lunedì 15 settembre 2008

CAMP LO - UPTOWN SATURDAY NIGHT (Profile, 1997)

Allora, lasciate dunque che vi aggiorni su una cosa di cui TROPPO vi fregherà: ho trovato casa e mi trasferirò lì dal prossimo fine settimana. Date le mille tarantelle che questo comporta (tra le quali il trasporto dei miei dischi) è possibile che nel prossimo periodo gli aggiornamenti saranno più saltuari. In ogni caso non perdete la fiducia.
Detto questo, vorrei indicare un fatto più che positivo: nel periodo recente mi pare proprio che stiano venendo ristampati un sacco di dischi finora irreperibili nei negozi. Solo sabato, per esempio, ho pouto upgradare la mia collezione di svariati titoli finora posseduti solo su cassetta o mp3, tra i quali The Main Ingredient, Hold It Down dei Das EFX, Return Of The Boombap e Uptown Saturday Night. In particolare è quest'ultimo che più mi ha fatto sudare sangue: al tempo dell'uscita decisi di non comprarlo subito, salvo poi pentirmene negli anni successivi arrivando ad elemosinarne l'acquisto di seconda mano da un mio amico che però, pur essendo già allora era passato ad altri generi musicali, per principio si rifiutò sempre di cedermi la sua copia. Va da sè che se per così tanto tempo ho potuto rinunciare alla mia dignità è per un solo, semplice, motivo: l'esordio dei Camp Lo è una ficata.
I più ricorderanno il duo del Bronx per via della hit Luchini e poco più, ma posso garantirvi che Uptown Saturday Night riserva delle sorprese che si spingono ben oltre questa canzone, a partire dal carico d'innovazione che (inconsapevolmente?) si porta dietro: come si può notare infatti già dalla sola copertina -una rielaborazione della cover di I Want You di Marvin Gaye- l'intera opera affonda le proprie radici nel soul degli anni '60 e '70. E se ciò di per sè non fa notizia, è però vero che in molti casi il produttore principale di USN (il delinquentemente dimenticato Ski) ha fatto un lavoro di campionamento che per molti versi precede quel che si sentirà in dosi sempre più massicce a partire circa dal 2003. Egli difatti sovente usa interi loop preservandone la matrice originaria e dunque il sapore settantone, come per esempio nel caso della magnifica Black Connection o di Black Nostaljack. Certo, non siamo ancora nel reame delle vocine pitchate alla Alvin e dunque le differenze d'epoca si sentono, però è inevitabile ascoltare l'LP e sentirsi trasportati indietro nel tempo di 30 anni. Sensazione, questa, in netta contrapposizione però con le metriche e gli stili di Geechi Suede e Sonny Cheeba: assolutamente originali ed ancora capaci di lasciare l'ascoltatore a bocca aperta.
Questo avviene già alla prima traccia, Krystal Karrington, dove i due cavalcano magistralmente un beat inusualmente ruvido per i loro standard e che ben si pone come contraltare ai loro flow rilassati. La batteria e la singola nota di piano sono incessanti e vengono sottolineati da un costante fruscio di maracas, e solo l'occasionale entrata in gioco di un campione di fiati dal taglio epicheggiante ne spezza la continuità; dal canto loro, i due presentano immediatamente il loro personalissimo stile, che si contraddistingue innanzitutto per l'uso massiccio di slang e la scrittura a mo' di flusso di coscienza. In tutta onestà devo dire che questo fa sì che la maggior parte dei testi sia pressochè incomprensibile: solo in alcuni casi si riesce ad intuire vagamente i contenuti propostici, ma considerando quanto suoni bene l'insieme si tratta di un difetto facilmente relegabile in secondo piano. E dopotutto, non è che si discostino un granché dai soliti cliché dell'essere fichissimi, pieni di dané e brögna: solo che lo fanno in un modo tale per cui la forma diventa contenuto, per la maggior gioia di McLuhan e dell'ascoltatore. Difatti, ascoltare Luchini è un piacere non solo per -scontato- lo storico beat, ma anche perchè i due si scambiano il microfono con una naturalezza tale da fargli meritare il titolo di una delle coppie meglio combinate della storia del rap. Poi hai voglia a dire che Geechi Suede è più bravo di Cheeba... non è importante.
Non lo è perchè nel momento in cui viene spontaneo prestare maggiore attenzione alla musicalità di un tale flow che non alle effettive rime (spesso accantonate in favore di assonanze) significa che si antepone lo stile (in senso lato) alla pura tecnica, e va benissimo così. D'altronde, se così non fosse sarebbe altamente probabile che l'altrimenti immensa Black Connection (pezzo preferito del disco) ne risulterebbe danneggiata; considerando infatti la forte melodicità del tutto (una rielaborazione della strumentale di Love Is The Answer degli Stylistics) la cosa che meglio vi si può abbinare è un equivalente vocale, e difatti i Camp Lo vi scivolano sopra impeccabilmente. Lo stesso dicasi per l'ottima Sparkle, Black Nostaljack (chapeau per il lavoro svolto con il tecnicamente abusato Nautilus di Bob James), Say Word, Coolie High e Killin 'Em Softly. Escludo dalla lista Negro League non tanto per colpa loro -anzi, Sonny Cheeba qui regala una prima strofa da pelle d'oca- quanto per la presenza di due weed carriers di cui uno è dotato di una voce spiacevole quanto lo stridio del coltello sul piatto (no, davvero, agghiacciante) o l'estrazione di un'unghia senza anestesia.
Insomma, giunti a questo punto parrebbe tutto rose e fiori... e invece no. Vedete, sono due i problemi che affliggono Uptown Saturday Night. il primo, volendo anche banale, è che la maggior parte dei pezzi migliori sono concentrati nella prima parte del disco. Il secondo è che quei pezzi che meritano sono davvero da dieci e lode; e dunque è inevitabile che quelli invece meno riusciti (Swing, Park Joint, Nicky Barnes e l'unica oggettivamente fiacca Rockin' It) appaiano come loffi. E' solo un'impressione, certo, eppure a questa non si sfugge. Voglio dire, B-Side To Hollywood farebbe la gioia di molti artisti oggi presenti sul mercato, eppure dopo aver sentito una Krystal Karrington o una Sparkle ti fa pensare "niente de che". Ingiusto quanto vuoi, ma capita.
Tolte queste imperfezioni, le uniche cose che mi vengono in mente sono domande. Per esempio, come mai Ski non se lo fili più nessuno. Voglio dire, dopo le belle cose prodotte per Jay-Z e quest'ottimo Uptown Saturday Night (suo vero biglietto da visita) cosa doveva fare? Sconfiggere la fame nel mondo? Oppure, ancora, com'è che chi è stato capace di mettere insieme un simile disco abbia poi ampiamente deluso con quelli successivi? E perchè USN non viene mai tirato fuori nelle discussioni da Amarcord del tipo "si stava meglio quando si stava peggio"? Misteri. Comunque sia, dategli un ascolto e, soprattutto, compratevelo originale ché il lavoro di mixaggio è ottimo e, garantisco, la differenza tra mp3 e originale si sente.





