giovedì 18 febbraio 2010

MYKILL MIERS - THE SECOND COMING (Ill Boogie/ Groove Attack, 2001)

Ogni tanto mi capita di passare in rassegna gli zip da me caricati sul blog nell'ultimo periodo e, sovente, mi balza all'occhio che ad essere scaricati sono i dischi già famosi, mentre quelli più sottotono a stento raggiungono i dieci download. Se questo da un lato è ovviamente più che logico, specialmente perchè molte delle visite provengono dall'esterno dei patri confini, dall'altro un po' mi spiace perchè alla fine uno dei motivi per i quali ho aperto il blog è non solo di condividere la mia collezione di dischi, ma anche di evidenziare quelle che personalmente reputo essere delle chicche ingiustamente sottovalutate anche e soprattutto dagli aficionados del genere.
Ebbene, tra questi figli di un dio minore devo inserire praticamente tutti i prodotti usciti per la Ill Boogie Records. La microetichetta del californiano M-Boogie ha difatti avuto una vita assai breve caratterizzata però da delle pubblicazioni forse un po' impersonali -a partire dalla tipologia del sound, oggettivamente una scopiazzatura a cavallo tra Premier e Showbiz- ma certamente di buona qualità. E se in passato vi ho già parlato della compila di M-Boogie stesso e in futuro scriverò senz'altro del'autentico gioiellino che è Big Bang Boogie di Akbar, ora è il momento di dire quattro parole sul secondo album del Carneade Mykill Miers.
Comincio da The Second Coming non tanto perchè il suo esordio sia brutto o che -al contrario, è mediamente pregevole- bensì perchè alla fine questo è il disco che la D.I.T.C. post-98 avrebbe dovuto fare. Mi spiego meglio: è il disco su cui sarebbe stato più logico sentire rappare A.G., O.C. o Big L invece che il reale autore; purtroppo, invece, alla fine i solisti dei suddetti usciti tra il 1999 ed il 2001 sono stati per me tutti piuttosto deludenti (Bon Appetit è una schifezza tout court, ma vabbè) principlamente perchè i beat si discostavano molto da quel hardcore ultraminimalista che si poteva invece sentire in Flip Shit oppure Time To Get This Money. Un suono così ruvido da risultare al contempo inascoltabile al profano ed orgasmico all'accolito, un suono che per me è stato espressione di un modo d'intendere la musica oltre che di rappresentare un dato periodo. Ebbene, se siete come me dei fanboy di campioni brevissimi sminuzzati a dovere, batterie capaci di sfondare i timpani e bassi in stile tortura a Guantanamo, non guardate oltre: The Second Coming è ciò che fa per voi.
I produttori, principalmente Diverse ("noto" recentemente per aver prodotto due basi in Caltroit) e DJ Revolution, con un M-Boogie curiosamente relegato ad un unico beat, si danno infatti da fare per confezionare quindici strumentali che non concedono assolutamente nulla all'easy listening e che anzi mettono a dura prova anche il parco fan dell'hip hop. I campioni di piano o di tromba sono praticamente sempre utilizzati come singole note in concomitanza col basso, anch'esso utilizzato più come elemento delle percussioni che non come accompagnamento, oppure al massimo risultano dotati di melodie che paiono tratte direttamente da qualche colonna sonora di horror degli anni '70 (cfr. ad esempio Dowhatyougottado), risultando così spesso alienanti oltreché minimalisti. Difficile se non impossibile, quindi, riconoscerli: fanno eccezione quello adoperato per Raw Shit, che mi pare essere Gene Chandler, Gone Too Far che invece riprende A Few More Kisses To Go di Isaac Hayes, e infine U Know The Name, in cui riappare il sax già sentito in 4Give My Sins dei Group Home. Per il resto, come dicevo, il taglia&cuci operato da Diverse e Rev è materiale solo per digger di prim'ordine anche in quei pochissimi casi dove di fatto una melodia c'è, come ad esempio il bel loop di flauto di Die From This, che rimanda forse a Q&A di Show & AG/ Lifetime di Marco Polo & Torae, ma sul quale risulta difficile pronunciarsi a meno che non si conosca esattamente l'originale.
Insomma, a conti fatti e cestinate le sole Crazy e Get It Right, il resto delle produzioni è grasso che cola per chiunque apprezzi il boombap più ruvido ed incisivo. Difficile stabilire quale sia il beat più riuscito, ma di certo Killing Spree The Sequel, Raw Shit e Dowhatyougottado se la giocano per bene; e se proprio devo trovare un difetto al di fuori della poca originalità, allora potrei citarvi l'eccessiva omogeneità delle atmosfere, ma d'altronde si tratta di un prodotto pensato per una ristretta nicchia di persone e perciò una critica simile mi pare un po' velleitaria. Che dire? Nella logica del sottogenere il beatmaking è da promuovere con il massimo dei voti eccetto la lode.
Peccato allora che in parte questi beat vengano sprecati da Mykill Miers, un MC dalla presenza abbastanza carismatica ma che per il resto lascia assolutamente il tempo che trova. La legnosità della sua metrica è qualcosa di sconcertante (praticamente usa solo rime e mai assonanze, i pattern multisillabici sono a lui sconosciuti) e da questo punto di vista di buono c'è solamente che sa stare a tempo, mentre in quanto a ricercatezza delle metafore e, più in generale, creatività siamo messi proprio maluccio. Voi direte: ma i Ghetto Dwellas saranno mica dei geni, o no? Giusto, rispondo io, ma a parte che Party Arty al microfono valeva tre Mykill Miers già solo per la voce, la loro ignoranza è assoluta e colpisce a 360 gradi. Qui invece spesso abbiamo a che fare non solo con pretese ridicole -aka l'egotrippin' bastato su una supposta bravura personale- ma anche con metafore fuori tempo massimo ("You punks need some bodyguards like Whitney", "We got the ill communication 'cause our boys are beasties") o semplicemente asinine ("You're so full of shit your nickname is feces"). Ne consegue che, essendo tutti i testi incentrati sul metarap -com'è giusto che sia considerato il sound- oppure sulla ghettusaggine, ed essendo Miers un semincapace che per giunta si fa affiancare al microfono una sola volta, dargli retta corrisponde a rovinarsi l'ascolto. Di positivo insomma c'è poco, salvo che stranamente nei ritornelli -quando non sono scratchati- la sua trivialità funziona e difatti nessuno di essi risulta sgradevole.
Ecco, detto questo mi viene da piangere per lo spreco di beat, ma che ci volete fare? In fondo la qualità del beatmaking è tale che se si considera il protagonista alla stregua di uno strumento qualsiasi l'ascolto fila via che è un piacere, tanto che dopo aver viaggiato per anni con i soli mp3, come mi si è presentata l'occasione di comprare Second Coming (usato, vabbè) l'ho presa al volo. In chiusura, l'ho già detto ma lo ripeto: bel disco, ma davvero solo per estimatori.





