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mercoledì 23 dicembre 2009

DOOM - UNEXPECTED GUESTS (Gold Dust Media, 2009)

Nuovamente immerso nel delirio di chiusura di numero, con come bonus l'assenza dei miei due colleghi e quindi impelagato in cose che vanno dai contatti coi fotografi al controllo dei Cromalin, per augurarvi un buon natale senza grandi sofferenze non mi resta che farvi dono del secondo album di Daniel Dumile uscito quest'anno: Unexpected Guests. In realtà, come si può intuire dal titolo, non si tratta di un vero e proprio album solista quanto una raccolta di tracce in cui Doom appare al microfono, al campionatore o ambedue le cose, analogamente a quanto fece Ice Cube ormai due lustri fa.
Da giudicare, più che la qualità stessa dei pezzi, dovrebbe essere quindi la qualità di un'operazione di per sè non eccitante ma che nella fattispecie si rivela invece molto interessante. Interessante non solo perchè il catalogo di Fazzadefèro è piuttosto ampio nonché parzialmente difficile da reperire, ma soprattutto perchè la selezione è stata fatta dal Nostro e perciò riflette per certi versi una direzione artistica personale quasi quanto quella che può esserci dietro ad un album vero e proprio. Faccio presente che del disco girano però due versioni: una con tredici pezzi, riconoscibile dalla copertina marroncina con la maschera di Doom effettata a mo' di stencil, e questa da diciotto. La prima ha inoltre una selezione in buona parte diversa e pesca dal repertorio più recente, mentre questa copre in maniera più esaustiva la sua carriera a partire da Operation Doomsday in poi; detta in soldoni, quella che vi propongo è la variante migliore pur non contenedo né Trap Door, né Rock Co.Kane Flow.
Chiuse così le premesse, veniamo al dunque. La selezione di tracce è ricca e prende in esame perlopiù collaborazioni esterne. Di materiale riconducibile direttamente a opere di Dumile non c'è quasi nulla, ad eccezione del singolo tratto dal suo esordio solista (Question Mark) che, restando un pezzone ancor'oggi, è comunque più che gradito. Per il resto, da un lato si può suddividere Unexpected Guests in collaborazioni più o meno note come Angels (riproposta per la zilionesima volta ma perlomeno senza le inutili batterie sentite in Born Like This), The Unexpected, Project Jazz ed E.N.Y. House, e dall'altro invece in oscure b-side piuttosto che tracce probabilmente mai sentite dal fan medio del Nostro. Ne sono ottimi esempi le straordinarie Bells Of Doom e All Outta Ale, ambedue prodotte magistralmente da The Prof (?), con in particolare la prima dotata di un «nod factor» ai livelli di una Triumph o una Time's Up (e scusate se è poco). Ma nel novero delle chicche poco conosciute vanno senz'altro annoverate anche Sniper Elite, prodotta nientemeno che da Dilla, il remix di Street Corners con Masta Killa, Deck e GZA, e Quite Buttery col bostoniano Count Bass D.
Queste, sommate appunto alle più note e già apprezzate collaborazioni con Ghostface, Hell Razah (Project Jazz, essendosela persa in molti, va assolutamente ascoltata), Vast Aire e altre rendono quindi Unexpected Guests un'opera innanzitutto molto, ma molto piacevole da ascoltare, con picchi qualitativi sparsi per i cinquanta minuti di durata che fanno facilmente dimenticare quei pochissimi episodi che per un motivo o l'altro deludono (a causa del beat fiacco, Unexpected è uno spreco di ospiti, e Fly That Knot è lievemente danneggiata dal brutto ritornello). Ma oltre alla qualità intrinseca dei pezzi, è apprezzabile la coesione del sound -assolutamente non garantita in questo genere di opere, anzi- e la completezza filologica raggiunta. In altre parole, se proprio non sapete che disco regalarvi a natale, questo può essere una scelta quanto meno azzeccata; anche e soprattutto per chi non è un fan sfegatato di Dumile.

