Per quanto io sia uno che spesso ha ragione, talvolta mi capita di liquidare con eccessiva frettolosità determinati temi o argomenti, correndo dunque il rischio di perdermi eventuali evoluzioni/miglioramenti degli stessi. Chissà, magari in questo preciso istante potrei avere tra le mani un bellissimo secondo album degli Snowgoons; purtroppo, avendo bollato il primo come noioso, banale, scontato e privo d'originalità credo che correrò il rischio -benchè abbia dei motivi per mettere in dubbio le mie certezze (almeno in linea di principio).
Uno dei motivi è quest'album degli Slum Village. Sapete, fino al novembre del 2005 avevo ritenuto il gruppo di Detroit poco più di un'ottima alternativa al Halcion o simili perchè a me Fantastic faceva e fa schiantare i maroni a cemento, roba che gli album successivi nemmeno m'ero premurato di scaricarli. Senza contare, naturalmente, che come MC non è che fossero un granchè dotati. E invece -nemmeno mi ricordo perchè- in quel mese di tre anni fa decisi di dar loro una chance, trovandomi con mia grande sorpresa di fronte ad un album certamente non perfetto ma che mi piaceva parecchio. Di fronte allo scorrere della musica, dovuto principalmente all'eccellente lavoro svolto dai BR Gunna, qualsiasi sbavatura passava in secondo piano e, per di più, perlomeno a 'sto giro c'era anche qualcuno capace di far danni con un microfono in mano: Elzhi. Certo, successivamente avrei poi scoperto che questo non era il suo esordio come membro degli SV, così come sarei venuto a conoscenza dei precedenti lavori dei BR Gunna, ma questa è un'altra storia... il punto qui è che con sole tredici tracce un gruppo finora da me ritenuto ai limiti della mediocrità mi aveva fatto cambiare posizione di 180°.
Ora, non pretendo che in questo caso tutti siano d'accordo con me: molti di coloro a cui ho caldamente consigliato l'ascolto di Slum Village lo hanno bollato come "bellino" ma poco più, segno evidente di quanto qui siano in gioco determinate atmosfere più che oggettivi meriti tecnici. D'altro canto è anche vero che nessuno ha mai teorizzato una sua bruttezza, e se ciò è avvenuto credo lo si deva in primo luogo a Young RJ e a Black Milk, che si spartiscono gli oneri delle produzioni dell'LP. Contrariamente però a quanto avrebbero dimostrato le differenze tra gli sviluppi delle rispettive carriere, tra i due è indubbiamente RJ a svettare: pur rispettando l'estetica di Detroit in termini di combinazioni tra basso e batteria (che riassumerei in relativa irregolarità, nitidezza di suono, potenza) egli riesce a combinare eccellentemente campioni vocali e melodie estratti principalmente dal soul, oltreché jazz e strumentazione live. L'esempio migliore di ciò è la superba 05, indubbiamente il pezzo migliore tra tutti, che unisce strumenti suonati dal vivo a note sparse di pianoforte e, soprattutto, ad un'impronta jazz che vede il suo culmine nei minuti conclusivi del pezzo, caratterizzati da assoli di sax e batteria assolutamente da urlo che giustificano pienamente la lunga durata della canzone (sei minuti di cui appena due passati a rappare). Ma anche l'iniziale Giant, col bel coro filtrato che va a contrapporsi ad un solido lavoro di programmazione delle batterie, e la più cupa Def Do Us o l'eterea Fantastic possono ben dare un'idea dello stile del Nostro. Dal canto suo sarebbe però ingiustamente relegare Black Milk ad un ruolo di semplice comprimario: in fondo non solo coproduce una svariata selezione di canzoni più che degne (Can I Be Me in primis, certo, ma anche le Dilliane EZ Up e Multiply), ma si dà da fare per far risaltare la sua personalità pià essenzialista -hardcore, se volete- attraverso le ottime Set It e l'ultrafunkettona Hear This. Insomma, l'accoppiata funziona ancor meglio che in precedenza, e per quanto sussista una gradita omogeneità acustica questa non scade nella monotonia grazie al buon lavoro di coppia svolto dai nostri eroi. Ecco, casomai potrei aver da ridire sulla melensa Call Me che, oltre a vedere l'immancabile featuring di Dwele, riprende il celeberrimo campione di Between The Sheets reso immortale da It Was A Good Day di Ice Cube cercando di riutilizzarlo in chiave sentimentale: ecco, appunto, lode per il coraggio ma purtroppo quel campione è "suo" e qualsiasi -inevitabile- paragone vedrà perdere lo sfidante. E di analogo semifallimento si può parlare nel caso di Hell Naw, che pur presentando un'idea interessante (un basso "rotolante" che sostituisce il rullante e che va di pari passo con un giro di chitarra acustica) ritorna un'impressione di incompiutezza e, in ultima analisi, di monotonia.
