martedì 13 ottobre 2009

KID CUDI - MAN ON THE MOON: THE END OF THE DAY (G.O.O.D. Music/ Universal Motown, 2009)

So che molti di voi, leggendo una recensione del debutto di Kid Cudi e rapportandola al nome del mio blog, penseranno che mi sono bevuto il cervello; ma se finora sono riuscito ad evitare di dover ascoltare e recensire 808's & Heartbreak, quest'anno non riesco ad esimermi dal dire la mia su uno dei dischi più attesi del 2009 nonché uno dei pochi ad aver avuto un buon successo commerciale pur non avendo alle spalle una danza ad hoc o dei beat del dirty south. Non solo: dacché è cominciata la moda del hipster rap -e cioè dal 2005- questo è finora l'unico disco ad aver venduto un numero di copie coerente rispetto all'entusiasmo raccolto nel magico mondo di internet, paradossalmente non rientrando però negli stilemi dello sventurato sottogenere.
Insomma, vuoi anche solo per il tipo di ricezione ottenuta, Man On The Moon vale le poche migliaia di battute che gli dedicherò. Ma non c'è solo questo: al di là di questioni legate ad affiliazioni con Kanye West, e al di là di comportamenti ridicoli tipo l'annuncio dl ritiro dalle scene prima ancora che l'album uscisse (!), c'è della musica che all'interno del panorama dell'hip hop costituisce una novità o, più esattamente, presenta alcuni tratti quantomeno interessanti. A partire, per esempio, dal gran discorrere che s'è fatto riguardo alla collocazione musicale del disco stesso: io personalmente non ho dubbi a riguardo nel definirlo rap, vuoi pure con tutte le variazioni del caso, perchè nella maggior parte dei pezzi si ha per le mani un tale che scrive rime su 4/4 in maniera più classica di quanto non vorrebbe far pensare e/o nascondere. Ecco: quando un'opera si presenta con un simile biglietto da visita vale quantomeno la pena di ascoltarla e, stabilito che in questo caso non si tratta di una atroce cagata priva di capo e coda, vale anche la pena di degnarla di qualche riflessione extra rispetto a quello che è lo standard.
Innanzitutto abbiamo una pretenziosità di base fuori dal comune: a partire dal titolo, Man On The Moon si presenta come un concept album suddiviso in cinque capitoli che dovrebbero mostrare l'evoluzione di Cudi (pomposamente chiamato "our hero" da un irritante Common nelle vesti di narratore) attraverso sottili metafore e buone dosi di introspezione. Tuttavia, analogamente agli ugualmente pretenziosi Alan Parsons Project, l'ascoltatore arriva a fine disco subodorando una certa confusione (è sogno? È realtà? Ha qualche importanza saperlo?) e, in ultima analisi, ravvisando nel passaggio da un capitolo all'altro semplicemente questo: Cudi si racconta e si fa, Cudi si deprime e si fa, Cudi raggiunge il successo ma resta depresso e si fa, Kudi trova un po' di coraggio per vivere e si fa. Insomma, come romanzo di formazione non siamo proprio al livello di un Giovane Werther, del quale conserva solamente lo spleen e poco più.
Perchè il secondo punto critico di Man On The Moon è questo: a prescindere dalla qualità delle rime, il Nostro presenta una scrittura abbastanza atroce ed assimilabile agli stereotipi peggiori dell'esistenzialismo facilone dell'emo, genere dal quale vampirizza in primo luogo l'autocommiserazione ed in secondo l'errata convinzione che a qualcuno possa interessare il proprio egocentrismo. Oddio, a qualcuno sì, ma quantomeno dovrebbe essere espresso con inventiva, capace magari di rivolgersi al prossimo pur restando personale e magari inserendo quà e là qualche riflessione dal respiro più ampio. Ebbene, così non è, e così il malcelato edonismo di Cudi si traduce in alcuni versi che trascendono la semplice grossolanità per scivolare nel pacchiano: "I've got some issues that nobody can see/ And all of these emotions are pouring out of me"; "The moon will illuminate my room and soon I'm consumed by my doom"; "I live in a cocoon, opposite of Cancun/ Where it is never sunny, the dark side of the moon". Nota bene che queste bestialità hanno tutte la medesima origine, ovverosia Soundtrack 2 My Life, e per quanto non sempre si scada a questi livelli direi che non c'è una strofa che non presenti difetti evidenti a colpo d'occhio.
Terzo: Cudi come rimatore in sè e per sè vale davvero pochino. Certo, ha l'accortezza di mascherare le sue défaillances liriche dietro ad uno stile enfatico che gioca molto su pronuncia, estensione delle sillabe ed armonizzazioni, ma ciò non basta per sgabolare le tante banalità o forzature che si possono leggere nei testi, che sono stati oltretutti trascritti per filo e per segno nel booklet. La cosa in sè e per sè sarebbe anche trascurabile -almeno fino ad un certo punto- se i testi si fossero rivelati chissà che, ma, come s'è visto, essendo questi sul becero andante le lacune più tecniche si fanno sentire.
