venerdì 3 ottobre 2008

KOOL G RAP & DJ POLO - LIVE AND LET DIE (Cold Chillin', 1992/2008)

Sarebbe interessante creare una sorta di albero genealogico degli stili dell'emceeing e della metrica perchè ad un certo punto, seguendone i rami, intorno all'89 si troverebbe una ramificazione da casata reale. Nella quale, al vertice si dovrebbe porre il nome di Kool G Rap e, a seguire, una lista di artisti più o meno conosciuti come Nas, Big Punisher, Big L, AZ, Smooothe Da Hustler, Necro e centinaia di altri. Peraltro, lo stesso avverrebbe se si andasse a ricostruire la storia di coloro che hanno rielaborato i temi del "mafioso-rap" fino alla nausea negli ultimi 15 anni: non basterebbero venti cartelle di testo per stilarne una lista completa. Insomma, il punto è che Kool G Rap non solo andrebbe riconosciuto come uno dei cinque MC più influenti della storia (e, sì, più in alto di Rakim), ma anche come uno dei più ingiustamente dimenticati oltreché più bravi.
Ma se ciò non avviene la colpa stavolta non è unicamente dovuta alla consueta faciloneria e pigrizia degli ascoltatori di rap, bensì anche a causa del fatto che il suo lavoro migliore, quello che lo avrebbe dovuto proiettare nell'Olimpo dei pezzi da '90 dell'hip hop, è stato pubblicato in circostanze tutt'altro che favorevoli che ne hanno persino determinato l'impossibilità di ristampa. Ma procediamo per ordine. Innanzitutto va detto che Live And Let Die è per molti versi speculare a Amerikka's Most Wanted di Ice Cube: prima di tutto perchè entrambi gli artisti si sono rivolti a dei produttori all'epoca molto in auge sulla costa opposta (Sir Jinx e Bomb Squad, rispettivamente), e poi perchè nelle canzoni venivano trattati temi che a quei tempi "tiravano" ma conferendogli un taglio smaccatamente personale e carismatico -sfido chiunque a non riconoscere le diversità tra la critica sociale fatta da Cube e quella fatta dai Public Enemy da un lato, così come è impossibile non notare le differenze tra gli atteggiamenti gangsta di un Eazy E rispetto a G Rap. In brevis, AMW così come LALD si ponevano come obiettivo (forse subconsciamente) quello di riunire il meglio di due diverse sensibilità in modo tale da costruire un punto di riferimento, una summa, non solo della propria carriera ma anche di un'epoca.
Ma se l'esordio di Cube ce l'ha fatta, perchè Live And Let Die no pur essendo artisticamente allo stesso livello? Occhio alle date: nel marzo del '92 esce ufficialmente la celeberrima Cop Killer dei Bodycount, e nell'arco di tre settimane scoppia il finimondo; tra proteste ufficiali del LAPD, sedute del congresso americano, lamentele da parte dell'FBI, denunce da parte di Bush Sr. e varie campagne moralizzatrici (tra cui la più importante comportò la minaccia degli azionisti della casa discografica di vendere le loro quote), la Warner Bros alla fine si vede costretta a ritirare le restanti copie della prima stampa e di pubblicare le successive ristampe senza la canzone incriminata. Andiamo avanti di qualche mese e giungiamo alla fine di novembre di quello stesso anno: dopo molti aggiustamenti di rotta, G Rap e Polo concordano col celebre fotografo musicale George DuBose la scelta della foto di copertina; vi sarebbero stati i due, con i volti coperti da passamontagna, che offrivano bistecche a due rottweiler agganciati a sedie sulle quali si trovavano due agenti della narcotici con dei cappi intorno al collo, pronti per un'impiccagione. Come a dire: noi ammazziamo sbirri (ma con tecniche più chic).
Prevedibilmente, i media si accorsero del sottile messaggio ed anche stavolta scoppiò un casino... o quasi. Preventivamente, la Warner dichiarò di non essere intenzionata di distribuire questo disco in alcun modo, e fu così che la Cold Chillin', già indebolita dalla causa persa l'anno precedente (in cui si dichiarava che i campioni andavano dichiarati e retribuiti), decise di gettare la spugna e abbandonare Live And let Die al suo destino di oscurità. Tant'è vero che mentre io stesso in passato non ebbi mai problemi a recuperare le vecchie cose di G Rap, per 'sta minchia di album ho dovuto attendere ben dodici anni (lo scoprì nel '96, infatti); posso però dire che l'attesa è valsa la pena, perchè non solo viene proposto un pacchetto contenente un CD aggiuntivo di remix, strumentali e rarità, ma per giunta ci viene fatto dono di un booklet contenente molte informazioni storiografiche oltrechè dell'artwork aggiuntivo -un bonus estremamente apprezzato da chi ama comprare originali perchè reputa che questi abbiano un valore aggiunto rispetto alla controparte più effimera.
