La carriera musicale di AG è una strana bestia: in un solo decennio è riuscito a passare dai fasti dei lavori con Showbiz a delle mezze porcherie senza capo nè coda; così, BAM!, lasciando spiazzati più o meno tutti. In seguito alla pubblicazione della suddetta mezza porcheria -e mi riferisco al suo esordio come solista del '99- il Nostro s'era perso dietro a qualche 12" coi Ghetto Dwellas per poi non lasciar alcuna traccia sensibile della sua esistenza almeno fino all'autunno del 2006, quando cominciò a girare la voce che un nuovo disco era alle porte. Per quanto mi riguarda posso confessare tranquillamente che a quel punto avevo perso la speranza nella sua capacità di creare qualcosa di complessivamente soddisfacente; eppure, sapere che tra i produttori vi sarebbero stati (oltre a Finesse e Showbiz) alcuni dei miei beatmaker contemporanei preferiti (Madlib, Oh No, Jake One, Dilla) aveva fatto germogliare in me un seme di positività.
Comprato a scatola chiusa, Get Dirty Radio ancor'oggi non riesce a farmi esprimere un parere chiaro e netto. D'accordo, brutto non lo è affatto: ma quant'è bello? Hip Hop Quotable è fatta bene? Campionare il pezzo più gay (bella lotta) e più famoso dei Culture Club è una davvero una stronzata o i miei sono solo pregiudizi? Madlib e Oh No danno il meglio? E com'è che ha chiesto beat a Cochise, che è un incapace e che difatti, puntuale come la morte, ha partorito la musica peggiore dell'album?
Tutte queste domande verranno affrontate più avanti, perchè prima di tutto vorrei chiarire un punto: non mi piace più come rappa AG. Vado a spiegarmi: tra Goodfellas e Full Scale il Nostro aveva finalmente abbandonato il modo cantilenante di scandire le parole e chiudere i versi (cosa che mi ha sempre reso Goodfellas e Runaway Slave solo dei bei dischi e non dei capolavori), favorendo uno stile più asciutto ma comunque riconoscibilissimo e personale. Inoltre, le rime e le assonanze avevano cominciato ad essere più complesse e l'uso abbondante di schemi metrici incrociati me l'aveva fatto salire sempre più in alto nel mio indice di gradimento; persino quel che salvo di The Dirty Version era dovuto soprattutto ad AG stesso, che mi rendeva sopportabili gli altrimenti inutili o cacofonici beat. Per Get Dirty Radio, invece, il maledetto ha deciso di compiere un mezzo passo indietro e dei tornare a rappare a mo' di filastrocca, e ciò mortifica l'ascolto di molti passaggi o di intere canzoni (vedi ad esempio Frozen o We Don't care). In più, reputo che la sua tecnica sia lievemente peggiorata e che certi "esperimenti" -If I Wanna- risultino in tal senso fallimentari.
Poi, è chiaro: non è che sia diventato improvvisamente uno scarso, ed anzi, molte rime del disco dimostrano esattamente il contrario. Però non posso che rammaricarmi di questa sua scelta stilistica che, ne sono certo, non ha deluso solo il sottoscritto.
Tornando ora a bomba al disco nel suo complesso, la prima cosa che mi viene da fare è spernacchiare A Giant By Design; perchè sì, io sarò pure un rompicoglioni, ma come fai ad ascoltare un pezzo che campiona Do You Really Want To Hurt Me senza pensare immediatamente al relativo tragico video? Dài... Ma se DJ Design poi più o meno riesce a risalire il baratro di paillette e colori pastelloin cui è caduto, c'è chi invece fa di peggio, diciamocelo: Say Yeah di Cochise è ufficialmente quanto di peggio abbia sentito provenire da un membro della D.I.T.C. almeno da Bon Appetit in poi, ed in tal senso anche il Tommy Tee di Pray non scherza; insomma, non è un caso se tutte le cose più uptempo ed orientate verso i club create dalla crew nuiorchese siano delle mezze schifezze. Non fa per loro, punto, che lascino perdere.
Mentre tutt'altro discorso va fatto in considerazione dell'approccio più classico al rap che si fa vivo in diversi pezzi, primo fra tutti Hip Hop Quotable. In esso, difatti, AG lavora di copia e incolla mettendo insieme tre strofe composte da singoli versi di varie canzoni degli ultimi vent'anni e modificandole in base alle proprie esigenze; nessun vero nerd potrà esimersi dal cercare di riconoscere le varie Ambitionz Az A Ridah, C.R.E.A.M., Sucker M.C.'s, l'ovvia Eric B Is President, Gin & Juice e così via, e per questo noi lo ringraziamo. Ma la cosa davvero positiva è che tutto ciò gira su un eccellente beat di J Dilla, che di nuovo fa un lavoro di batterie favoloso lasciando poi al solo synth e ad Aloe Blacc il compito di donare un accenno di melodia al tutto. Ottime sono anche Take A Ride, che riaggiorna il G-Funk virandolo nelle tonalità di Madlib, Love (chapeau a Oh No, che riesce a non farmi vomitare pur usando le vocine pitchate) e la conclusiva Who Dat -decisamente d'ispirazione fusion/jazz-funk e sorprendentemente atta a liberare il talento di un AG più "vecchio stile".
