martedì 8 gennaio 2008

PHAT KAT - CARTE BLANCHE (Look Rec. 2007)

È dal 10 febbraio 2006 che non si può vivere: quel giorno, infatti, morì James Yancey alias Jay Dee alias J Dilla. Si potrebbe discutere per ore sui suoi meriti artistici, la sua carriera e quanto sia stato sottovalutato mentre era in vita (in tutta onestà, a me ha più o meno asciugato fino al 2002 circa, produzioni su Labcabincalifornia escluse), ma francamente non trovo la cosa più che tanto urgente. Quello che trovo strepitoso -da qui la prima frase del post- è la straripante abbondanza di “coccodrilli” apparsi da quel di' sul 70% dei dischi dei cosiddetti repponi conscious o presunti tali: più o meno tutti si son infatti lanciati in tributi, omaggi vari, soprattutto in inclusioni di interminabili messaggi da lui lasciati sulle segreterie telefoniche di mezza America.
Tuttavia, uno dei pochi ad aver pieno diritto di fare questo a ragion veduta dovrebbe essere Phat Kat -che invece si limita ad una canzone dedicata all'amico- il quale formò col suddetto J Dilla il gruppo “1st Down” nel lontano '95, salvo scomparire dalla scena dopo la pubblicazione di un paio di singoli. Ma mentre Yancey riuscì a proseguire nella sua carriera di produttore ed occasionale MC, di Kat si persero le tracce fino al 2004, anno in cui pubblicò il suo esordio da solista: The Undeniable. Passato piuttosto inosservato sia dal pubblico che dalla critica (comunque non lusinghiera), l'album non era malaccio ma francamente non faceva gridare al miracolo.
Sia detto che nemmeno Carte Blanche è il nuovo Illmatic, ma rispetto al precdente una cosa spicca su tutte: la bontà delle produzioni, affidate al nec plus ultra dei maggiori fautori del sempre meraviglioso suono di Detroit. I beat di J Dilla, Young RJ, Black Milk e Nick Speed costituiscono le fondamenta del disco, con Phat Kat come principale inquilino ed occasionalmente aiutato al microfono da ospiti di stretta cittadinanza detroitiana: Slum Village (sparsi qua e là), Guilty Simpson, Melanie Rutherford e Fat Ray.
Il risultato è la somma delle due parti? No. Phat Kat ha uno stile privo di fronzoli, piuttosto aggressivo, contraddistinto da una metrica classica ed una voce abbastanza bassa (oltrechè purtroppo da un vocabolario non esattamente vasto), e quando questa è supportata dal giusto beat le cose filano che è un piacere: Nasty Ain't It, My Old Label, Cold Steel e Nightmare sono in diversa misura dei pezzi da urlo (¾ prodotti da Dilla, che qui da il suo meglio); al contrario, non appena il beat cala d'intensità, lo spiazzamento è grande -senza contare poi che i racconti delle sue presunte imprese sessuali si collocano tra le cose da überfreak di Big Pun e l'attitudine di Common, non una bella cosa insomma. Fortunatamente, le cadute di stile sono poche e comunque glissabili; con “sole” 14 tracce l'ascolto fila via che è un piacere e si può trovare comunque abbastanza varietà tra un pezzo e l'altro per far sì che Carte Blanche risulti più che longevo. Lungi dall'essere un album perfetto, quindi, ma senz'altro una delle mie scelte dell'anno appena chiusosi.





Phat Kat - Carte Blanche

VIDEO: COLD STEEL (w/ Elzhi)

5 commenti:

Marco ha detto...

Il disco prima era obbiettivamente una semi-merda.
Aspettavo questo con mediocre impazienza in quanto la voce del nostro mi piace parecchio, ma anche in 'sto disco qui, tranne quelle due/tre tracce, il resto non mi sembra di alto livello. O sto diventando un cagacazzo io, o la roba che esce in questi ultimi anni non si avvicina nemmeno un pochino agli anni '90, che purtroppo prendo sempre come termine di paragone.
Phat Kat mi era piaciuto molto nell'album di Dilla "Welcome 2 Detroid"...

reiser ha detto...

Beh francamente di semifiaccate trovo solo Danger (T3, poi, è davvero una schiappa imbarazzante), Lovely e Cash'Em Out; di minchiate invece Vessels. Il resto se la giostra tra l'ottimo -quelle che ho elencato nel post- ed il buono...
Va da sè che non è uno di quei dischi dove ti rompi la testa per carpire ogni metafora e sottile analogia (Phat Kat Ronnie Cash got a John Gotti stash...), e nemmeno il pezzo "a tema", però con quei beat ed il suo stile per me è assai valido. Più di Black Milk, per dire, che pure pare esser tanto piaciuto

Poi, vabbè, a me il suono di detroit me fa 'mpazzì e pure l'ultimo dei Slum Village m'è piaciuto parecchio, quindi non fo testo, però...

Che poi, negli anni '90 urge ricordare che ci siamo sucati capolavori d'imbarazzo come Make It reign di Lord Tariq e Peter Gunz, i Flatlinerz, gli album di Ice T da Home Invasion in poi... insomma, it wasn't all roses and flowers ecco

Marco ha detto...

Beh, ovviamente i gusti son gusti.
Certo non è un album da buttare, ma nemmeno mi piscio addosso.
L'ultimo degli Slum Village piace anche a me parecchio.
Tra gli album fighi di quest'anno, per dire, metterei Jezzy Jeff e Marco Polo.
Ecco, lì se non mi piscio addosso, ci vado abbastanza vicino.

reiser ha detto...

All hail a Marco Polo, veramente fichissimo
Su Jazzy jeff solo gli ospiti mi hanno un po' deluso: a parte J-Live, Meth e BDK gli altri non erano 'sto granché in forma
E comunque Peedi Peedi a lavorare in miniera

Anonimo ha detto...

deetroit in tha building!

lui è discreto... gode appunto del suono di detroit che porta avanti il lavoro, Phat kat fa il passeggiero.


chiaro, no?