Se questo album riesce a dimostrare qualcosa, è che i signori della Atlantic hanno speso bene i loro soldi. Nel senso che, per quanto Eastern Philosophy sia pubblicato dalla Babygrande, Apathy risulta essere ancor'oggi sotto contratto per la casa discografica nuiorchese, peraltro tristemente nota in ambito reppuso per ritardare e/o cancellare uscite su uscite (cfr. Saigon, Lupe Fiasco). Non è quindi un caso che finora questo sia l'unico disco solista di Chad Bromley, concepito e partorito proprio per ovviare alle mancanze della suddetta Atlantic. Ad ogni modo, nell'invana (industry rule #4080) attesa che quest'ultima si dia una mossa, Eastern Philosophy è comunque una buona -per certi versi ottima- conferma delle capacità di Ap, del quale si può dire tutto fuorchè che incappi nei tipici atavismi dell'MC underground.
Siete infatti portati a credere che questo sia il tipico disco messo insieme da chi nasce come freestyler e che non riesce a comprendere che un album è diverso da una serata a microfono aperto? Allora sparatevi The Winter, per dirne una: sfoggiando un immaginario ricco quanto descrittivo, il Nostro sforna una concept track nella quale descrive al contempo l'inverno e la deprimente realtà urbana. Non vi basta? Volete sapere qualcosa in più su di lui? Allora Me & My Friends e 9 To 5 potrebbero fare per voi. E, beh, del resto, casomai doveste desiderare qualcosa di più tradizionale, la prima strofa di Philosophical Gangsta o Doe Raker sono pezzi da 90 del liricismo, nei quali Ap prende un flow e se lo gira e rigira come gli pare. Insomma, cosa posso dire di più? Apathy è tecnicamente ineccepibile (gestione della voce, respirazione, pulizia nella metrica...), tematicamente vario e concettualmente interessante. Testi come quelli di The Buck Stops Here o Chemical dovrebbero far capire che non si tratta dell'ennesimo pirletta mediamente competente, e persino quando si lancia in un leggero sfogo contro le donne sotto mestruo (!) l'esito risulta divertente ed intrattiene.
Il problema è casomai rappresentato dai beat, o meglio: dal produttore di punta del disco, Chum the Skrilla Guerrilla (ripetete con me: Chum. The. Skrilla. Guerrilla... minchia!). A parte il nome veramente incircolabile, il suo problema è di essere a malapena un discreto beatmaker: dove incassa con 1,000 Grams, perde con Can't Leave Rap Alone; mentre stupisce con The Winter, delude con Here Come The Gangstas, e via dicendo. Purtroppo, però, alla fine i conti non tornano e ci si ritrova con una maggioranza di produzioni che lasciano al massimo indifferenti. Il che fa cascare le braccia, perchè spesso Ap si trova praticamente da solo a dover portare avanti un pezzo altrimenti insulso; e uno s'incazza ancora di più quando s'accorge che le volte che il beat è all'altezza, il risultato sono ottimi: All About Crime, Chemical, Philosophical Gangsta, The Winter e 1,000 Grams sono lì a testimoniarlo.
Del resto non si può avere tutto dalla vita. Mi auguro solo che per il suo successivo disco Apathy sappia scegliere i beat con maggiore accuratezza (e anche gli ospiti: chisseloincula Emilio Lopez, no?); nell'attesa, oscillo tra un tre/tre e mezzo. Un solo avviso: è un disco che per venir apprezzato va ascoltato con attenzione più volte, senza soprattutto aspettarsi effetti speciali da parte delle produzioni.
Apathy - Eastern Philosophy
VIDEO: THE WINTER
Siete infatti portati a credere che questo sia il tipico disco messo insieme da chi nasce come freestyler e che non riesce a comprendere che un album è diverso da una serata a microfono aperto? Allora sparatevi The Winter, per dirne una: sfoggiando un immaginario ricco quanto descrittivo, il Nostro sforna una concept track nella quale descrive al contempo l'inverno e la deprimente realtà urbana. Non vi basta? Volete sapere qualcosa in più su di lui? Allora Me & My Friends e 9 To 5 potrebbero fare per voi. E, beh, del resto, casomai doveste desiderare qualcosa di più tradizionale, la prima strofa di Philosophical Gangsta o Doe Raker sono pezzi da 90 del liricismo, nei quali Ap prende un flow e se lo gira e rigira come gli pare. Insomma, cosa posso dire di più? Apathy è tecnicamente ineccepibile (gestione della voce, respirazione, pulizia nella metrica...), tematicamente vario e concettualmente interessante. Testi come quelli di The Buck Stops Here o Chemical dovrebbero far capire che non si tratta dell'ennesimo pirletta mediamente competente, e persino quando si lancia in un leggero sfogo contro le donne sotto mestruo (!) l'esito risulta divertente ed intrattiene.
Il problema è casomai rappresentato dai beat, o meglio: dal produttore di punta del disco, Chum the Skrilla Guerrilla (ripetete con me: Chum. The. Skrilla. Guerrilla... minchia!). A parte il nome veramente incircolabile, il suo problema è di essere a malapena un discreto beatmaker: dove incassa con 1,000 Grams, perde con Can't Leave Rap Alone; mentre stupisce con The Winter, delude con Here Come The Gangstas, e via dicendo. Purtroppo, però, alla fine i conti non tornano e ci si ritrova con una maggioranza di produzioni che lasciano al massimo indifferenti. Il che fa cascare le braccia, perchè spesso Ap si trova praticamente da solo a dover portare avanti un pezzo altrimenti insulso; e uno s'incazza ancora di più quando s'accorge che le volte che il beat è all'altezza, il risultato sono ottimi: All About Crime, Chemical, Philosophical Gangsta, The Winter e 1,000 Grams sono lì a testimoniarlo.
Del resto non si può avere tutto dalla vita. Mi auguro solo che per il suo successivo disco Apathy sappia scegliere i beat con maggiore accuratezza (e anche gli ospiti: chisseloincula Emilio Lopez, no?); nell'attesa, oscillo tra un tre/tre e mezzo. Un solo avviso: è un disco che per venir apprezzato va ascoltato con attenzione più volte, senza soprattutto aspettarsi effetti speciali da parte delle produzioni.
Apathy - Eastern Philosophy
VIDEO: THE WINTER
Nessun commento:
Posta un commento