Ora: se ci fermassimo a questo punto avremmo tra le mani qualcosa di genuinamente ed insindacabilmente orribile, degno di una fatwa da parte di chiunque reputi la musica come un qualcosa il cui uso nasce per essere diverso dalla tortura nel carcere di Guantanamo. Ma è proprio alla luce di questi difetti, ed al contrasto che si crea con la fruizione complessiva di Man On The Moon (che è secondo me positiva) che si notano i punti a favore del progetto e di conseguenza capirne meglio l'essenza.
Per esempio, tra i pregi di Cudi c'è senz'ombra di dubbio un talento fuori dal comune nello scrivere e cantare ritornelli; infatti, credo che in ognuna delle tracce qui presenti, le eventuali malefatte delle strofe vengano ampiamente sorpassate da dei ritornelli capaci d'infilarsi nei timpani per non uscirne più. Cudi questo lo deve sapere, e difatti fa molto affidamento su di essi, col risultato che se Man On The Moon sopravvive ai deficit lirici del nostro è anche per via di quest'aspetto.
Secondo: il Nostro sarà anche un formidabile produttore di ovvietà o fonti assortite di disinteresse, ma perlomeno egli sa propinarcele in forme molto varie; so che potrebbe suonare come una battuta, ma vi garantisco che se il suo smisurato ego venisse proposto in modi più tradizionali l'esito sarebbe catastrofico. E allora ecco che il suo stile armonico, per quanto non sufficiente a far dimenticare la sua infausta penna, basta però per rendere ascoltabile buona parte delle canzoni, le quali vengono poi definitivamente tratte in salvezza dai ritornelli e dal terzo, fondamentale, pregio di quest'album: i beat.
Ecco, a fare la parte del leone in Man On The Moon ci sono le basi. Curate perlopiù da Emile (sì, lo stesso Emile degli NYG'z, Cormega e dei Ghetto Dwellas, pensa te), Plain Pat e Kanye West, queste mescolano con abilità -e qualche paraculismo- hip hop, downtempo e soprattutto quintali di ambient anni '80 (Vangelis e ovviamente Jean-Michel Jarre sono i primi nomi a venirmi in mente) per produrre musica sovente ideale per una vera e propria colonna sonora. Synth di tutti i tipi, pianoforti, effettini in midi e quant'altro sappia partorire un certo tipo di elettronica rétro riescono miracolosamente a convivere con batterie dai suoni classici e campioni più tradizionali, formando così delle atmosfere rarefatte che al contempo bene s'appoggiano allo stile del protagonista, ma che soprattutto ne sorreggono i trip egocentrici fornendogli delle atmosfere coerenti coi vari "temi". Difficile in tal senso estrarre le cose migliori, perchè, va detto, molte di queste vedono la propria quadratura del cerchio solo con l'intervento di Cudi e dei suoi orecchiabili refrain: Solo Dolo potrebbe esserne l'esempio migliore, ma al di là di questa potrei indicare anche Soundtrack 2 My Life, Alive, Day 'N' Nite (fortunatamente presente anche col remix dei Crookerz -che m'è sempre piaciuto) o l'asterixianamente intitolata Sky Might Fall.
Ecco: "orecchiabilità" è la parola chiave di Man On The Moon, che si candida ad essere uno degli album rap dal suono più ruffianamente pop che abbia mai sentito. Attenzione: sottolineo "ruffianamente". Non confondetelo quindi con quello che fanno i Black Eyed Peas, il cui target è palesemente composto da bburini discotecari dal palato facile e, almeno in quello, onesto; Kid Cudi si rivolge ad un pubblico più snob, che cerca comunque un fattore di "coolness" ma che non vuole confondersi coi suddetti bburini ed i loro gusti proletari -pur condividendone diversi aspetti. Per intenderci, quelli che leggono Vanity Fair anziché Grazia; quelli che snobbano H&M per comprarsi le magliette di Tokidoki; quelli che considerano Madonna una scarsa merdina ma apprezzano Lady GaGa (non a caso campionata in Make Her Say) vuoi anche solo perchè ha alle spalle un simulacro di factory warholiana. Il calcolo, la volontà di ritagliarsi una fetta di mercato in quel substrato della popolazione è qui evidente e si pone in netto contrasto l'intenzione dichiarata di comporre un disco assolutamente sincero (magari Kudi, che è fesso, ci crede anche, ma i capoccia della Universal e Kanye manco per il cazzo), e proprio per questo motivo reputo che Man On The Moon sia quasi più interessante dal punto di vista del fenomeno sociale che non quello musicale. Difatti credo anche che -fotografando gusti trendy sulla cui durata non scommetterei un soldo bucato- invecchierà malissimo fino al punto in cui, riascoltandolo tra dieci anni, avrà la stessa freschezza che oggi possono avere i fenomeni anni '80 soggetti al revisionismo storico della "cultura" hip. O magari mi sbaglio. Fatto sta che malgrado questa sua sfacciata paraculaggine è impossibile non trovarci un qualcosa di positivo e quantomeno una certa ricerca (e, diciamolo, un'orecchiabilità innegabile); per cui, per quel che mi riguarda, oscillo tra un due e mezzo ed i tre. Siccome però ai N.A.S.A. -altri bei paraculo pure loro- ho dato 2 e 1/2, e questo Man On The Moon se li magna a colazione, a questo piazzo un tre abbondante. Provatelo, ma solo se sapete di essere capaci di chiudere un occhio di fronte a tanto cinismo.