Monotonia data anche dai nostri cari T3 ed Elzhi, che purtroppo non hanno abbastanza carisma per tirare su un pezzo solo con le liriche e che in presenza di un beat sottotono risaltano negativamente in termini puramente tecnici (T3 a rimare è una mezza pippa) così come contenutistici (tutt'e due). Perchè purtroppo, va detto, la maggioranza dei pezzi ha a che fare con i rapporti col gentil sesso; il che non solo è soggettivamente poco interessante in sè e per sè, ma diventa quasi alienante nel momento in cui la forma risulta spesso povera quanto i contenuti. Al punto tale che scorrendo tra le canzoni ho quasi momenti di euforia ad ascoltare del sano vecchio battle rap (1,2 in particolare risalta, sia grazie al validissimo beat di MoSS che grazie a Elzhi che qui sfodera una tecnica invidiabile) oppure qualcosa che sia comunque esterno alla passera (no, davvero, Def Do Us o Giant sono in tal senso dei toccasana).
Ma per fortuna, come dicevo, in questo Slum Village sono le atmosfere a fare da padrone; lacune stilistiche e monotonia contenutistica passano così in secondo piano, consentendo all'ascoltatore di godersi la musica senza avere crisi di diabete. Sicché, nell'attesa che esca qualcosa di nuovo da parte del duo ma soprattutto che venga pubblicato in via ufficiale The Preface (che anticipo essere un disco della madonna), questo è senz'altro uno dei modi migliori di godersi un po' di suono di Detroit o, molto semplicemente, di passare tre quarti d'ora in compagnia di buona musica.
Slum Village - Slum Village
VIDEO: EZ UP (MOTOR CITY EDIT)
Uno dei motivi è quest'album degli Slum Village. Sapete, fino al novembre del 2005 avevo ritenuto il gruppo di Detroit poco più di un'ottima alternativa al Halcion o simili perchè a me Fantastic faceva e fa schiantare i maroni a cemento, roba che gli album successivi nemmeno m'ero premurato di scaricarli. Senza contare, naturalmente, che come MC non è che fossero un granchè dotati. E invece -nemmeno mi ricordo perchè- in quel mese di tre anni fa decisi di dar loro una chance, trovandomi con mia grande sorpresa di fronte ad un album certamente non perfetto ma che mi piaceva parecchio. Di fronte allo scorrere della musica, dovuto principalmente all'eccellente lavoro svolto dai BR Gunna, qualsiasi sbavatura passava in secondo piano e, per di più, perlomeno a 'sto giro c'era anche qualcuno capace di far danni con un microfono in mano: Elzhi. Certo, successivamente avrei poi scoperto che questo non era il suo esordio come membro degli SV, così come sarei venuto a conoscenza dei precedenti lavori dei BR Gunna, ma questa è un'altra storia... il punto qui è che con sole tredici tracce un gruppo finora da me ritenuto ai limiti della mediocrità mi aveva fatto cambiare posizione di 180°.
