Per quanto se ne fosse già parlato altrove, questo è uno di quei dischi per i quali già so che tra cinque anni molti si stracceranno le vesti al solo pensiero di non averlo comprato prima che andasse fuori stampa (precedenti illustri: Organized Konfusion, Real Live, Diamond D), per cui ribadirne la bontà una volta ancora mi pare quanto meno doveroso. Non mi dilungherò quindi sulla sua biografia, della quale già è stato detto molto (e in fondo, checcefrega), preferendo descrivere il disco nel dettaglio.
Esso si apre con un campione vocale preso paro paro da The Warnings di David Axelrod ("In the beginning there was light..."), che prosegue poi nel primo vero pezzo del'album. Nourishment, questo il titolo, si basa su un brevissimo ma efficace loop di vibrafono, sul quale Sha ci da un primo assaggio di quanto si sia evoluto stilisticamente rispetto alle sue prime apparizioni più o meno celebri d'inizio millennio- Jedi Mind Tricks (Contras) e Tragedy Khadafi (Sidewalk Confessions). Oltre ad un evidente miglioramento nelle rime, dopotutto abbastanza scontato, quel che sorprende è come sia riuscito ad impostare la sua voce e l'uso degli adlib: la prima resta nasale ma il timbro s'è abbassato quel tanto che basta a renderla più gradevole, mentre l'uso di raddoppi à la Young Jeezy -ma meno da baraccone, più seri- da il colpo finale alla eventuale monotonia che invece sarebbe stato lecito aspettarsi riascoltando le sue vecchie prestazioni. In più, Sha riesce ad equilibrare molto bene questo stile, cosicchè sulla successiva Air, in cui la batteria svolge un ruolo marginale ed il giro di piano è melodico, il Nostro si "rilassa" un po' al fine di mettersi alla pari con l'atmosfera della canzone.
Contenutisticamente, Sha ricorda Tragedy Khadafi o, più in generale, chi si rifa alla "righteous ignorance" -i già recensiti Killarmy possono servire da esempio. In soldoni, egli ci tiene molto a ricordarci che per quanto Allah sia un dio fico al quale lui crede, questo non basta a proibirgli di bere l'Hennessy e di prendere a cinghiate in faccia chi gli pare e quando gli pare. Ma per fortuna questa attitudine, per me comunque sempre fonte di gustoso intrattenimento, va a scemare un po' nelle occasionali tracce in cui Calliope va ad ispirarlo: A Thing Called Love e Tune Of Life sono gli unici pezzi dove il tenore delle liriche si fa più leggero e si perde un po' l'impressione di avere a che fare con un tizio a cui per qualche stravagante motivo girano le palle 24/7. Calcolando però che sono due su sedici, uno può comunque intuire che lui non dev'essere un allegro guascone col quale passare una serata a giocare a scopone.
Passando ora ai beat posso garantire che, salvo pochissime cadute di stile -comunque non gravi- la selezione è di altissimo livello. Un suono profondamente nuiorchese, molto ben equilibrato nell'attingimento di campioni trasudanti soul, nel buttare llì qualche roba più legata al funk e, ovviamente, nel riesumare il suono del Queensbridge ultimamente a digiuno di notorietà. Chapeau in particolare a Come On (Large Professor), Air (Big Grudge, sconosciuto e bravo) e One Hand Wash The Other (J-Love), la quale peraltro si avvale di un'ospitata di Tragedy e Trife Da God. E a proposito di ospitate: siamo a livelli ragionevoli ed attestati su buone prestazioni; oltre a quelli già citati, troviamo Large Professor, Havoc, Born Unique, Ill Bill, gli ACD e la no-name-r&b-bitch di turno, Dressa (l'unica che francamente poteva anche starsene a casa).
In conclusione, un disco la cui bellezza è inversamente proporzionale a quella di Killa Sha, cosa che si traduce in un quattro zainetti abbondanti. Nota bene: io avevo comprato il disco a dicembre, ma per caso da Vibra sono arrivate due copie. Una è ancora lì, per cui vedete un po' voi...