Ma a questo punto qualcuno potrà chiedersi che fine abbia fatto il suono tipico della D.I.T.C.; al che gli rispondo che se già la suddetta Who Dat fa correre il pensiero al Diamond D più rilassato, allora sono definitivamente le varie Yeah Nigga, We Don't Care e The Struggle a dirci da dove proviene il Nostro. Dispiace solo che alla fine dei conti la migliore delle tre risulti la prima, curata da Tommy Tee, mentre le prestazioni di Show e Finesse non sono onestamente nulla per cui valga la pena di strapparsi i capelli (per dire: il campione di Struggle è stato usato con più criterio nel remix di Urban Legends, toh). Tuttavia, si vede che è su questo genere di produzioni che AG si sente più a suo agio, tant'e vero che in altri casi dove si verifica un maggiore distacco dal tipico boombap, vuoi anche con risultati in sè validi (Frozen, Gigantic, in parte Triumph), il suo stile fa un po' a pugni con la base e rende l'alchimia un po' tanto forzata.
Concludendo, da un lato non posso non apprezzare lo sforzo fatto da AG per creare un buon album e soprattutto per non ricalcare una strada già percorsa; ma quest'ultima decisione è purtroppo a doppio filo, nel senso che certe canzoni lasciano un po' spaesati e davvero ci si chiede se forse non si avrebbe preferito qualcosa di più tradizionale. Rimangono poi le mie perplessità sullo stile del Nostro, e pertanto non me la sento di affibbiare al tutto più di un tre zainetti; vi consiglio comunque di ascoltarlo per benino, perchè è assai probabile che vi troverete qualche sorpresa.
A.G. - Get Dirty Radio
Comprato a scatola chiusa, Get Dirty Radio ancor'oggi non riesce a farmi esprimere un parere chiaro e netto. D'accordo, brutto non lo è affatto: ma quant'è bello? Hip Hop Quotable è fatta bene? Campionare il pezzo più gay (bella lotta) e più famoso dei Culture Club è una davvero una stronzata o i miei sono solo pregiudizi? Madlib e Oh No danno il meglio? E com'è che ha chiesto beat a Cochise, che è un incapace e che difatti, puntuale come la morte, ha partorito la musica peggiore dell'album?
Tutte queste domande verranno affrontate più avanti, perchè prima di tutto vorrei chiarire un punto: non mi piace più come rappa AG. Vado a spiegarmi: tra Goodfellas e Full Scale il Nostro aveva finalmente abbandonato il modo cantilenante di scandire le parole e chiudere i versi (cosa che mi ha sempre reso Goodfellas e Runaway Slave solo dei bei dischi e non dei capolavori), favorendo uno stile più asciutto ma comunque riconoscibilissimo e personale. Inoltre, le rime e le assonanze avevano cominciato ad essere più complesse e l'uso abbondante di schemi metrici incrociati me l'aveva fatto salire sempre più in alto nel mio indice di gradimento; persino quel che salvo di The Dirty Version era dovuto soprattutto ad AG stesso, che mi rendeva sopportabili gli altrimenti inutili o cacofonici beat. Per Get Dirty Radio, invece, il maledetto ha deciso di compiere un mezzo passo indietro e dei tornare a rappare a mo' di filastrocca, e ciò mortifica l'ascolto di molti passaggi o di intere canzoni (vedi ad esempio Frozen o We Don't care). In più, reputo che la sua tecnica sia lievemente peggiorata e che certi "esperimenti" -If I Wanna- risultino in tal senso fallimentari.
Poi, è chiaro: non è che sia diventato improvvisamente uno scarso, ed anzi, molte rime del disco dimostrano esattamente il contrario. Però non posso che rammaricarmi di questa sua scelta stilistica che, ne sono certo, non ha deluso solo il sottoscritto.
Tornando ora a bomba al disco nel suo complesso, la prima cosa che mi viene da fare è spernacchiare A Giant By Design; perchè sì, io sarò pure un rompicoglioni, ma come fai ad ascoltare un pezzo che campiona Do You Really Want To Hurt Me senza pensare immediatamente al relativo tragico video? Dài... Ma se DJ Design poi più o meno riesce a risalire il baratro di paillette e colori pastelloin cui è caduto, c'è chi invece fa di peggio, diciamocelo: Say Yeah di Cochise è ufficialmente quanto di peggio abbia sentito provenire da un membro della D.I.T.C. almeno da Bon Appetit in poi, ed in tal senso anche il Tommy Tee di Pray non scherza; insomma, non è un caso se tutte le cose più uptempo ed orientate verso i club create dalla crew nuiorchese siano delle mezze schifezze. Non fa per loro, punto, che lascino perdere.