Kid Cudi - Man On The Moon ecc.

VIDEO: DAY 'N' NITE (CROOKERS RMX)

29 commenti:

MAK ha detto...

Non l'ho ascoltato e non ho nemmeno l'intenzione di farlo.

"Kid Cudi si rivolge ad un pubblico più snob, che cerca comunque un fattore di "coolness" ma che non vuole confondersi coi suddetti bburini ed i loro gusti proletari -pur condividendone diversi aspetti."

Ecco appunto, se c'è un pubblico che proprio non sopporto è questo. Meglio i bbburini a sto punto.
L'Hipster rap per come la vedo io è una contraddizione in toto, aldilà dei risultati più o meno validi.

Anonimo ha detto...

"Per intenderci, quelli che leggono Vanity Fair anziché Grazia; quelli che snobbano H&M per comprarsi le magliette di Tokidoki; quelli che considerano Madonna una scarsa merdina ma apprezzano Lady GaGa (non a caso campionata in Make Her Say) vuoi anche solo perchè ha alle spalle un simulacro di factory warholiana. Il calcolo, la volontà di ritagliarsi una fetta di mercato in quel substrato della popolazione è qui evidente e si pone in netto contrasto l'intenzione dichiarata di comporre un disco assolutamente sincero (magari Kudi, che è fesso, ci crede anche, ma i capoccia della Universal e Kanye manco per il cazzo)"

Dietrologia portami via. Kid Cudi è semplicemente una ventata di freschezza in un mercato altrimenti abbastanza stantìo e immobile. E bollare il suo pubblico come una mandria di decerebrati in maglioncino rosa aderente (o una mandria di decerebrate in leggings di latex) mi sembra un tantinello azzardato. Per non parlare del bollare lui o i suoi produttori come opportunisti. Se sono un rapper, ho un'idea musicalmente valida, capacità innovative e una marcia in più che mi permetterà di arrivare a un pubblico più ampio rispetto a quello canonico, devo rinunciare per non far sembrare il mio album un'operazione commerciale? Se il ragionamento fosse questo, Michael Jackson non avrebbe mai varcato i confini del suono Motown.