Ora, non pretendo che in questo caso tutti siano d'accordo con me: molti di coloro a cui ho caldamente consigliato l'ascolto di Slum Village lo hanno bollato come "bellino" ma poco più, segno evidente di quanto qui siano in gioco determinate atmosfere più che oggettivi meriti tecnici. D'altro canto è anche vero che nessuno ha mai teorizzato una sua bruttezza, e se ciò è avvenuto credo lo si deva in primo luogo a Young RJ e a Black Milk, che si spartiscono gli oneri delle produzioni dell'LP. Contrariamente però a quanto avrebbero dimostrato le differenze tra gli sviluppi delle rispettive carriere, tra i due è indubbiamente RJ a svettare: pur rispettando l'estetica di Detroit in termini di combinazioni tra basso e batteria (che riassumerei in relativa irregolarità, nitidezza di suono, potenza) egli riesce a combinare eccellentemente campioni vocali e melodie estratti principalmente dal soul, oltreché jazz e strumentazione live. L'esempio migliore di ciò è la superba 05, indubbiamente il pezzo migliore tra tutti, che unisce strumenti suonati dal vivo a note sparse di pianoforte e, soprattutto, ad un'impronta jazz che vede il suo culmine nei minuti conclusivi del pezzo, caratterizzati da assoli di sax e batteria assolutamente da urlo che giustificano pienamente la lunga durata della canzone (sei minuti di cui appena due passati a rappare). Ma anche l'iniziale Giant, col bel coro filtrato che va a contrapporsi ad un solido lavoro di programmazione delle batterie, e la più cupa Def Do Us o l'eterea Fantastic possono ben dare un'idea dello stile del Nostro. Dal canto suo sarebbe però ingiustamente relegare Black Milk ad un ruolo di semplice comprimario: in fondo non solo coproduce una svariata selezione di canzoni più che degne (Can I Be Me in primis, certo, ma anche le Dilliane EZ Up e Multiply), ma si dà da fare per far risaltare la sua personalità pià essenzialista -hardcore, se volete- attraverso le ottime Set It e l'ultrafunkettona Hear This. Insomma, l'accoppiata funziona ancor meglio che in precedenza, e per quanto sussista una gradita omogeneità acustica questa non scade nella monotonia grazie al buon lavoro di coppia svolto dai nostri eroi. Ecco, casomai potrei aver da ridire sulla melensa Call Me che, oltre a vedere l'immancabile featuring di Dwele, riprende il celeberrimo campione di Between The Sheets reso immortale da It Was A Good Day di Ice Cube cercando di riutilizzarlo in chiave sentimentale: ecco, appunto, lode per il coraggio ma purtroppo quel campione è "suo" e qualsiasi -inevitabile- paragone vedrà perdere lo sfidante. E di analogo semifallimento si può parlare nel caso di Hell Naw, che pur presentando un'idea interessante (un basso "rotolante" che sostituisce il rullante e che va di pari passo con un giro di chitarra acustica) ritorna un'impressione di incompiutezza e, in ultima analisi, di monotonia.
Monotonia data anche dai nostri cari T3 ed Elzhi, che purtroppo non hanno abbastanza carisma per tirare su un pezzo solo con le liriche e che in presenza di un beat sottotono risaltano negativamente in termini puramente tecnici (T3 a rimare è una mezza pippa) così come contenutistici (tutt'e due). Perchè purtroppo, va detto, la maggioranza dei pezzi ha a che fare con i rapporti col gentil sesso; il che non solo è soggettivamente poco interessante in sè e per sè, ma diventa quasi alienante nel momento in cui la forma risulta spesso povera quanto i contenuti. Al punto tale che scorrendo tra le canzoni ho quasi momenti di euforia ad ascoltare del sano vecchio battle rap (1,2 in particolare risalta, sia grazie al validissimo beat di MoSS che grazie a Elzhi che qui sfodera una tecnica invidiabile) oppure qualcosa che sia comunque esterno alla passera (no, davvero, Def Do Us o Giant sono in tal senso dei toccasana).
Ma per fortuna, come dicevo, in questo Slum Village sono le atmosfere a fare da padrone; lacune stilistiche e monotonia contenutistica passano così in secondo piano, consentendo all'ascoltatore di godersi la musica senza avere crisi di diabete. Sicché, nell'attesa che esca qualcosa di nuovo da parte del duo ma soprattutto che venga pubblicato in via ufficiale The Preface (che anticipo essere un disco della madonna), questo è senz'altro uno dei modi migliori di godersi un po' di suono di Detroit o, molto semplicemente, di passare tre quarti d'ora in compagnia di buona musica.
Slum Village - Slum Village
VIDEO: EZ UP (MOTOR CITY EDIT)
5 commenti:
io manco sapevo esistesse sto video.. e gli slum village li seguo!
comunque essendo appunto le atmosfere a dominare i loro lavori, dovrebbero piacere di piu a chi non mastica molto l'inglese (leggi: gli italiani)
ahahah L'inizio è proprio da Reiser ;)
myzzle
a proposito di Elzhi e detroit:
http://2dopeboyz.com/2008/09/13/jake-one-glow-f-elzhi-royce-da-59/
Dènghiu, mo' scarico -tra l'altro l'album di Jake One dovrebbe uscire tra non molto... salvo imprevisti, l'acquisto è obbligato
Pure quello di Revolution m'ispira
E non sbagli ne' per uno ne' per l'altro. Aggingi pure DJ K.O. e hai la trilogia delle buone compile.
Se invece vuoi suicidarti, c'e' sempre DJ Khaled...
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