venerdì 7 novembre 2008

EAST COAST AVENGERS - PRISON PLANET (Brick, 2008)

Scusate l'assenza ma negli ultimi due giorni son stato un po' alle cozze, per cui la settimana è risultata davvero magra. Tuttavia, non volendo chiudere questa prima settimana di novembre con un nulla di fatto, mi piacerebbe far coincidere la vittoria di Obama e le razioni da essa sucitate con un disco piuttosto particolare: Prison Planet.
La firma che porta è quella dei East Coast Avengers, un nome nuovo che riconduce a tre personalità relativamente note della scena underground bostoniana: Esoteric, Trademarc e D.C. the Midi Alien. Il primo è senz'altro il più celebre del trio, avendo alle spalle almeno dieci anni di pubblicazioni regolari sia a quattro mani con il suo socio 7L, sia come solista, sia infine come ospite occasionale o membro fisso di altri collettivi (gli ormai sciolti God Complex e Demigodz, e naturalmente gli Army Of The Pharaohs); lo segue a ruota il misconosciuto Trademarc, che i più ricorderanno per l'assistenza fornita nel disco di suo cuggino John Cena e che pertanto tra i tre fa ingiustamente la figura dello scrondo raccomandato di turno; infine, c'è il produttore D.C., che si è coperto di onore -ma purtroppo non di gloria- per l'ottima opera svolta sul primo disco di Termanology (che, mi piace ricordarlo, è superiore a Politics As Usual). Insomma, non possiamo certo parlare di personalità di spicco dell'ambiente, ma questo grazie a dio non ha mai compromesso effettivamente la bontà della musica e per fortuna non crea un precedente in quest'occasione.
Ma di cosa si tratta, che cos'è Prison Planet, come va inquadrato? Attenzione: la domanda non è superflua, perchè fin dal primo ascolto completo ci si rende conto in qualche modo che quello che ci troviamo tra le mani non è chiaramente definibile né come un disco di forte stampo politico, né come una raccolta di sboronate in omaggio alla costa atlantica; più correttamente, diciamo che in esso gli MC rappano in stile smaccatamente nuiorchese su beat che traggono chiara ispirazione dal sound della New York di fine anni '90, lanciandosi spesso in commenti sociopolitici che altrettanto sovente sfociano in una voluta esagerazione oppure in uno storytelling perlopiù allegorico. Ora, detto questo non ci vuole un grande sforzo d'immaginazione per sospettare che, onde ottenere un risultato positivo avendo simili ambizioni, ci devono essere talento e creatività in egual misura, ed è proprio qui che l'ago della bilancia oscilla più rapidamente.
Tanto per cominciare, ce n'è per tutti i gusti: dal viaggione cinematografico à la Kool G Rap incontra i Public Enemy (almeno nelle intenzioni) di Kill Bill O' Reilly o The Trouble With Motorcades si passa disinvoltamente a tracce più concettuali -sia stilisticamente (Vengeance) che contenutisticamente (A Valiant Effort)- per poi spostarsi alla pura e autocompiaciuta tamarraggine (East Coast Overdose, Let It Knock), senza naturalmente scordarsi dell'aspetto più serio e di critica esplicita, di cui Hey America e Lady Liberty sono forse gli esempi migliori. Per converso, la varietà delle atmosfere musicali non è altrettanto ampia ed è quindi facile terminare l'ascolto del disco con una sensazione di ridondanza solo parzialmente alleviata dagli sforzi degli MC: in nove casi su dieci non si sfugge al campione di archi oscillante tra il malinconico e l'epico, tanto che quando D.C. decide di spostarsi in campo più pestone si è quasi portati a pensare a parole come "innovazione", anche se naturalmente non è così.
Tuttavia, benchè l'eccessiva omogeneità musicale resti un difetto oggettivo, non nutro dubbi sul fatto che gli estimatori del rap più classico potranno comunque apprezzare alcune perle quali East Coast Overdose -premierana al 100% ma comunque davvero ben fatta- così come l'ottima Hey America, che combina sapientemente maracas, pianoforte, un riff di chitarra graziaddio non troppo enfatizzato ed una batteria quadrata ed incessante che consente a Eso e Trademarc di dare il meglio di sè. Di matrice decisamente cinematografica è invece il campione di Prison Planet (credo sia tratto da quella ficata di Avalon, a cui già attinse Stoupe per Poet Laureate II), che precede la vivaldeggiante Show & Prove e va ad inserirsi nel filone più roboantemente epico del disco assieme a Lady Liberty e Clean Conscience. Ma non tutto Prison Planet gira secondo la logica "più forte è, meglio è", e così sono stati saggiamente scelti alcuni beat più "leggeri" seppur sempre molto caduchi: Riot Act utilizza ad esempio un canto femminile che ricorda parecchio Sangue & Filigrana dei Dogo; Too Much To Ask opta nuovamente per dei violini (che, tra parentesi, suonano bene ma a metà disco cominciano a rompere un po' i coglioni) mentre Win/Win Situation oscilla con gusto tra poche note di piano combinate con altrettante di xilofono; A Valiant Effort, infine, risulta la canzone più azzeccata del gruppo in quanto l'accoppiata tra il coro femminile e la chitarra acustica funziona sorprendentemente bene e, soprattutto, si accompagna decisamente bene al tema della canzone.