Doom - Unexpected Guests

VIDEO: ?

lunedì 11 maggio 2009

DOOM - BORN LIKE THIS (Lex, 2009)

"Things done changed", diceva Biggie nel '94. Chissà cosa scriverebbe ora se qualcuno gli dicesse che ai giorni nostri basta che un artista "scompaia" per circa tre anni per crederlo disperso in azione. Perchè MF Doom ha fatto proprio questo: dopo un triennio in cui la sua produttività raggiunse livelli quantitativamente (e qualitativamente) impressionanti, Daniel Dumile scomparve pressoché improvvisamente dalla scena, lasciando chi, come me, dava per scontato un altro disco dopo Dangerdoom con un pugno di mosche. Durante questo ritiro, poi, le voci che lo volevano in procinto di partorire un Madvillainy 2 o un LP a quattro mani con Ghostfazza si susseguivano con sempre minore credibilità, c'era inoltre chi diceva che durante i live non era lui a cantare bensì un Doppelgänger, altri ancora lo volevano coinvolto in problemi di droga... insomma, tutte voci piuttosto confuse e generalmente accordanti solo nel confermare l'alone di mistero che circonda il personaggio fin dal suo ritorno sulla scena di operation Doomsday. Questo turbinio di gossip si è poi disciolto -o quantomeno è passato in secondo piano- all'inizio di quest'anno, quando senza grandi preavvisi ci si è ritrovati con un suo nuovo album in mano.
Ora, non so quali possano essere stati i pensieri di chi si è recato presso il proprio negozio di dischi preferito con in mente l'idea di comprare Born Like This; dal canto mio, l'unico era "speriamo che non sia troppo una cagata". Non saprei dire perchè fossi così terrorizzato, ma forse uno dei motivi è stato che il Nostro, contrariamente alla regola discografica e del buonsenso che vuole che prima di un disco si richiami l'attenzione con singoli o featuring vari, è tornato sulla scena senza preavvisi. E quando ciò accade, in genere dietro c'è sempre un'operazione che ben poco ha a che fare con la qualità: mi riferisco a raccolte di inediti che tali dovevano restare, mezzi bootleg pubblicati senza permesso o cose così. Fortunatamente però non sembra essere questo il caso, dato che non solo l'investimento nel packaging fatto dalla Lex rivela una cura non comune, ma anche i collaboratori (Madlib, Dilla, Jake One, Raekwon e altri) non sono del genere che si presta ad una cacatiella. E di questo mi sono accorto nel momento in cui ho inserito il CD per la prima volta nel lettore di casa: tutto quello che volete, ma questo non è un progetto messo su giusto per onorare un contratto discografico.
Tracce come Gazzillion Ear, Absolutely, Rap Ambush, Lightworks, Cellz o More Rhymin' sono nella peggiore delle ipotesi dei bei pezzi, più che degni di essere inseriti in un eventuale futuro greatest hits di Doom (se la cosa avesse un senso), e nella migliore delle gran cose. Gli elementi che hanno finora caratterizzato le sue opere -dicasi dialoghi campionati, sample dalle oscure origini, rime intricate che suonano bene e che non vogliono dire pressochè nulla- ci sono tutti ed in abbondanza. E quindi, che dire, tutti contenti e felici e a casa? Uhm, non proprio.