Ah, tra l'altro, nessuno dotato di un minimo di cognizione di causa sosterrebbe che Madonna è una merdina ma Lady Gaga un genio. Anche qualora il nostro soggetto senziente fosse dotato di leggings in latex o magliette Tokidoki.

Anonimo ha detto...

Non mi ha ispirato. E per colpa tua ora mi ispira anche meno. ;-)

BRA
www.rapmaniacz.com

reiser ha detto...

Vado in ordine inverso: la storia di Lady GaGa e Madonna l'ho sentita più volte, proprio perchè lavoro in un ambiente in cui i leggings in latex, gli skinny gìns e le magliette pacco sono all'ordine del giorno. Non la capisco nemmeno io, ma del resto non è l'unica cosa.

Parentesi folkloristica a parte, parliamone di Kudi che sarebbe una ventata di freschezza, ma parliamone davvero.
Innanzitutto la sua presunta freschezza si limita a sè stesso e finora non è in sè nulla di più sensazionale di quello che han fatto i Kidz In the Hall o i Cool Kidz. Quindi al massimo la definirei "refolo". Poi, il suo successo commerciale potrà aiutarlo quanto vuoi, ma prima di arrivare al livello di un Kanye ce ne passa.

Inoltre, più che lui -che, ritornelli a parte, davvero vale poco- secondo me sono i beat a conferire valore al disco. Gli avessero dato le basi di 808s & Heartbreak dubito che avrebbe svoltato, visto il relativo insuccesso di quel disco MALGRADO si trattasse dell'arrogantello di Chicago che tutti amano (Graduation: quasi un milione di copie. In una settimana).

Terzo, tu conferisci a Cudi capacità innovative e marce in più che non solo sono tutte da verificare sempreché ve ne siano (cfr. Lupe Fiasco, che sembrava l'avvento del messia e che poi ci siam persi per strada pur essendo più bravo), ma soprattutto sembrano implicare automaticamente un valore aggiunto in quanto tali. Insomma, non rappa ma canticchia, se ne batte il culo delle rime perchè per descrivere le sue profonde elucubrazioni non ha bisogno di stupidi orpelli stilistici, senza raddrizzamenti in autotune si perederebbe un po' della magia... mah tu chiamala innovazione, se vuoi, ma a me pare semplicemente "diversità" (e sto essendo molto generoso)

reiser ha detto...

Ah, parentesi, io mi chiamo fuori dal suo target (immagino volessi dire questo, con "pubblico"), ma non dal bacino di ascoltatori... insomma, lo compro, perdo tempo a recensirlo dandogli un voto decoroso e me lo ascolto pure in walkman visto che basi e hook meritano anche

Ma se gli hipster -chiamiamoli così per comodità- sono PALESEMENTE il gruppo a cui 'sta roba è diretta non è mica colpa mia

Antonio ha detto...

Propongo il campo di concentramento per Gaga.
Per Kid Cudi no, che non l'ho ascoltato e non lo ascolterò.
Neanche fra dieci anni quando sarà odiato da tutti.

Per il resto, quoto Mak.

A_G ha detto...

oh rezpect per i maglioncini rosa

Anonimo ha detto...

Non mi stai dando contro, mi stai dando ragione: Kid Cudi è una ventata di freschezza perché, come già spiegavi tu, gli ultimi album di gente come Kanye West o Lupe Fiasco si sono rivelati un clamoroso fallimento, qualitativamente parlando. Oggi, della cosiddetta scena "hipster" della prima ora (anche qui, parliamone: si tratta di semplice musica urban, chiamiamo le cose con il loro nome) si salvano giusto i NERD, ma recentemente han deciso di fare un'operazione alla Black Eyed Peas e si sono muniti di una cantante che è entrata a far parte del gruppo, perciò non me la sentirei di garantire per il prossimo album. Ragion per cui, le uniche speranze di questo bistrattato ramo dell'hip hop restano riposte in Kid Cudi. Che magari non ha inventato niente e si è limitato a trarreispirazione da un filone già sperimentato dai suoi predecessori, ma bisogna dargli atto del fatto che ci è riuscito molto bene. D'altra parte nell'urban nessuno inventa più nulla, a parte Timbaland che brucia sempre tutti sul tempo.

