martedì 6 ottobre 2009

LARGE PRO - MAIN SOURCE (Gold Dust Media, 2008)

La sfortuna di Large Professor, se così vogliamo chiamarla, è di essere molto più bravo della media quando si tratta di creare beat di puro stampo nuiorchese. Infatti, per quanto non prolifico, non ho esitazioni di alcun genere nel porlo nel gotha dei produttori della costa atlantica assieme a gente del calibro di Premier, Pete Rock, RZA o Marley Marl: i suoi contributi coi Main Source e Nas, assieme a singoli pezzi storici come Streets Of New York, lo hanno reso degno di un tale onore che poi è stato confermato anche in tempi recenti grazie ai lavori fatti per gli UN, i Non Phixion, Reks e Cormega. Insomma, giunti che siamo alle soglie della seconda decade del nuovo millennio la situazione di Paul Mitchell è forse più rosea che non nel periodo tra il '95 ed il 2002.
Tuttavia, ciò che molti suoi fan non sembrano perdonargli e l'incapacità di creare un classico come Breaking Atoms. Sapete, "ha perso lo smalto", "non è più quello di una volta", "un tempo qua era tutta campagna" e cose del genere; il che potrà anche essere vero, ma in ultima analisi sono passati diciotto anni e trovo che queste considerazioni abbiano un valore secondario rispetto al fatto che lui sia ancor'oggi uno dei pochi capaci di dare delle garanzie (anche se il primo esordio ufficiale quasi ce l'aveva fatto dimenticare). Soprattutto, trovo che il suo materiale non solo sia capace di svettare rispetto ai nostri tempi, ma altresì lo reputo dignitoso anche e soprattutto rispetto al suo periodo d'oro. Non tutto, certamente, ma buona parte sì.
Ed è per questo motivo che reputo Main Source un buon album, grossomodo godibile senza grandi intralci dall'inizio alla fine, anche se non perfetto; esso riassume pregi e difetti del produttore/rapper del Queens e, coerentemente col suo sviluppo artistico, mostra pregi e lacune con i primi che superano le seconde. Per dire: esattamente come Pete Rock, il talento maggiore di Paul sta nel produrre e non nel rappare, ma al contrario del Chocolate Boy Wonder egli in più occasioni dimostra comunque una competenza senz'altro superiore alla media dei suoi colleghi e, alle volte, financo in grado di competere con MC "puri". Non è poco. Parimenti, questo avviene nelle produzioni, capaci appunto di fare le scarpe a molta gente anche se talvolta non brillanti come si sarebbe portati a sperare. Ma questo è appunto un problema di aspettative più che di critica oggettiva, e nel momento in cui le si relega in secondo piano si scopre di avere per le mani la sua opera solista migliore o, quantomeno, capace di stare alla pari con l'LP recentemente pubblicato del '95.
Esaminiamo quest'opera nel dettaglio e vediamo innanzitutto che si può suddividere tra tracce perfettamente riuscite, cioè con beat e liriche ugualmente buoni, ed altre sbilanciate -solitamente a sfavore dell'emceeing. Ovvio. Ciò che è meno ovvio è che quelle pienamente riuscite sono autentici pezzoni con una in particolare degna dell'appellativo di "classico" o giù di lì, in ogni caso qualcosa che inserirei sicuramente in un'antologia di fine decennio. Sto Parlando di In The Ghetto, un pezzo che trasuda classe e soul da ogni poro e che, nella sua infinita sobrietà, nemmeno campiona un cantato alla Shirley Bassey o giù di lì ma chiama una tale (Traedonya) per farlo ad hoc; l'effetto finale è strepitoso, e su di esso vanno a collocarsi delle strofe costruite come se fossero una showreel di una passeggiata nel Queens:
"Young girls jumpin' double-dutch, high niggas rollin' up/ kids in the yard playin' two hand touch/ baby moms pushin' newborn, man with the suit on/ comin' home from work, young hustler with the Tudor/ Ladies slappin' handballs, workers comin' outta manholes/ graffiti vandals, fake pimps and hoes/ Pops in some sandals fussin with the landlords/ I'm waitin' on the bus, waitin' by the lampost/ Shorty with the grandfolks buyin' them mad clothes/ Chick outside in them slippers and bathrobe/ Young playa kid with the pick and big afro, on the cellphone talkin' bout 'where you at, yo?'/ Pretty all-natural, black beauty had a show/ Crew of dime females walk and talk mad slow/ Laughin' at the dudes that was tryin' to make a pass/ So many sights to see, what more could you ask fo'?"
Vedete, è raro che mi venga da trascrivere un verso, men che meno un'intera strofa, ma in questo caso sarebbe delittuoso non farlo. Purtroppo non posso trasmettere anche l'effetto della voce baritonale di LP e la sua cadenza, che vanno ovviamente ad impreziosire il tutto, ma oso sperare che prenderete cinque minuti per scaricare l'album e per ascoltare perlomeno questo capolavoro. Se poi voleste procedere nell'ascolto, come spero, v'imbattereste anche nella valida 'Maica Living, che per il ritornello usa in maniera creativa una parte della famosa frase della 20th Century Steel Band ("Everybody's got to make a living"), e che vede Pro scambiarsi il microfono con Killa Sha e tal Guardian Leep proprio per descrivere tre modi di vivere e di tira' a campa', il tutto su un beat che logicamente profuma di new York e che, analogamente a In The Ghetto, mira più a creare delle atmosfere urbane che ad andarci giù pesante con sample e batterie. L'hardcore invece rivive eccellentemente in Classic Emergency -basso e batteria pesante, due note basse di piano e via- e che dimostra come spesso, se il beat è sufficientemente potente, non serve un MC tecnico per farlo funzionare ma basta qualcuno con una bella voce ed una minima di convinzione nel tono di voce; last but not least, troviamo anche The Hardest, con AZ e Styles P, che pur essendo già stata pubblicata su un qualche solista di quest'ultimo (che comunque non ascolterei) fa piacere ritrovare qui. Ecco, con quest'ultima, direi che il poker di Main Source è stato calato ed ora restano purtroppo solo (o quasi) i lati meno positivi.
Lati meno positivi che troviamo innanzitutto in molti ritornelli, che sovente si dimostrano quasi capaci di rovinare un intero pezzo, come ad esempio nel caso di Hot Sizzlin' Scorchin' Torchin' Blazin' (che fa il Nostro? Semplice: dice queste parole, che coprono due battute, e poi aspetta la chiusura della quarta per ripeterle. Facile, no?) oppure in Large Pro Says, in cui didascalicamente -vi ricordo il titolo- esorta gli ascoltatori a "get hiiigh... now get looow", una roba a metà tra le lezioni di aerobica di Jane Fonda e i corsi d'inglese in cassetta dei primi '90. Follia pure; molto meglio allora la semplice ripetizione del titolo, che sarà pure concettualmente triviale ma perlomeno talvolta non riesce nemmeno a fare a pezzi la canzone (cfr. Classic Emergency o Sewin' Love) oppure, ancora meglio, qualche simpatico cut come in Hardcore Hip Hop o addirittura nulla come in Frantic Barz.
Come seconda nota di demerito potrei menzionare la comunque non eccelsa bravura di Large Pro al microfono, ma a parte il fatto che non lo reputo così malvagio se consideriamo il contesto ed i possibili paragoni -e alla fin fine le uniche vere merde le pesta con To the Meadows ed in minor misura con Sewin' Love- tutto sommato lui il suo mestiere lo fa perlopiù egregiamente. Casomai, a non funzionare sono certi abbinamenti tra il suo stile ed i beat che, non appena aumentano un po' in velocità ed usano campioni allegri/festaioli, qualche problema lo creano. Vedi ad esempio Pump Ya Fist o Hot Sizzlin Sticazzi, in cui Paul sembra fuori posto, e che mostrano l'infelicità della combinazione in maniera ancor più evidente se accostati a tracce come Party Time (che invece funziona, pur avendo un piglio alla Rapper's Delight). Last but not least: io apprezzo che il Nostro sappia di non essere capace di reggere un intero album da solo, ma allora perchè ai pezzi con Jeru, Lil' Dap e Noyd dedica circa un minuto cadauno? A parte rendermi nevrastenico, in teoria sarebbero anche dei bei beat ma usati così perdono completamente il loro fascino nonché la loro utilità. Bah.
Ciò detto, comunque, di materiale per valutare positivamente l'album ce n'è. Innanzitutto quei quattro pezzoni, poi altre tracce riuscite ma meno belle (Hardcore Hip Hop, Frantic Barz, The Entrance, Rockin' Hip Hop, Party Time) ed infine quelle che presentano difetti ma non per questo risultano inascoltabili (Largo Pro Says, Hot Stafungiadiminchia). Soprattutto, trovo che, banalmente, come beat ci siamo e per quanto non tutti meritino di entrare nell'Olimpo della discografia di LP, alla fin fine le sue abilità di beatmaker ne escono più che positivamente. Certo, forse proprio per questo resta la speranza che un giorno decida di fare una compila alla Soul Survivor, ma nel frattempo anche questo non è affatto male.