Ma tutto questo companatico avrebbe poca importanza se la portata principale avesse un cattivo sapore, e invece, signori miei, che gran album! Non un pezzo che si allontani dall'alta qualità, e per giunta, sparse quà e là, alcune tracce da applausi a scena aperta. On The Run, per dire, coniuga perfettamente lo stile di Jinx -già di suo più orientato ad est dei vari Dr. Dre o DJ Quik- con l'estetica nuiorchese dell'epoca, col risultato di anticipare per certi versi un sound la cui sintesi si sarebbe realizzata più diffusamente solo qualche anno dopo. Non scordiamo inoltre il fondamentale apporto di G Rap stesso, che si lascia andare ad uno storytelling dei suoi in cui si mette nei panni di un corriere della mafia italoamericana che decide di ribellarsi ai suoi datori di lavoro. Com'è facile immaginare, lo stile di regia del Nostro è senz'altro più affine a un De Palma che non a un Coppola e difatti la piega degli eventi si mantiene sul tamarro andante, con sparatorie, sangue e cervella un po' ovunque eccetera, eppure risulta ben più appassionante ancor'oggi del solito "tough talk" da ghettuso qualsiasi.
Live And Let Die, poi, non ha problemi a mantenere il passo con la canzone precedente, e si collega perfettamente all'apologia del crimine contenuta in Crime Pays (in cui, è bene ricordarlo, più che glorificarlo e stop lo si vede come un'inevitabile reazione alla miseria in cui si nasce) - che suonerà senz'altro familiare anche agli sbarbi per il fatto che usa lo stesso campione di Rock Stars dei Non Phixion.
Come sonorità, poi, sono in anticipo di due-tre anni Train Robbery e Go For Your Guns, mentre più rappresentativa per l'epoca è la magnifica collabo con Big Daddy Kane, #1 With A Bullet, un'autentica perla dell'epoca che vede i due semirivali scambiarsi il microfono con un successo decisamente raro da vedersi (ed il fatto che la strofa del Nostro verrà riciclata sull'ultimo Half A Klip significa qualcosa - anche di negativo, se guardiamo al presente). Ma è inutile negare che il capolavoro di Live And Let Die è la storica Ill Street Blues, che si regge da un lato su un fondamentale loop di piano di Joe Williams, consacrandolo a sè per gli anni a venire, e dall'altro sulla tecnica e le capacità di G Rap, che vanno a fondersi impeccabilmente con la strumentale per creare uno dei capisaldi dell'hip hop degli anni '90. Chi l'avrebbe mai detto che i Trackmasterz, autori in solitaria del beat, sarebbero poi stati capaci di virare verso le atmosfere più rilassate di una Street Dreams RMX o Hey Lover (per rimanere sul tema, è anche vero che I Shot Ya chiarisce molte cose sulle loro origini)? Infine, per chiudere in bellezza l'LP c'è la posse cut da sogno per ogni fan sfegatato del reality rap: Two To The Head, con Bushwick Bill, Scarface e, gurda un po', il già menzionato Ice Cube.
Ricapitolando: produzione eccellente? C'è. Tre-quattro tracce da antologia? Ci sono. Un pezzo (almeno) perfetto? C'è. Un liricista coi controcoglioni all'apice della sua creatività? Pure. Insomma, non si sfugge: comprare, e subito. originale.




Kool G Rap & DJ Polo - Live And Let Die
Kool G Rap & DJ Polo - Live And Let Die (Bonus Disc)

VIDEO: ILL STREET BLUES

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Classiconissimo!

BRA
www.rapmaniacz.com

Antonio ha detto...

Damn, why your face so sweaty?

zio G e' piu influente di Rakim perche' ha dato al mondo Superhead...
Per il resto sai quanto G Rap sia uno dei miei favoriti.

MAK ha detto...

Questa è la miglior recensione che ho letto su questo disco. Complimenti.

G Rap per me rimane sempre il migliore.

...e dopo anni sono riuscito a sentirlo sulla stessa traccia con R.A. The Rugged Man, anche se lo smalto non è ovviamente più quello di un tempo.