Mykill Miers - The Second Coming

14 commenti:

Anonimo ha detto...

ma da dove cazzo li tiri fuori sti cd???avrà venduto 3 copie di cui due ai suoi cugini. E poi un che intraprende la carriera rap con questo nome non ne viene fuori. Nein alter, so gehts nicht.

ck

Kallaghan ha detto...

Il primo (se non sbaglio questo è il secondo) era ancora piu ignorante...

Colgo l'occasione per farti i complimenti per il blog

reiser ha detto...

Beh peggio di Mykill Miers c'è solo l'irresistibile "Hitchcock of hip hop", come non amarlo alla follia?
Comunque credo che a te piacerà nonostante tutto

reiser ha detto...

Grazia Kallaghan, il primo secondo me invece è un po' più ricercato
Ovviamente prendi il termine con le pinze, voglio solo dire che a livello contenutistico s'era impegnato un po' di più

MAK ha detto...

Qui cado dalle nuvole... Posseggo It's Been A Long Time Coming, ma non mi sono MAI preoccupato di seguire la carriera di Miers. Non c'è un motivo, è andata così.
Second Coming non l'ho proprio sentito quindi, thanks per la segnalazione lo ascolto volentieri.

Akbar gli da le piste in MCing, BBB a me è piaciuto più del primo di Miers.

reiser ha detto...

Anche a me, non c'è dubbio che Ak abbia uno spessore ben diverso dal trippone
Anche se -ci tornerò su al momento della recensione- mi fa troppo strano come passi dal rimare da dio al nondicofarcagare ma quasi

Antonio ha detto...

Qui mi perdi. Non sono il cugino di Mykill Miers, ma ce l'ho originale (e non usato). E mi ha fatto schifo.
Forse all'epoca avevo ascoltato troppa roba buona, ma Diverse e Revolution (che pure di solito mi piace) mi avevano lasciato indifferente. Pensa che le poche volte che l'ho riascoltato, l'ho fatto per la voce dell'Hitchcock dell'hip hop.
Me lo risento, ma il primo (anche per la "primosità" che qui manca) mi sembrava ampiamente meglio. Boh. Eppure l'hardcore "puro" di solito a me piace.

P.S.: sarà grasso, ma hai visto le braccia che ha, nel retrocopertina?

Antonio ha detto...

^^
Ovviamente nel libretto (piegato) del CD, non nel retrocopertina...

Anonimo ha detto...

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reiser ha detto...

#1 passati l'online generic medecine su per il culo brutta merda umana

@Anto: bah non ti capisco... il primo magari è fatto meglio, è più vario ecc ma questo è di un cafone che lèvati. Non so, qui ripete ossessivamente la formula dell'hardcore e la porta agli estremi, insomma è una versione autistica di Long Time Coming

Beh comunque non aprivo il booklet dai tempi dell'acquisto vista anche la pochezza della grafica (complimenti per lo styling e la giacca da mutilato, BTW) e sì... c'ha du' prosciutti e sicuramente mi spezzerebbe come e quando vuole... ma resta il fatto che è un CICCIOBOMBO CANNONIERE

Anonimo ha detto...

Keep posting stuff like this i really like it

A_G ha detto...

ma la linea di basso di "raw shit" e' la stessa (o straordinariamente simile a quella) di "weed scented" di ag?

MAK ha detto...

..nonche di Dead Bodies di Alc, in versione "Don Joe" visto che è uscito ben dopo..

Antonio ha detto...

Alchemist you my lil' buddy...

Alchemist in versione Alchemist, vorrai dire!