Large Pro - Main Source

VIDEO: HOT SIZZLIN' HAIASCIUGATO

6 commenti:

MAK ha detto...

...Hot Sizzlin, Scorchin, giàssai mi è parsa una mera rivisitazione di 'Bout That Time. Appena ho messo il cd nel lettore mi sono chiesto se mi avevano rifilato 1st Class nel case di Main Source... Album comunque molto gustoso per i miei gusti, tra le migliori uscite dell'anno scorso.

riccardo ha detto...

Di 1st Class che ne pensate?...Questo non l'ho poi più ascoltato.

MAK ha detto...

1st Class mi è piaciuto di più, la qualità media è più elevata. Poi c'è Nas in un SIGNOR Pezzo un pò sottovalutato.
In pratica almeno mezzo voto in più di Main Source.

reiser ha detto...

A me invece 1st Class è piaciuto meno; sì, Stay Chisel è bella e soprattutto In The Sun è una gran bella canzone, tra le sue migliori, però m'è parso più fiacco nell'insieme

Bout That Time era nell'album? Io avevo comprato il vinile ma più che altro per la b-side
Ora che ci penso da qualche parte dovrei ancora avere l'EP con neek The Exotic

Antonio ha detto...

C'era una produzione di J-Love, sul primo album, che mi prendeva bene. Era In The Sun?

reiser ha detto...

No, era Kool [no homo]