Qual è infatti il difetto maggiore di Born Like This? O meglio, dove lo si può trovare, visto che le singole canzoni sono tutte bene o male valide? E' semplice e grave: nell'impianto di base, che non solo è debolissimo rispetto ai suoi lavori precedenti, ma che per giunta, proprio nella sua nuova veste, soffre di mancanze difficilmente perdonabili. Prendiamo infatti come riferimento le precedenti uscite di Dumile: sono tutti concept album in cui dialoghi, sound e tematiche avevanüo un filo conduttore peraltro decisamente peronale. Per BLT, invece, il Nostro ha del tutto abbandonato quest'idea, optando piuttosto per una forma molto più frequente di disco: la raccolta "random" con dentro un po' di tutto; e se questa scelta può piacere o meno (e secondo me nel caso specifico di Doom non ha senso), è innegabile che includere una massa di canzoni della durata media di novanta secondi sia oggettivamente sciocco, perchè spezza l'ascolto senza alcuna ragione e priva di valore canzoni che invece avrebbero un ottimo potenziale. Non a caso, Gazzillion Ears -che è una raccolta di minchiate che suonano benissimo come il 90% delle strofe dell'LP- s'imprime nelle orecchie non solo perchè ha peraltro un bel beat, ma anche perchè gode dello spazio temporale sufficente per lasciare un marchio nella memoria. Vedete, salvo un paio di eccezioni irrilevanti ai fini della regola, le opere precedenti del nostro non avevano un cosiddetto "singolo" o, come dire, cinque pezzi che si potevano estrarre dal contesto: era l'insieme a dare soddisfazione. Qui, invece, si potrebbe anche pensare di prendere questa o quell'altra canzone e metterla in qualche mix, ma a che pro? Durano meno di due minuti e davvero lasciano insoddisfatti.
Che ne so, Rap Ambush vede Jake One dotare Doom di un beat splendido, tu sei lì che fai headnodding e sei tutto contento perchè Fazzadefèro suona benissimo e poi, cosa succede? La traccia finisce, PUF, lui dice "rap ambush" e te resti lì a bocca asciutta. Passi a Lightworks ed è la stessa cosa, confidi in More Rhymin' ed invece siam sempre lì a fissare il vuoto con lo sguardo di un bambino somalo a cui han fatto assaggiare un cucchiaino di tiramisù salvo poi togliergli il tutto con una grassa risata. Ho reso l'idea?
Ecco, Born Like This fallisce secondo me oltre ogni limite praticamente solo per questo. Io sono infatti disposto a perdonare l'inclusione di Gazzillion Ears, che è vecchia come il cucco, e glisso anche sul fatto che un qualche idiota ha pensato bene di mettere delle batterie übermerdose nell'altrimenti ottima Angels: passi, ego te absolvo e tutto il resto. Ma che mi si presenti una sorta di sampler, quello no. Proprio mi passa la voglia di parlarne, penso che dopo aver aspettato tre anni si debba esigere quantomeno un prodotto ragionato e non una raccolta ideata con la stessa mentalità stante dietro ai milioni di mixtape che affollano il mercato. Perchè in quel caso cesso d'interessarmi al potenziale e vado solo a vedere il risultato finale, il cui unico pregio è in fondo di essere comunque ascoltabile.
Insomma, non so cosa volesse combinare Doom, anzi, DOOM (mi raccomando le maiuscole, lui ci tiene a queste cose): so solo che era lecito aspettarsi molto, molto di più. Un album così è ai margini della possibilità di critica, perchè il materiale è davvero volatile ed in fondo inconsistente. Nulla contro l'dea di fare raccolte, ma che raccolte siano e che non vengano invece assemblate come se fossero dei concept album. Odio dover lavorare di bilancino, ma se almeno sei o sette pezzi avessero varcato la soglia dei due minuti e mezzo effettivi non avrei avuto remore ad affibbiare un bel quattro al tutto. Così, invece, tre zainetti (semiregalati) e un calcio in culo; mi auguro davvero che la sua prossima uscita dimostri maggiore visione artistica.