Mentre tutt'altro discorso va fatto in considerazione dell'approccio più classico al rap che si fa vivo in diversi pezzi, primo fra tutti Hip Hop Quotable. In esso, difatti, AG lavora di copia e incolla mettendo insieme tre strofe composte da singoli versi di varie canzoni degli ultimi vent'anni e modificandole in base alle proprie esigenze; nessun vero nerd potrà esimersi dal cercare di riconoscere le varie Ambitionz Az A Ridah, C.R.E.A.M., Sucker M.C.'s, l'ovvia Eric B Is President, Gin & Juice e così via, e per questo noi lo ringraziamo. Ma la cosa davvero positiva è che tutto ciò gira su un eccellente beat di J Dilla, che di nuovo fa un lavoro di batterie favoloso lasciando poi al solo synth e ad Aloe Blacc il compito di donare un accenno di melodia al tutto. Ottime sono anche Take A Ride, che riaggiorna il G-Funk virandolo nelle tonalità di Madlib, Love (chapeau a Oh No, che riesce a non farmi vomitare pur usando le vocine pitchate) e la conclusiva Who Dat -decisamente d'ispirazione fusion/jazz-funk e sorprendentemente atta a liberare il talento di un AG più "vecchio stile".
Ma a questo punto qualcuno potrà chiedersi che fine abbia fatto il suono tipico della D.I.T.C.; al che gli rispondo che se già la suddetta Who Dat fa correre il pensiero al Diamond D più rilassato, allora sono definitivamente le varie Yeah Nigga, We Don't Care e The Struggle a dirci da dove proviene il Nostro. Dispiace solo che alla fine dei conti la migliore delle tre risulti la prima, curata da Tommy Tee, mentre le prestazioni di Show e Finesse non sono onestamente nulla per cui valga la pena di strapparsi i capelli (per dire: il campione di Struggle è stato usato con più criterio nel remix di Urban Legends, toh). Tuttavia, si vede che è su questo genere di produzioni che AG si sente più a suo agio, tant'e vero che in altri casi dove si verifica un maggiore distacco dal tipico boombap, vuoi anche con risultati in sè validi (Frozen, Gigantic, in parte Triumph), il suo stile fa un po' a pugni con la base e rende l'alchimia un po' tanto forzata.
Concludendo, da un lato non posso non apprezzare lo sforzo fatto da AG per creare un buon album e soprattutto per non ricalcare una strada già percorsa; ma quest'ultima decisione è purtroppo a doppio filo, nel senso che certe canzoni lasciano un po' spaesati e davvero ci si chiede se forse non si avrebbe preferito qualcosa di più tradizionale. Rimangono poi le mie perplessità sullo stile del Nostro, e pertanto non me la sento di affibbiare al tutto più di un tre zainetti; vi consiglio comunque di ascoltarlo per benino, perchè è assai probabile che vi troverete qualche sorpresa.
A.G. - Get Dirty Radio
5 commenti:
il suo stile fa un po' a pugni con la base
finalmente ce l'hai fatta a non usare dicotomia.
dillo che eri tentato, pero' eh?
props comunque. (e devo riascoltarmelo ma the dirty version non mi sembrava questa cacata immane)
"Runaway Slave solo dei bei dischi e non dei capolavori" ...guarda goodfellas non mi e' mai piaciuto a parte alcuni pezzi, ma runaway slave e' classico a livello illmatic...cioe' se devo scegliere un disco su tutta la discografia d.i.t.c prendo quello..troppi pezzi classici per star qui a nominarli tutti...e poi il soul clap ep e' pure un classico (uscito prima di runaway slave nella versione shobiz records , non quella payday) e il remix di you know now e l'under pressure ep meritano pure....
Ho incluso Goodfellas perchè molti lo reputano un classico, il che mi sembra discutibile ma tant'è... Poi, libero di mandarmi a fanculo, ma a Runaway Slave preferisco piuttosto Stunts Blunts & Hip Hop -proprio perchè AG ha quella cantilena del menga- e se proprio dovessi scegliere un disco tra tutti metterei il Full Scale EP
Full Scale è quello che mi ha dato più soddisfazioni, riguardo Show & Andrea il Gigante.
Get Dirty Radio, l'ho sentito un paio di volte prima di accantonarlo forse fin troppo velocemente... ma la tua recensia, Reiser, mi ha fatto venire lo scrupolo di riprenderlo in mano.
Tra i "classici" D.I.T.C. fin'ora nessuno che segnala Lifestyle Ov Da Poor and Dangerous?
il bello di runaway e' che c'e' pure showbiz che rima...che secondo me non ci sta male...forse e' quello che preferisco perche' e' il primo che ho preso e me lo son sentito per anni...Stunts Blunts & Hip Hop e' comunque allo stesso livello...i remix sui singoli fan paura..specialmente quello di 45 king sul promo..e il pezzo che c'e' solo sull'altro singolo e non sull'album con finesse e sadatx e' una bomba...
Lifestyle Ov Da Poor and Dangerous? classico pure quello, senza alcun dubbio..forse un po' piu' "dark" come suono degli altri..pero' a livello di liriche superiore sicuramente.
comunque return of the funky man e' pure un bel classicone e se vogliamo ci mettiam pure word life...difficile scegliere...sicuramente nessuna cosa che abbia fatto fat joe
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