lunedì 9 novembre 2009

PUMPKINHEAD - ORANGE MOON OVER BROOKLYN (Soulspazm, 2005)

Devo ancora sgranchirmi le dita visto il periodo passato a far tutto fuorché scrivere recensioni, perciò preferisco rendermi la vita facile optando per un disco che conosco molto bene pur essendone entrato fisicamente in possesso solo settimana scorsa, e cioè l'LP d'esordio di Pumpkinhead.
Originario di Brooklyn e membro della Brooklyn Academy, Robert Diaz rappresenta appieno quella che reputo essere la giusta fusione tra liricismo, contenuti e carisma; come già scritto per la recensione di Sean Price, il suo maggior merito consiste nel saper riproporre i motivi d'interesse di un rapper di metà anni '90 pur suonando fresco. E questa freschezza viene ulteriormente amplificata da Marco Polo, produttore canadese trapiantato a New York che abbiamo imparato ad apprezzare soprattutto negli ultimi 2-3 anni, che qua produce quattordici tracce delle quindici che compongono OMOB mostrando sì minor versatilità che non nelle opere successive, ma che comunque riesce a fornire il più delle volte l'adeguato tappeto sonoro per il Nostro.
L'album -lo dico immediatamente- dopo un mio iniziale disinteresse al momento dell'uscita è entrato a far parte della mia lista di album che riascolto sempre volentieri, e questo perchè nell'oretta scarsa di durata si torna a respirare l'ampiezza dell'hip hop più terra-terra. Quello, per intenderci, completamente privo di fronzoli e, in ultima analisi, quello che si dimostra capace di resistere alle sabbie del tempo semplicemente perchè riesce ad intrattenere come dio comanda, senza insultare né l'intelligenza, né l'orecchio dell'ascoltatore. Beat in 4/4, campioni orecchiabili ma non melensi, batterie che picchiano ed un MC che si dimostra più che competente lasciando spazio anche ad aspetti più personali: questo è il minimo sindacale che deve possedere un disco per piacermi e, fortunatamente, Orange Moon Over Brooklyn non difetta di nessuno di questi aspetti.
Esempio: l'autocelebrazione c'è, ma è quasi sempre collegata all'amore ed al rispetto che Diaz nutre nei confronti dell'hip hop: la sua è una passione prima che un lavoro -lo dice chiaramente- e questo si nota sia in maniera evidente (l'ottima Rock On), sia in modo più velato (I Just Wanna Rhyme o Authentic, tanto per dirne due a caso). Ergo, fondamentalmente c'è poco predicare e molto razzolare; anzichè lamentarsi dello stato del rap egli dà questo per scontato e reputa di esserne una (la?) soluzione, e questo mediante una raffica di rime, metafore e punchline capaci sovente di sfociare in contenuti più chiaramente delineati. Grenades, per esempio, è senz'altro il brano più politicamente impegnato, in cui Diaz sostanzialmente sfancula Bush (padre e figlio) dicendo che la loro sete di guerra e l'imperialismo americano tout court possono passarseli su per il culo; Anthem For The End Of The World è invece una versione sonora di un qualche film apocalittico (a proposito: 2012 di Emmerich io lo andrò a vedere -insultatemi pure), e per quanto ciò possa sembrare fuori posto in un album simile, alla fine l'atmosfera è resa così bene che inspiegabilmente la canzone non solo risulta bella ma anche una delle migliori dell'insieme. Per converso, Rock On e Jukebox sono i due pezzi più dichiaratamente legati all'hip hop: e se nel primo Pumpkinhead spiega sostanzialmente perchè continui a fare hip hop malgrado le varie difficoltà (che possono e devono essere superate, come puntualizza nella successiva Anything), nel secondo si limita a legare i titoli delle sue canzoni preferite in rime: un giochino che tutti conosciamo e forse anche un po' infantile, ma che qui diviene divertente perchè ci si può sbizzarrire a riconoscere tutti i riferimenti (e il ragazzo ha buon gusto).
Poi, certo, qualche momento di fiacca magari c'è anche: dove per esempio Alkaline 'N' Acid, Authentic, Emcee o Trifactor girano benissimo, altre canzoni zoppicano: soprattutto Swordfish e Monkey Shine, che a fronte di una ripetitività concettuale ("Sono figo!") purtroppo non godono dei beat migliori, cosa che invece le tracce sopracitate hanno. Ma dal mio punto di vista questi sono difetti relativi, che possono pesare nel giudizio finale ma che in fondo, ai fini dell'ascolto puro e semplice, arrecano danni minimi.
Marco Polo infatti ha qui dato una prima esibizione del suo talento, e per quanto negli anni egli sia notevolmente migliorato, il materiale che si può sentire qui è comunque davvero notevole. Di Marco bruno apprezzo innanzitutto l'orecchio per i campioni: lungi dal suonare triti e ritriti, essi oltre ad essere quindi originali sono mediamente dotati di un'ottima -ed essenziale- melodia. Authentic potrebbe esserne l'esempio migliore, con quella semplice scala di xilofono che ti entra in testa come se nulla fosse (grazie anche ad un ritornello magnifico di D.V. Alias Khrist), ma anche il bel loop tratto dalla colonna sonora di 007 Si Vive Solo Due Volte fa la sua porca figura -senza contare poi il fatto che finalmente posso sentire quella melodia facendo a meno di Robbie Williams. Ma non è tutto: Rock On ha un'atmosfera azzeccatissima per il tipo di canzone, e la sua semplicità è la chiave di successo dell'intera canzone; così come il bel campione di piano di Anything e le batterie di Emcee forniscono gli strumenti più adeguati a Diaz per potersi esprimere, contrapponendosi oltretutto in maniera armoniosa al suo stile ed alla sua cadenza piuttosto aggressivi (senza parlare poi della voce baritonale)
Conclusione? Gallina vecchia fa buon brodo; nel senso però che ad essere vecchio è l'approccio, che è da purista ma con ben fissa in testa la giusta convinzione che il primo dovere di un MC è quello di intrattenere. Lo stesso dicasi per Marco Polo, ottima spalla di Pumpkinhead, e che analogamente sa benissimo che prima di ogni altra cosa il beat deve accompagnare l'MC e come seconda avere un qualche tipo di melodia. Aggiungiamo poi una forte personalità del prodotto, grazie principalmente all'autore e ai numerosi riferimenti diretti o indiretti alla sua vita e al suo carattere, ed ecco spiegata la longevità di Orange Moon Over Brooklyn e la sua giusta collocazione tra le migliori uscite del 2005.





Pumpkinhead - Orange Moon Over Brooklyn

1 commento:

Anonimo ha detto...

Per la verità l'LP di esordio era "Old Testament" (2001 mi pare), seguito poi da un EP. In effetti però sono stati inculati ambedue ben poco...
Giudizio assolutamente condivisibile comunque.

BRA
www.rapmaniacz.com