Quanto al fatto che il suo disco sia espressamente concepito per piacere agli amanti del rosa e del latex, permettimi di dubitarne. Per una sola ragione: son pochi. Una major non si muove con una sola nicchia in testa. Questo è un disco studiato per piacere soprattutto agli amanti del pop, a chi non ascolta in genere musica nera e a chi non si è mai cagato troppo il rap. La "marcia in più" di cui parlavo è proprio questa: è il tipo di musicista che riesce a pescare fan in più ambiti senza per questo perdere credibilità o scendere a troppi compromessi. Mica poco, di questi tempi.

Anonimo ha detto...

"Urban" AHAHAHAHAHAH!!

Anonimo ha detto...

"Non mi stai dando contro, mi stai dando ragione: Kid Cudi è una ventata di freschezza perché, come già spiegavi tu, gli ultimi album di gente come Kanye West o Lupe Fiasco si sono rivelati un clamoroso fallimento, qualitativamente parlando. Oggi, della cosiddetta scena "hipster" della prima ora (anche qui, parliamone: si tratta di semplice musica urban, chiamiamo le cose con il loro nome) si salvano giusto i NERD, ma recentemente han deciso di fare un'operazione alla Black Eyed Peas e si sono muniti di una cantante che è entrata a far parte del gruppo, perciò non me la sentirei di garantire per il prossimo album. Ragion per cui, le uniche speranze di questo bistrattato ramo dell'hip hop restano riposte in Kid Cudi. Che magari non ha inventato niente e si è limitato a trarreispirazione da un filone già sperimentato dai suoi predecessori, ma bisogna dargli atto del fatto che ci è riuscito molto bene. D'altra parte nell'urban nessuno inventa più nulla, a parte Timbaland che brucia sempre tutti sul tempo.

Quanto al fatto che il suo disco sia espressamente concepito per piacere agli amanti del rosa e del latex, permettimi di dubitarne. Per una sola ragione: son pochi. Una major non si muove con una sola nicchia in testa. Questo è un disco studiato per piacere soprattutto agli amanti del pop, a chi non ascolta in genere musica nera e a chi non si è mai cagato troppo il rap. La "marcia in più" di cui parlavo è proprio questa: è il tipo di musicista che riesce a pescare fan in più ambiti senza per questo perdere credibilità o scendere a troppi compromessi. Mica poco, di questi tempi."

ma chi ha scritto sta cosa?un "giornalista" di xl di repubblica?
e te gli dai pure 3 zaini?
sta monnezza de album non merita neanche mezzo astuccio :)
djmp45

reiser ha detto...

Backpacker's lair! Hahaha MP45 vederti sparare ad alzo zero su un Kid Cudi è sempre un piacere, in fondo lo so che sta roba per te è come Kriptonite ed in un certo senso aspetto che passi di qua per droppare la gem on 'em.
Però oh, scherzi a parte, manco una chance per i bìt, gli date? Secondo me fate male ma vabeh, affari vostri.

Tornando a bomba a Anonimo: glisso volutamente sulla storia della "musica urban" perchè sennò apriamo un altro fronte di discussione poco fruttuoso, mi limito però a dire che solo ora capisco cosa tu voglia dire con "ventata di freschezza": cioè tu intendi dire, mi pare di capire, che Cudi è fresho nella cerchia del hipster rap... aaah beh!, mi sta bene, ok, ma personalmente mi pare un po' poco. Non avevo nemmeno preso in considerazione un'ipotesi simile perchè -detto senza offesa- trovo la cosa del tutto irrilevante.

Quanto al secondo paragrafo, a parte che non c'è credibilità da perdere visto che non ne ha mai avuta e visto che deve ancora dimostrare molto (ad esempio di saper rimare e scrivere testi decenti), se nella risposta precedente avevo parlato espressamente di hipster non avevo in mente esclusivamente lo stereotipo del lettore di Pig[*], almeno non in senso stretto. Per far chiarezza torno quindi a far riferimento alla categorizzazione della recensione, che rende più l'idea, e se pensi agli esempi fatti in quelle tre righe (immodestamente, trovo azzeccata in tal senso la metafora Kid Cudi/Vanity Fair) penso che il potenziale bacino d'utenza s'allarghi enormemente. Hipster facilone, allora, se vuoi -ammesso che la cosa abbia senso.

