propria a partire dalle batterie fino alla scelta del campione; insomma, io robe come What's The Deal o Hate non le vorrei più sentire, perchè si tratta di minestra riscaldata (male) che peraltro nessuno si prende più la briga di copiare. Primo dovrebbe prendersi una bella pausa di riflessione e, anzichè sfornare beat su beat -in media penosi- per gente dell'underground che nemmeno i più ossessionati otaku dell'hip hop s'inculano (Lil' Vic? Immobiliarie?), dovrebbe ritrovare una cosa che fino al 2004 aveva in abbondanza: creatività. Io lo capisco che dopo una vita passata al campionatore a tagliare e cucire uno possa essere tentato dalla via "3 note su tastiera + basso e batteria", ma a tutto ci dovrebbe essere un limite. Mi fermo qui per non infierire su quello che malgrado tutto è il miglior produttore di sempre, spero solo che la mia disarmante delusione possa trasparire lo stesso da queste poche righe.
Poi, per carità, a conti fatti Blaqprint comunque scorre e nel complesso si lascia ascoltare più che volentieri grazie alla simpatica estrosità di Poet, ma la débacle di Primo qui si mostra in tutta la sua gravità. Ciò nonostante, io, persino da supporter del rap non progressivo quale sono, non posso dare più di tre zainetti a questo disco; forse esagero ma sinceramente conferirgli un voto maggiore mi saprebbe vagamente di rifiuto della realtà.





Blaq Poet - Tha Blaqprint
Blaq Poet - Tha Blaqprint Instrumentals

VIDEO: AIN'T NUTTIN' CHANGED

lunedì 6 luglio 2009

BLOCCO DELLO SCRITTORE

Un modo come un altro per dire che siccome da un po' non mi sento un granché invogliato a scrivere di musica, preferisco sospendere momentaneamente gli aggiornamenti finchè non mi torna la suddetta voglia -cosa che spero avvenga presto. Nell'attesa, buon lunedì.

venerdì 3 luglio 2009

SOLO PER DIRVELO

Come i più accorti avranno potuto notare, oggi non ho aggiornato (stavo male da ieri sera, ero in sbatta perchè avevo perso l'unica copia delle chiavi della macchina ecc.), però in compenso mi sono arrivati cinque ciddì freschi freschi da Amazon. Spesa: 21£, sono ufficialmente il king del bargain bin. Beh, tra questi ho preso alla cieca quello di Rob-O (ex InI, per intenderci) ed è un'autentica chicca. Ovviamente lo recensirò da qui a breve, ma se volete un consiglio non aspettate me e compratevelo, non costa niente.
A parte ciò, sto considerando di vendere il mio Nokia E51 a 100 sacchi; un anno di vita e dunque ancora in garanzia fino a luglio 2010, dotato di cuffie, caricabatteria (ovvio) ecc. ecc. Se a qualcuno dovesse interessare holla back che faccio un par di foto.

giovedì 2 luglio 2009

JIGMASTAS - INFECTIOUS (Beyond Real/Landspeed, 2001)