Killa Sha - God Walk On Water
Esso si apre con un campione vocale preso paro paro da The Warnings di David Axelrod ("In the beginning there was light..."), che prosegue poi nel primo vero pezzo del'album. Nourishment, questo il titolo, si basa su un brevissimo ma efficace loop di vibrafono, sul quale Sha ci da un primo assaggio di quanto si sia evoluto stilisticamente rispetto alle sue prime apparizioni più o meno celebri d'inizio millennio- Jedi Mind Tricks (Contras) e Tragedy Khadafi (Sidewalk Confessions). Oltre ad un evidente miglioramento nelle rime, dopotutto abbastanza scontato, quel che sorprende è come sia riuscito ad impostare la sua voce e l'uso degli adlib: la prima resta nasale ma il timbro s'è abbassato quel tanto che basta a renderla più gradevole, mentre l'uso di raddoppi à la Young Jeezy -ma meno da baraccone, più seri- da il colpo finale alla eventuale monotonia che invece sarebbe stato lecito aspettarsi riascoltando le sue vecchie prestazioni. In più, Sha riesce ad equilibrare molto bene questo stile, cosicchè sulla successiva Air, in cui la batteria svolge un ruolo marginale ed il giro di piano è melodico, il Nostro si "rilassa" un po' al fine di mettersi alla pari con l'atmosfera della canzone.
Contenutisticamente, Sha ricorda Tragedy Khadafi o, più in generale, chi si rifa alla "righteous ignorance" -i già recensiti Killarmy possono servire da esempio. In soldoni, egli ci tiene molto a ricordarci che per quanto Allah sia un dio fico al quale lui crede, questo non basta a proibirgli di bere l'Hennessy e di prendere a cinghiate in faccia chi gli pare e quando gli pare. Ma per fortuna questa attitudine, per me comunque sempre fonte di gustoso intrattenimento, va a scemare un po' nelle occasionali tracce in cui Calliope va ad ispirarlo: A Thing Called Love e Tune Of Life sono gli unici pezzi dove il tenore delle liriche si fa più leggero e si perde un po' l'impressione di avere a che fare con un tizio a cui per qualche stravagante motivo girano le palle 24/7. Calcolando però che sono due su sedici, uno può comunque intuire che lui non dev'essere un allegro guascone col quale passare una serata a giocare a scopone.
Passando ora ai beat posso garantire che, salvo pochissime cadute di stile -comunque non gravi- la selezione è di altissimo livello. Un suono profondamente nuiorchese, molto ben equilibrato nell'attingimento di campioni trasudanti soul, nel buttare llì qualche roba più legata al funk e, ovviamente, nel riesumare il suono del Queensbridge ultimamente a digiuno di notorietà. Chapeau in particolare a Come On (Large Professor), Air (Big Grudge, sconosciuto e bravo) e One Hand Wash The Other (J-Love), la quale peraltro si avvale di un'ospitata di Tragedy e Trife Da God. E a proposito di ospitate: siamo a livelli ragionevoli ed attestati su buone prestazioni; oltre a quelli già citati, troviamo Large Professor, Havoc, Born Unique, Ill Bill, gli ACD e la no-name-r&b-bitch di turno, Dressa (l'unica che francamente poteva anche starsene a casa).
In conclusione, un disco la cui bellezza è inversamente proporzionale a quella di Killa Sha, cosa che si traduce in un quattro zainetti abbondanti. Nota bene: io avevo comprato il disco a dicembre, ma per caso da Vibra sono arrivate due copie. Una è ancora lì, per cui vedete un po' voi...
Killa Sha - God Walk On Water
3 commenti:
Questo mi mancava.
Chissà quanti disconi mi sono sfuggiti senza che nemmeno lo sapessi...e qui mi entri in gioco tu!
Poi non ne conosco il motivo, ma tendo a non dare peso ad artisti nel cui nome compaia la parola "killa"...
...sarà qualche retaggio mio strano...
Buona domenica.
IO amo questo disco e hai azzeccato i 4 zainetti o marsupi ke siano di votazione.bravooooo!!
Rafaelzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz!!notte.
18 gennaio 2010...Killa Sha r.i.p.
Royalceca
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