[*]Comunque sia, a parte il fatto che gli hipster e chi ne bazzica l'ambiente in tutte le sue sfumature non sono pochi, perlomeno in America, oggi come oggi credo che una casa discografica possa solo ringraziare i santi se riesce a vendere più di 200,000 copie con un disco d'esordio. Inoltre, visti i clamorosi flop precedenti e la crisi in atto, posso solo immaginare che a questo punto abbiano preferito fare un marketing più chirurgico anzichè procedere col bombardamento a tappeto dei tempi d'oro. Certo non lavorando sulle nicchie, ma, appunto, quella hipster non è affatto una nicchia a meno che non la si intenda in senso "dogmatico".

Anonimo ha detto...

"ma chi ha scritto sta cosa?un "giornalista" di xl di repubblica?"

Giornalista sì, pure piuttosto competente. Di Xl no, Dio ce ne scampi.
A tutto il resto rispondo dopo, che nella mia vita dovrei anche lavorare, visto che Kid Cudi non mi paga per difenderlo :)

PZA ha detto...

l'ho ascoltato 2 volte e non c'è un singolo pezzo che non ho cestinato,
mi ha fatto proprio cagare questo
XD

Anonimo ha detto...

Che dire: continuiamo ad essere in disaccordo sulla questione del pubblico hipster. Fai degli esempi che secondo me non calzano. Prendiamo quello di Vanity Fair: secondo te, davvero chi legge quello e non legge Grazia lo fa per un "fattore di coolness"? Non sarà forse per il giornalismo d'inchiesta di Imma Vitelli, per lo spessore dei contenuti di Gabriele Romagnoli, per i contributi di scrittori, premi Pulitzer e opinionisti internazionali? Non sarà forse perché è l'unico "femminile" che non si limita a argomenti ritenuti prettamente femminili? Non sarà forse perché è uno dei tre principali periodici d'attualità in Italia?

Stesso ragionamento per Kid Cudi: non è che chi lo ascolta ha semplicemente voglia di qualcosa di diverso, di più fresco, qualcosa che concilii la leggerezza del pop con la qualità di un prodotto black coi controcoglioni?

Quanto al discorso delle major, ribadisco che secondo me fare un disco che punti solo alla nicchia degli hipster è un suicidio. Fai un rapido calcolo di quanto devono avere speso per produrre e promuovere il disco. Il conto più facile lo fai sul video: un clip del cazzo, con un regista sconosciuto, nessun effetto e una mezza telecamera in croce, ti costa attorno ai diecimila euro (se ti affidi a dei professionisti, ovviamente). Il suo sarà costato dieci volte tanto. Aggiungici un altro milioncino di dollari per l'album stesso, tieni conto che la label incassa circa il 15% del prezzo di vendita di ogni disco e vedrai che produrre una roba così per vendere a 200.000 persone non è conveniente, per strutture mastodontiche come la Universal.

Anonimo ha detto...

@giornalista (di tv sorrisi e canzoni?) competente ed anonimo:
1)secondo te le label guadagnano dalla vendita dei cd?non e' che ne fanno di piu' fra download e suonerie forse?aggiornati!
2)"prodotto black coicontrocoglioni?" ma chi kid cudi?o stavamo parlando di nas nel 94?
@reiser: e' sempre un piacere passare di qua, cmnq per dovere di cronaca un ascolto gliel'ho dato giusto per non giudicare a priori
djmp45

reiser ha detto...

Vanity Fair propone articoli che, solo per questioni di mera statistica, una volta ogni dieci numeri circa possono contenere degli spunti interessanti. Concesso. Per il resto sono l'equivalente della selezione del Reader's Digest, e se uno ha voglia di leggersi qualcosa di pregnante può volgere lo sguardo altrove anziché pizzicare qualche nozioncina e curiosità da lì.
E questo glissando sul resto, che non commento giusto perchè se passa qualcuno dell'azienda mi silurano in tempo zero per dissing ad una testata del gruppo. Si sa mai, di questi tempi.