Doom - Born like This

lunedì 23 marzo 2009

KING GEEDORAH - TAKE ME TO YOUR LEADER (Ninja Tune/Big Dada, 2003)

Come (mi auguro) già saprete, di recente, e dopo un silenzio relativamente sconcertante di quasi cinque anni, è uscito il nuovo disco di MF Doom. Da un lato la cosa mi fa piacere e vorrei che fosse ben chiaro che è uno dei pochi ai quali concedo un pass per i suoi svarioni autocompiacenti, visto che questi si sono spesso tradotti in ottima musica; dall'altro temo però che il risultato alla fin fine altaleni tra la delusione soggetiva e l'oggettiva stronzatona col botto. In attesa di farmi un'opinione in merito, eventualmente attraverso l'ascolto del disco, per ora preferisco sollazzarmi coi suoi precedenti lavori ed in particolar modo con la sua opera più riuscita: Take Me To Your Leader.
Il fatto che per l'occasione egli si sia "travestito" da King Geedorah non ha secondo me più che tanta importanza se non perchè ciò ha permesso ai grafici della Big Dada di confezionare una grafica ed un booklet fichissimi; no, l'unico elemento concettuale stante dietro a queste tredici tracce consiste piuttosto nella scelta dei campioni e nell'atmosfera generale da Z-movie che imperversa un po' ovunque, mentre se andiamo a vedere i testi scopriamo che non esiste un nesso tra l'identità di Daniel Dumile e quel che viene rappato in questi 42 minuti scarsi di musica. Ciò che conta, casomai, è che in TMTYL Doom fa un passo indietro limitandosi in maggior parte alle produzioni e lasciando dunque ampi spazi d'incursione ad alcuni ospiti, dei quali molti sono membri dei Monsta Island Czars; anticipo fin d'ora che, mentre a livello di beatmaking la qualità è eccelsa, l'emceeing varia di caso in caso e passa dall'ottimo (Trunks, Rodan, Doom stesso) al fastidioso (Gigan, Mr. Fantastik) con una maggioranza di performance accettabili o piacevoli (in particolar modo tal Hassan Chop).
Ma ora, volendo entrare più nel dettaglio, cosa è lecito aspettarsi da Take Me To Your Leader? Innanzitutto e soprattutto una coesione ed un sound che rendono questo disco una vera e propria colonna sonora, con tanto di inserti di dialoghi di oscuri film fantascientifici/catastrofici di quarta ed effetti sonori che renderebbero orgoglioso Ed Wood. Non esagero quando dico che raggiungere una simile omogeneità attingendo a talmente tante fonti d'ispirazione (soul, funk, jazz, colonne sonore eccetera) sarebbe un'operazione pressoché impossibile per molti ma non per uno che, evidentemente, conosce molto bene il suo mestiere. Ad esempio, chi potrebbe mai dire che Anti-Matter (che campiona l'ormai stranota Message From A Black Man dei S.O.U.L.) potrebbe stare accanto ad un beat dissonante come quello di No Snakes Alive, così come ai sintetizzatori di Lockjaw? Ancora: il jazz stante alla base di di Next Level è tanto pulito quanto le chitarre elettriche di Fastlane appaiono sporche e rippate da una bootleg su cassetta; eppure, dicevo, malgrado tutto questo l'album scorre senza un intoppo e, per giunta, assume una propria personalità di ascolto in ascolto. Decisamente non un lavoro alla portata di tutti, lo ripeto, e vista l'esecuzione -tanto perfetta quanto è audace l'idea- sotto questo aspetto non esito a dargli il massimo dei voti.
Dove invece TMTYL perdè qualcosina è invece sul versante dell'emceeing: non tanto perchè ci siano delle vere e proprie seghe, ma semplicemente perchè alcune prestazioni soffrono di scarso entusiasmo o di tecnica limitata. Gigan, ad esempio, in sè e per sè non sarebbe uno scarso MC ma purtroppo la sua voce è francamente insopportabile, roba al cui confronto Magoo si eleva a vette di raffinato piacere auditivo. Analogamente, Mr. Fantastik sfoggia una verve degna di un condannato a morte, così come una tale Stahhr riesce a personificare perfettamente l'insipidezza e l'impersonalità di tante, troppe, MC al femminile. Fortunatamente, però c'è anche chi come Hassan Chop sa rimediare al proprio tono monotono con delle buone rime ed un'ottima scrittura; più sovente, però, capita che ci sia chi sopperisce alla mancanza di contenuti con una discreta aggressività ed una buona dose di stile: Trunks, per dire, smembra l'ottima Lockjaw e fa scendere una lacrima di dispiacere non appena ci si accorge che questa dura poco più di un minuto (WTF!?!). Rodan invece si conferma come membro più dotato dei Monsta Island Czars e riesce tranquillamente a tenere testa a Doom su No Snakes Alive, così come Lil' Sci suona perfettamente a suo agio sulle eleganti note di Next Level.
Purtroppo, però, nel complesso i risultati degli MC coinvolti non riescono ad essere all'altezza delle necessità imposte da un lavoro al campionatore che definire impeccabile è forse riduttivo. Ciò non di meno, Take Me To Your Leader è sicuramente un disco coi controcoglioni di fronte al quale le critiche che si possono muovere sono poche, e che sia per ragioni di qualità tout court che per quanto riguarda il perfezionamento di un certo sound è più che degno di rientrare tra le massime opere degli anni zero. Acquistare, subito.




King Geedorah - Take Me To Your Leader