"Industry rule #4080: record company people are shaaady, baby!": questo è il primo sorridente pensiero che uno potrebbe fare guardando la tracklist di questo "solista" di Hostyle, oriundo del Queensbridge e già membro prominente degli Screwball. Il motivo è semplice: nel 60% delle tracce si può assistere ad un riciclo -parziale o completo- di canzoni e strofe apparse in precedenza in album degli Screwball, oscuri 12" (Beat 'Em In The Head è del '97) ed ospitate su pezzi altrui. E quanto al restante 40% credo che sia composto in larga parte da rimasugli di sessioni di registrazione precedenti, e solo una microscopica quantità di beat e rime mi pare pensata ad hoc per essere quantomeno dei singoli.
Si può dunque parlare dell''ennesima irrispettosa vampirizzazione del repertorio di un artista dopo che questi ha lasciato l'etichetta? Forse si può vedere così, ma se andate a leggere questa intervista vi potrete rendere conto di quanto le cose siano un po' meno losche del solito, perlomeno per quel che riguarda il ruolo giocato dalla Hydra. Inoltre va detto che Jerry Famolari -A&R e produttore esecutivo del disco nonché presidente della Hydra- contrariamente a molti suoi colleghi (Puff Daddy?) ha comunque saputo operare una selezione ragionevole che in fin dei conti non brucia la reputazione del diretto interessato, riuscendo anzi a dare una panormaica abbastanza completa del MC in questione.
Oddio, in realtà non che fare ciò sia poi così difficile: Hostyle è il solito bburino del QB che si mangia le unghie dei piedi e piscia nel lavandino, e le sue rime riflettono per filo e per segno questo modus vivendi; ciò che lo rende particolare è l'avere uno stile ed una voce immediatamente riconoscibili che, combinati con una tecnica piacevolmente rozza, lo rendono un ascolto senz'altro interessante. In effetti, se ciò di cui parli sono sparatorie, risse, droga alcol e puttane allora le uniche cose che possono elevarti sopra alla miriade di cloni sono stile, personalità e -volendo- credibilità (e a uno che ha perso un occhio per via di una fucilata cosa gli vuoi dire?).
E di certo avere uno come Godfather Don che ti produce il 90% del disco (Ayatollah, Emile, Mike Heron e A Kid Called Roots sono gli altri) ti aiuta non poco. Tuttavia mi spiace notare come il sound del Don più classico sia presente solo in due terzi delle sue produzioni; alcuni beat tendono all'uptempo/tamarro e dell'evocatività tipica del suo suono non hanno nulla e sono bruttozzi tout court (How That Is, This Ain't No Game), mentre altri sono anche carini (N.O.W., Love And Hate, Clap Your Hands) ma in tutta franchezza non hanno un granché di speciale. Per fortuna, però, ci sono autentiche manate che non mancheranno di soddisfare ampiamente i fan degli Screwball così come gli aficionados del hardcore nuoirchese: You Know The Name è senz'altro il pezzo migliore dell'intero assortimento, e la combinazione tra archi, giro di chitarra funk e ritornello scratchato fornisce una base più che solida per le lirche di Hostyle. Be Careful What You Wish For è Godfather Don al 100%, nel senso che i suoni campionati sono stati effettati al punto tale da renderne difficile l'identificazione, e ciò nonostante non sanno di plastica come pure spesso avviene in casi analoghi; Somethings Gotta Give, Street Life e Guilty saranno pure già sentite ma continuano a funzionare più che egregiamente, mentre Nitroglycerin e Love And Hate segnano un accenno di svolta stilistica nel repertorio di Godfather Don piuttosto interessante. Il resto delle tracce -incluse quindi le opere di Ayatollah, Mike Heron e compagnia bella- sono un ottimo contorno che, pur non aggiungendo nulla di significativo ai piatti principali, li complementano perfettamente e rendono One Eyed Maniac degno di essere ascoltato senza eccedere in skippate.
Liricamente, come già accennato, l'unico elemento di originalità è lo stile di Hostyle: pur non essendo certo un Pharoahe Monch, egli gioca abbastanza con entrate e uscite decidendo se e quando andare fuori battuta; l'estendere e l'enfatizzare la pronuncia di certe sillabe lo aiuta in ciò, e contrariamente a quanto qualcuno possa pensare questo non è un trucchetto da du' lire per compensare eventuali incapacità (sapete, Kanye West...) bensì una sorta di alternativa ai tradizionali adlib. Ciò detto, è palese che se uno non gradisce il tamarrume più profondo è inevitabile che detesterà dalla prima all'ultima traccia di questo LP, visto che il Nostro è del tutto privo di sbocchi "maturi" à la Cormega o Tragedy Khadafi (e se pensiamo che l'ospite più chic è R.A. the Rugged Man penso che non vi sia bisogno di aggiungere altro), ma gli altri troveranno sicuramente diverse chicche da giustificare più ascolti in loop.