Camp Lo - Uptown Saturday Night

VIDEO: LUCHINI

8 commenti:

MAK ha detto...

Ottima recensione, come sempre assolutamente condivisbile.
Del resto abbiamo gusti molto simili e più o meno la stessa età. Io però non feci l'errore di lasciarmi scappare questo disco all'epoca e me ne sono vantato in tutti questi anni... è senza dubbio uno dei miei preferiti.
Piuttosto mi chiedo perchè i lavori successivi del duo fanno ampiamente cacare... cioè, lasciando stare i beats che ovviamente non sono ai livelli dei vecchi come nel 90% dei dischi rap, quello che mi ha completamente spiazzato sono proprio Geechi e Cheeba. Dov'è finito il loro flow travolgente e la musicalità che ci avevano dato? Ancora non mi spiego le cause di una tale debacle, conclusa (per il momento) con il pessimo Black Hollywood.

Marco ha detto...

Uno dei miei dischi preferiti.
Ricordo di averlo cercato in vinile...niente da fare.
Che pacco.

Anonimo ha detto...

Comunque sia, dategli un ascolto e, soprattutto, compratevelo originale ché il lavoro di mixaggio è ottimo e, garantisco, la differenza tra mp3 e originale si sente.
....appunto,come fai se il vinile non ce l'hai?

reiser ha detto...

Lo sapevo. Lo. Sa. Pe. Vo.
BAM: VINILE.
Devo stare attento a scrivere certe cose quando un otaku del vinile si aggira nei pressi...

In fondo è come se scrivessi di lasciar stare la scansione e cercare la stampa professionale; GARANTITO ci sarebbe qualcuno che verrebbe a dirmi "Eh bello mio, ma tu... ce l'hai il dagherrotipo?"

A_G ha detto...

ahahaha

maledetto crucco, e' da quando hai postato che non faccio altro che canticchiare: luchini pouring from the sky!

Antonio ha detto...

sai chi e' che si fila Ski, invece? Ras Kass, pensa un po'. Eyes don't Lie e' proprio prodotta (ottimamamente) proprio da mr. Ski Beatz... E' proprio vero che il mondo e' strano.

P.S.: a me come rappers i due hanno sempre fatto cagare. Lo so, non devo dirlo a casa di Mr. 1995, ma e' cosi'.

reiser ha detto...

Vabeh ma a te piace Thirstin Howl The IIIrd
In ogni caso, considerando che è Ras Kass a filarselo (ripeto: bow down di fronte alla tua infinita voglia di continuare a seguirlo) se io fossi in Ski mi gratterei i coglioni. Ras è l'equivalente di Agallah, cioè è bravo ma ovunque metta mano lui le carriere finiscono in tragedia

Antonio ha detto...

Ras è l'equivalente di Agallah, cioè è bravo ma ovunque metta mano lui le carriere finiscono in tragedia
Vero, ma non e' che Ski e i Camp Lo stiano spaccando il mondo... Ti devono pagare le mazzette per farsi recensire il disco, pensa a che livello sono arrivati. Ancora un po' e si devono fare raccomandare da Smoothe The Hustler come portieri d'albergo.