Idem per Cudi: se si cerca "qualcosa che concilii la leggerezza del pop con la qualità di un prodotto black coi controcoglioni" gli conviene aspettare oppure guardare al passato. Nemmeno troppo lontano, poi, perchè volendo c'è Graduation... io ormai non so più come dirlo, ma la mia opinione, che reputo sufficentemente argomentata, è che di 'sto disco le uniche cose lodevoli siano i ritornelli ed i beat, mentre i testi sono da maudit-wannabe cerebralmente tredicenne, che per giunta vuol essere preso sul serio, e rime sui livelli di Eli Porter (cit. Combat Jack). Ci avessero messo Lupe, per dire, gli avrei dato molto di più, ma come emsì il Nostro non vale praticamente una cippa.

Ultima cosa: sul discorso del marketing devo ammettere una mia ignoranza, ma... un milione per il disco? Starai scherzando, spero? Ma forse Bruce Springsteen con tutta la E Street Band... No, suppongo che produrlo ed inciderlo sarà costato a dir tanto 300,000 sacchi, e così a naso non credo che abbiano speso settecentomilafottutidollari per promuoverlo.
Ma anche se così fosse: di questi costi, stimati appunto intorno al milione, sarebbero rientrati anche solo con 70000 copie fisiche dal costo medio di 15$. Solo copie fisiche, nota bene. E credo che pescare 70000 cristiani nel brodo sociale di cui dicevo prima (anche meno, perchè pure tra i repponi ci sarà qualcuno che ci ha speso dei soldi) non sia impossibile, in America.

Anonimo ha detto...

ok ok siete riusciti a titillare la mia curiosità...lo ascolterei,il fatto è ke se non lo aveste notato sono usciti due zoccoli duri come Royce e Cormega..ke faccio?a ki la priority?e poi,x capirci,se si fosse kiamato LIL'KUDI il Masta e l'Edo lo degnavano o no di una comparsata nel menù?!!

Da Kobra

Anonimo ha detto...

@djmp4, tralasciando la simpatica boutade sulla testata da cui provengo: non sempre i diritti delle suonerie finiscono alle etichette. Dipende dalla legislazione del singolo stato. E tra l'altro, l'Italia è l'unico paese in cui le suonerie hanno un mercato così immenso, altrove le percentuali son molto più basse. Inoltre, prova a calcolare il 15% di una canzone in vendita in mp3 a 99 centesimi. Come ti renderai conto tu stesso, non sono poi gran soldi.

@ Reiser: accantonando il discorso su Vanity Fair e su Kid Cudi come artista (mi pare che ciascuno abbia chiarito il proprio parere), il budget per produrre un album di quelle proporzioni è più o meno quello. Per registrarlo devi pagare musicisti, diritti alle etichette di chi è featured nel disco, diritti agli artisti campionati, l'A&R, lo studio di registrazione, il fonico presente in studio, il mixing e il mastering (che generalmente vengono fatti altrove e son costosissimi), il grafico, il fotografo, i publicist, la pubblicità, la stampa fisica del disco + la distribuzione, i video e quantomeno un tour promozionale (ovvero aerei e alberghi per almeno una decina di persone che girano per il mondo un mese facendo due città al giorno, per presentare il disco alla stampa), e sicuramente dimentico qualcosa. Se poi ci aggiungi che il pay for play in America è quasi la prassi (ovvero, devi pagare i dj perché ti trasmettano il disco), e che molti artisti hanno un contratto che prevede che tu gli dia uno stipendio finché non iniziano a guadagnare con il disco, vedi che al milione ci si arriva agevolmente. E non ho incluso nel conto altri diffusi optional, tipo ricomprare le prime 100.000 copie del disco per arrivare a vincere il disco d'oro e far parlare del prodotto.

Certo, è anche vero che il tuo conto delle 700.000 copie è abbastanza esatto. Ma visto che i pochi dischi di successo devono coprire anche le spese dei flop, dubito molto che l'idea fosse puntare soltanto a una nicchia.

MAK ha detto...

"sta monnezza de album non merita neanche mezzo astuccio"

Questa mi ha steso hahahah!

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie

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