Che dire, dunque? Inizialmente deluso da quest'album -tanto che non lo comprai nemmeno per puro collezionismo- ebbi poi una seconda chance di ascoltarlo dopo averlo comprato di seconda mano, e alla seconda volta l'impressione fu più favorevole. Via via che son passati gli anni ho poi imparato a gustarmelo fino in fondo e, per quanto sia un progetto creato a fusione fredda e per quanto non sia nulla per cui valga la pena di strapparsi i capelli, io tre zainetti glieli do tranquillamente.
Hostyle - One Eyed Maniac
Si può dunque parlare dell''ennesima irrispettosa vampirizzazione del repertorio di un artista dopo che questi ha lasciato l'etichetta? Forse si può vedere così, ma se andate a leggere questa intervista vi potrete rendere conto di quanto le cose siano un po' meno losche del solito, perlomeno per quel che riguarda il ruolo giocato dalla Hydra. Inoltre va detto che Jerry Famolari -A&R e produttore esecutivo del disco nonché presidente della Hydra- contrariamente a molti suoi colleghi (Puff Daddy?) ha comunque saputo operare una selezione ragionevole che in fin dei conti non brucia la reputazione del diretto interessato, riuscendo anzi a dare una panormaica abbastanza completa del MC in questione.
Oddio, in realtà non che fare ciò sia poi così difficile: Hostyle è il solito bburino del QB che si mangia le unghie dei piedi e piscia nel lavandino, e le sue rime riflettono per filo e per segno questo modus vivendi; ciò che lo rende particolare è l'avere uno stile ed una voce immediatamente riconoscibili che, combinati con una tecnica piacevolmente rozza, lo rendono un ascolto senz'altro interessante. In effetti, se ciò di cui parli sono sparatorie, risse, droga alcol e puttane allora le uniche cose che possono elevarti sopra alla miriade di cloni sono stile, personalità e -volendo- credibilità (e a uno che ha perso un occhio per via di una fucilata cosa gli vuoi dire?).
E di certo avere uno come Godfather Don che ti produce il 90% del disco (Ayatollah, Emile, Mike Heron e A Kid Called Roots sono gli altri) ti aiuta non poco. Tuttavia mi spiace notare come il sound del Don più classico sia presente solo in due terzi delle sue produzioni; alcuni beat tendono all'uptempo/tamarro e dell'evocatività tipica del suo suono non hanno nulla e sono bruttozzi tout court (How That Is, This Ain't No Game), mentre altri sono anche carini (N.O.W., Love And Hate, Clap Your Hands) ma in tutta franchezza non hanno un granché di speciale. Per fortuna, però, ci sono autentiche manate che non mancheranno di soddisfare ampiamente i fan degli Screwball così come gli aficionados del hardcore nuoirchese: You Know The Name è senz'altro il pezzo migliore dell'intero assortimento, e la combinazione tra archi, giro di chitarra funk e ritornello scratchato fornisce una base più che solida per le lirche di Hostyle. Be Careful What You Wish For è Godfather Don al 100%, nel senso che i suoni campionati sono stati effettati al punto tale da renderne difficile l'identificazione, e ciò nonostante non sanno di plastica come pure spesso avviene in casi analoghi; Somethings Gotta Give, Street Life e Guilty saranno pure già sentite ma continuano a funzionare più che egregiamente, mentre Nitroglycerin e Love And Hate segnano un accenno di svolta stilistica nel repertorio di Godfather Don piuttosto interessante. Il resto delle tracce -incluse quindi le opere di Ayatollah, Mike Heron e compagnia bella- sono un ottimo contorno che, pur non aggiungendo nulla di significativo ai piatti principali, li complementano perfettamente e rendono One Eyed Maniac degno di essere ascoltato senza eccedere in skippate.
Liricamente, come già accennato, l'unico elemento di originalità è lo stile di Hostyle: pur non essendo certo un Pharoahe Monch, egli gioca abbastanza con entrate e uscite decidendo se e quando andare fuori battuta; l'estendere e l'enfatizzare la pronuncia di certe sillabe lo aiuta in ciò, e contrariamente a quanto qualcuno possa pensare questo non è un trucchetto da du' lire per compensare eventuali incapacità (sapete, Kanye West...) bensì una sorta di alternativa ai tradizionali adlib. Ciò detto, è palese che se uno non gradisce il tamarrume più profondo è inevitabile che detesterà dalla prima all'ultima traccia di questo LP, visto che il Nostro è del tutto privo di sbocchi "maturi" à la Cormega o Tragedy Khadafi (e se pensiamo che l'ospite più chic è R.A. the Rugged Man penso che non vi sia bisogno di aggiungere altro), ma gli altri troveranno sicuramente diverse chicche da giustificare più ascolti in loop.
Che dire, dunque? Inizialmente deluso da quest'album -tanto che non lo comprai nemmeno per puro collezionismo- ebbi poi una seconda chance di ascoltarlo dopo averlo comprato di seconda mano, e alla seconda volta l'impressione fu più favorevole. Via via che son passati gli anni ho poi imparato a gustarmelo fino in fondo e, per quanto sia un progetto creato a fusione fredda e per quanto non sia nulla per cui valga la pena di strapparsi i capelli, io tre zainetti glieli do tranquillamente.
Hostyle - One Eyed Maniac
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