Delle mille differenze che separano me da un fan della G-Unit ce n'è una che può lasciare aperto uno spiraglio di speranza di dialogo: Jake One. Negli ultimi sette-otto anni, il produttore di Seattle ha difatti partorito basi per una pletora di artisti tra cui, appunto, la G-Unit così come Encore; Lil' Scrappy come Gift Of Gab; Freeway come i De La Soul. I risultati sono stati, a mio modo di vedere, molto diversi: per i più puristi il Nostro sceglieva di reinterpretare un suono classico aggiornandolo con tagli di campione più azzardati e qualità del suono purissima (ascoltare Layover per credere!), mentre ai più ghettusi faceva dono di cose piuttosto semplici ma pensate esclusivamente per rendere efficacemente in macchina o in un club; inutile dire che preferisco il primo tipo di approcio, e pertanto mi duole notare come negli ultimi anni Jake si sia sempre più distaccato da esso. Tuttavia, quest'ultima constatazione non mi ha fermato -tre giorni fa- dal comprare questo White Van Music a scatola chiusa e a girarlo immediatamente nel walkman per poterlo assorbire come dio comanda.
Ora: i più attenti di voi ricorderanno che scrissi che in genere non amo recensire musica che non abbia ascoltato attentamente per almeno due settimane, e quindi come mai mi trovo già qui? Beh, un po' perchè in effetti continuo ad ascoltare questo disco sia prima che durante e dopo il lavoro, ma soprattutto -e aggiungo purtroppo- perchè l'insieme è piuttosto prevedibile e privo di elementi che facciano gridare al miracolo o che comunque richiedano tempo per essere assimilati. Da fan di Jake Weezy devo infatti sottolineare come il suo stile non si sia evoluto un granchè nell'ultimo periodo e, più grave, che WVM assomiglia più ad una raccolta che ad un progetto pensato ad hoc. Ma se fosse solo questo, allora potrei anche dirmi soddisfatto (anche Port Authority di Marco Polo, che pure apprezzo molto, soffre di questi problemi); invece, a queste due critiche devo aggiungere che in ultima anlisi troppi beat sono inspidi o fiacchi, e che l'album nel suo complesso appare monotono benché' privo di grande omogeneità.
Ma prima di giungere alle conclusioni, vediamo in breve cosa ci possiamo aspettare. Tanto per cominciare, una folta lista di ospiti di estrazione ben differente: Brother Ali, Freeway, Young Buck, Slug, Pos dei De La, gli M.O.P., MF Doom e via dicendo; brillano in tal senso le assenze di un Encore, di un Rasco o di un Gift Of Gab, che pure avrebbero fatto del bene. Ma tant'è: non c'è gusto che non possa dirsi soddisfatto, vuoi anche solo in parte. In secondo luogo, ciò che consegue da un simile assortimento è varietà stilistica e contenutistica, con relative eventuali differenze qualitative. Infine, e siamo al terzo punto, data la quantità e la varietà dei personaggi coinvolti nel progetto è lecito attendersi una presentazione quanto più completa dello stile di produzione di Jake One.
Cominciando dalla fine, ciò avviene solo in parte: la risposta è positiva se si va a considerare la media dei bpm -siamo sulla novantina- delle differenti tracce oltrechè l'abbondante uso del basso come strumento di percussione anzichè di semplice "accompagnamento"; essa diviene invece negativa se si considera il fatto che in diversi casi il Nostro preferisce adattarsi ai gusti dell'ospite di turno, il che avviene in maniera particolarmente adamantina nel caso delle collabo con Doom, Black Milk, Elzhi e persino Alchemist. Tuttavia, questo "deficit di personalità" non è in fondo nemmeno tanto sgradevole, tant'è vero che in alcuni dei casi sopracitati ci troviamo di fronte a quanto di meglio sappia offrire WVM: nella fattispecie è Trap Door, una delle due canzoni con MF Doom (l'altra, Get 'Er Done, è buona ma non eccelsa), a meritarsi il titolo di perla del disco. Il giro di basso è difatti impeccabile ed immediatamente memorizzabile, e quando va ad abbinarsi con il campione di chitarra dalle reminescenze morriconiane e la semplice batteria (rullante e charleston aperto) non si può non pensare ad un ibrido ben riuscito tra i gusti melodici di Doom, le batterie di Madlib e la pienezza di suono di Jake. Inoltre devo ammettere che un Ditadeféro così in forma non lo sentivo da qualche anno, e per quanto continui a dire poco o niente almeno lo fa bene. Poco più in là troviamo anche le valide I'm Coming, dove un buon beat di dichiarata ispirazione detroitiana ci fa scordare parzialmente che certi produttori il microfono non lo dovrebbero nemmeno toccare (Black Milk è OK, ma Nottz è incircolabile), e la geosonicamente (passatemi il neologismo) analoga Glow, che a distanza di pochi mesi dall'ottima Detroit 25 rivede i due mostri Elzhi e Royce the 5'9'' scambiarsi il microfono con buoni seppur non altrettanto eccelsi risultati.