Credo che siano in pochi ad aver preso nota dell'imminente uscita del nuovo album di DJ Spinna e questo non può che dispiacermi; dal canto mio posso solo dire che in un certo senso sono quasi felice di dovermi fermare a lavorare fino al 10 d'agosto perchè questo mi consentirà un acquisto in zona Cesarini di un prodotto dello stimato produttore di Brooklyn. Ma nell'attesa che ciò avvenga, è bene rinfrescare la memoria con la recensione di uno dei suoi dischi strettamente rap più riusciti e completi, ovverosia l'LP d'esordio dei Jigmastas. Preceduto nel 2000 da un EP di nome Lyrical Fluctuation (che in quanto fanboy ovviamente possiedo), questo disco uscì nella totemica indifferenza dei più nella primavera dell'anno successivo salvo scomparire dagli scaffali dei negozi in men che non si dica e, tipico esempio di danno a cui s'aggiunge la beffa, oggi nemmeno ha assunto alcun tipo di status semileggendario come tendenzialmente avviene in casi analoghi.
Ma di questo a noi poco importa; Au contraire, ben venga che si riesca a reperire per du' lire!, visto che oggettivamente è uno di quei album a cui non si darebbe mezza chance e che invece, una volta sentito, dimostra la capacità di essere ripreso in mano più e più volte anche a distanza di anni. Ciò si deve, detta in tutta onestà, più al produttore che a Kriminul, visto che quest'ultimo al massimo fa il suo dovere senza interferire con le composizioni di Spinna dimostrandosi in fin dei conti un MC tollerabile ma poco di più. In compenso vi sono diversi ospiti interessanti quali Apani, Truth Enola, il sempre sgargiulo Sadat X e persino Vernon Reid dei Living Color, i quali sanno aggiungere un pizzico di brio in più proprio nei momenti in cui Infectious potrebbe cominciare a risultare ridondante.
Ridondanza, questa, data non tanto dai beat in chiave para-nativetonguosa, quanto dalla ristretta varietà delle tematiche affrontate (hip hop in tutti i suoi aspetti, egocentrismo mescolato ad una minima di coscienziosità, amore per le biatches) e dalla metrica non proprio fresca del protagonista. Più nel dettaglio, Kriminul pare avere sostanzialmente due stili: uno più cantilenato e abbastanza fastidioso (potrebbe ricordare vagamente il Cam'Ron dei Confessions Of Fire, fate voi) e l'altro più regolare ed indubbiamente più scorrevole. Basta ascoltare Till The Day o Vent ed accostarle a Elevate o Apology Not Accepted per rendersi conto di quanto scritto poco più sopra; sembra, insomma, che Infectious sia stato registrato in due momenti separati dell'evoluzione di Kriminul, per cui gli unici agenti collanti tra le due diverse metriche possono essere individuati in una generale tendenza ad accelerare la dizione in modo tale da riuscire a chiudere il verso sulla battuta quando egli reputa necessario infilare più sillabe in del dovuto in una misura. Ne consegue che, nel complesso, non possiamo certo sostenere che il Nostro sia un grande rapper ed anzi alle volte ci si rende proprio conto di come persino alcuni aspetti più tecnici gli sfuggano di mano (vedi ad esempio la dizione non sempre chiarissima o l'entrata in battuta sbagliata, dovuta ad un dover riprendere il respiro); epperò, come dicevo, nel più dei casi queste lacune non sono tali da guastare l'ascolto del pezzo. Casomai diventa un po' imbarazzante -per lui- sentire la differenza che corre tra un Akil (che, voglio dire, mica è mai stato 'sta gran cima) e la sua precisione ed il flow "a lavatrice" di K, ma siccome nel complesso gli interventi esterni servono a supportare meglio l'impianto di un album queste discrepanze ci possono anche stare ed alla fine risultano potenzialmente nocive solo per il nostro.
Ecco, dicevo dei featuring: direi che sono tutti di buona o ottima qualità ed effettivamente, quando entrano in gioco, fanno sentire tutto il loro peso. La posse cut finale, Reality Check, è appunto uno di quei casi dove pur avendo sulla traccia cinque cristiani non vi è confusione ed anzi ci si avventura in un climax a cui peraltro contribuisce l'eccellente beat. Analogamente, il tiro veloce di Cliché raggiunge un'orgasmica perefzione proprio nella strofa di Akil ed in particolar modo quando il campione venne zittito lasciando a lavorare solo basso, batteria ed MC; così come il pur concettualmente banale gioco delle parti di Apology Not Accepted riesce proprio grazie alla presenza di Apani.
Poi però ci sono dei casi dove francamente il povero Kriminul non può essere accusato di alcunchè, e cioè i pochissimi momenti di caduta di stile di Spinna. L'esempio più grottesco è senz'altro Don't Get It Twisted, in cui un beat semplicemente brutto (il campioncino vocale gli dona un che di irritante) affossa non solo delle strofe decorosissime del Nostro, ma pure una prestazione di Sadat X assolutamente impeccabile. L'altro caso, decisamente meno grave, è Hollar: qui non solo vi è un ritornello cantato che grida vendetta al cielo per contenuti ed esecuzione e che è il vero problema della canzone, ma anche un beat che non brille né per originalità in termini assoluti, né in termini relativi (infatti è stilisticamente riconducibile alla stessa matrice rétro-minimalista che ha generato Elevate e Cliché). Naturalmente non è che ciò lo renda inascoltabile, semplicemente che sarebbe stato meglio lasciare nel hard disk almeno uno dei suddetti beat.
Ma, ciò detto, per il resto c'è da leccarsi i baffi. Reality Check splende sia per le atmosfere eteree evocate dal cantato che accompagna in sottofondo gli MC's, sia per come questo riesca ad essere imprevedibilmente fuso con la celeberrima Boss di James Brown; segue poco distante la lentissima C.S.S. che, pur utilizzando un sample vocale pitchatissimo di cui in teoria dovremmo ormai avere le palle piene (e non c'è contestualizzazione storica che tenga), funziona in quanto questo viene adoperato in maniera originale e personalissima dal Nostro come elemento integrante del beat nel suo insieme -contrariamente alla banale formula che vede le voci usate o come "segnale" per individuare la conclusione del loop, oppure come elemento "esterno" che s'appiccica da qualche parte, magari nel ritornello, per dare un quid di diversità al tutto. Vent e Lyrical Mastery, invece, fungono come memorandum per la vena più uptempo di Spinna; e anche questa non è mai cafona e men che meno squilibrata rispetto all'MC, cosicché l'effetto finale è "semplicemente" una buona varietà sonora anziché la traccia studiata a tavolino per il club (segnalo oltretutto un taglia&cuci di cut esaltante nel ritornello di Lyrical Mastery). Infine, si torna ad atmosfere à la Ali Shaheed Muhammad con Till The Day, Cliché ed in minor misura Apology Not Accepted; quest'ultima gode infatti di un uso del sample che cresce nel corso del pezzo, arricchendosi via via di note e strumenti che culminano intelligentemente in un ritornello che invece li fa suonare singolarmente, per poi ricominciare tutto da capo per la seconda strofa. Se questa non è classe non so che dirvi.
Beh, che posso aggiungere? Con un MC un po' più capace (il massimo sarebe stato Pos dei De La, IMHO) e qualche smagliatura in meno (il beat di Don't Get It Twisted ed il ritornello di Hollar) non avrei avuto esitazioni a conferire lo status di capolavoro a Infectious, mentre così posso solo segnalarlo come opera degnissima ed immancabile in ogni collezione da zainettaro che si rispetti.





Jigmastas - Infectious
Bonus CD: Beyond Real Label Sampler

VIDEO: DON'T GET IT TWISTED