Ecco, già che ci siamo: ma a testi come siamo messi? Beh direi piuttosto bene. Ad esempio, la sopracitata Valiant Effort vede Trademarc ed Eso ricoprire i ruoli di un suicida e dell'ispettore di polizia che ne scopre il cadavere e, per quanto il tema non sia nuovissimo (cfr. Suicidal Thoughts) bisogna ammettere che il taglio datovi per l'occasione rende il tutto degno di più ascolti. Lo stesso dicasi per Win/Win Situation, che ricalca Anatomy Of A School Shooting fino a rasentare forse il plagio concettuale, mentre va detto che The Trouble With Motorcades sarebbe degna di una vera e propria rappresentazione su pellicola -e la sceneggiatura non avrebbe bisogno di ritocchi da tanto che il testo riesce a proiettare immagini dettagliate o evocative.
Tolti questi storytelling, la carne al fuoco è comunque tanta: come già detto, fatte salve un paio d'eccezioni i Nostri riescono sempre ad inserire della critica sociale nei vari pezzi, e per quanto questa non raggiunga né la chiarezza né l'originalità dei modi di Immortal Technique, è di certo più focalizzata della media. Casomai potrebbe far storcere il naso il fatto che alle volte le loro opinioni vengano espresse in maniera un po' tanto bombastica e volendo adolescenziale (vedi Kill Bill O'Reilly o Lady Liberty), però bisogna ricordarsi che siamo di fronte a della musica e non a un libro di Chomsky, pertanto li si può anche perdonare. E del resto sono gli stessi ECA a cercare di raggiungere la sintesi tra tecnica e contenuti, tanto che alle volte è il pezzo "tematico" a risultare anche stilisticamente superiore alla controparte cazzona: è solo uno dei possibili esempi, ma basti pensare alla prima strofa di Hey America, che manda a casa l'intera (e peraltro inutilissima) Torture Rack in un niente. Buone infine le ospitate: da un redivivo Bumpy Knuckles -che per una volta tanto non vi minaccia di pestarvi come l'uva- all'ormai campione della cazzatona col botto Celph Titled, da Termanology ad un incredibile Apathy, nessuno delude e francamente aiutano non poco a creare un po' di varietà.
In conclusione, diciamo che Prison Planet è per pochi e richiede tutta una serie di premesse. La prima e la più ovvia è che i suoni classici vi piacciano, e parecchio; la seconda è che da un lato siate interessati a contenuti e discorsi più articolati della media reppusa (cosa che mi auguro per voi, principalmente) ma che dall'altro non siate nemmeno eccessivamente bacchettoni; il terzo, infine, che riusciate a sopportare la voce e la pronuncia di Trademarc: non l'avevo ancora detto, ma per quanto tecnicamente competente, il suo modo di arrotolare le erre ed il tono nasale lo rendono spesso un po' pesantuccio. Detto questo, e denunciate l'unica vera cagata(Torture Rack) ed un paio di tracce di troppo (Clean Conscience, Too Much To Ask), resta solo il mio consiglio di prestare attenzione al disco perchè certo, siamo d'accordo che non sia Illmatic, ma certamente si merita un posto tra gli album meglio riusciti del 2008.





East Coast Avengers - Prison Planet
Kill Bill O'Reilly Video (in alta definizione)

VIDEO: KILL BILL O'REILLY

4 commenti:

MAK ha detto...

Album che dovrebbe arrivarmi a giorni... per il momento l'ho ascoltato più volte ed è senza dubbio una delle uscite che mi ha dato più soddisfazione.

PS: Celph Titled è un BOSS (di fine livello probabilmente) ma ogni volta che ne spara una delle sue mi piego in due dalle risate... Vinnie Paz subito dietro, altro masta of the "cazzatona col botto".

Anonimo ha detto...

hai scannerizato anche il booklet?
Pio

reiser ha detto...

Celph Titled lo odiavo fino a poco tempo fa, ma ultimamente ho imparato a non prenderlo sul serio e mi son reso conto delle mostruose cacatone che dice. E rido.
Vinnie è terrone e basta.

Comunque no, il booklet no, quello che vedi è il (peraltro bel) digipack "srotolato"

Anonimo ha detto...

Bè X ESSER BIANKI NN SON MALE