A stupire sono poi alcune combinazioni bizzarre, quali Freeway e Brother Ali ma soprattutto Slug e Pos: la loro Oh Really è indubbiamente un altro pezzo da 90 di White Van Music, sia per quanto riguarda la qualità intrinseca del beat che per l'alchimia che si sviluppa tra i tre elementi (e aggiungo che mai avrei pensato che un Pos allo stato di grazia potesse venir avvicinato da qualcuno al di sotto di Rakim, e invece guarda lì Slug che ti combina). Menzioni speciali vanno pure allo storytelling di Scared e al suo inusualmente sobrio beat, mentre si collocano nella zona grigia gli esordienti di Seattle: Godlike vede tal D. Black destreggiarsi con competenza ma scarsa personalità su un beat di pari statura, col risultato che ci ricorda più delle sue due sparate creazioniste che del resto; i Carneadi J.Pinder, GMK e Spaceman (!?!) regalano performance più che dignitose ma mi ricordano un po' i Lox e purtroppo viaggiano su una base che sarebbe stato meglio variare o accorciare un po'; last but not least, Home risulta insignificante per chi non è di Seattle ed anche lì il tutto mi pare un po' troppo prolisso (5' e 22", che asciugo).
Chi invece mi ha deluso puntebbasta sono gli M.O.P., che con il beat di Gangsta Boy fanno francamente a pugni, ed i Little Brother: uno si mette ad ascoltare Bless The Child ed arriva a tre quarti di canzone con una buona impressione, salvo poi dover scoprire che Phonte riattacca a cantare ed in ultima analisi a scassare il belino. Ma perchè!?! Nota a parte per Casual, che mi ha sempre fatto cacare e che pertanto non riesco a valutare secondo criteri almeno vagamente oggettivi.
Ma ora occhio perchè cominciamo a penetrare a fondo nel reame delle porcherie, ed in quest'ottica chi ha il dubbio onore di farci provare un disgusto senza nome è Keak Da Sneak: il fondatore del hyphy -e già qui si dovrebbe capire con che gente abbiamo a che fare- spreca una discreta base (campione già sentito paro paro in Sugar Ray & Hearns di Cormega) per rantolare fantozzianamente le sue quattro palle di cui poco ce ne può fregare e, calcolando che nel suo nome ci sono più rime valide che nell'intera canzone, direi che ci avviciniamo al concetto di urfido. In quanto a bruttezza lo segue a ruota Young Buck, che gentilmente ci conferma di essere una pippa salvo essere ripreso dall'inetterrimo Bishop Lamont: come a dire uno scontro fra titani, reso ancora più avvincente dal fatto che le produzioni di Dead Wrong e Kissin' The Curb sono a dir poco triviali e financo fastidiose, in quanto ornate da suoni sintetizzati che personalmente reputo sgradevoli. Honorable Mention infine per White Van, che vanta una produzione cacofonica e delle strofe francamente imbarazzanti da parte di Alchemist -e vabeh, Evidence e Prodigy.
Insomma, giungendo alla conclusione del disco e della mia pazienza, vorrei che fossero chiare due cose: la prima è che ci sono tre canzoni molto belle di cui una da applausi a scena aperta. La seconda è che quando i pezzi sono brutti, beh, lo sono DAVVERO: inascoltabili già la prima volta, diventano vieppiù orrendi di ascolto in ascolto fino a quando viene da porsi la domanda se alcune cose non avrebbero meritato il trattamento "sposta in cestino > vuota il cestino". Inoltre reputo che, come Alchemist ai tempi di 1st Infantry, Jake One abbia già raggiunto il picco della sua creatività qualche anno addietro e purtroppo ciò si fa notare in diversi punti di WVM: scarsa ispirazione, tendenza a ripiegare sulle solite tre formule standard eccetera eccetera. Al che non me la sento di raccomandare questo disco più di tanto, anche perchè nella sua linearità non riesce comunque ad appagare pienamente nessuno: per ogni purista che odierà Keak Da Sneak vi sarà il tabbozzo che sputerà in faccia a Blueprint. In tre parole: un'occasione sprecata.
P.S. Una cosa indubbiamente fica però c'è: la bella grafica con stampa in rilievo mi ha fatto urlare FUCK YEAH!, ed anche un booklet esaustivo nonchè tanto di CD bonus con strumentali (e per lo stesso prezzo) sono iniziative degne di plauso.
Jake One - White Van Music
Jake One - White Van Music (Instrumentals)
Ora: i più attenti di voi ricorderanno che scrissi che in genere non amo recensire musica che non abbia ascoltato attentamente per almeno due settimane, e quindi come mai mi trovo già qui? Beh, un po' perchè in effetti continuo ad ascoltare questo disco sia prima che durante e dopo il lavoro, ma soprattutto -e aggiungo purtroppo- perchè l'insieme è piuttosto prevedibile e privo di elementi che facciano gridare al miracolo o che comunque richiedano tempo per essere assimilati. Da fan di Jake Weezy devo infatti sottolineare come il suo stile non si sia evoluto un granchè nell'ultimo periodo e, più grave, che WVM assomiglia più ad una raccolta che ad un progetto pensato ad hoc. Ma se fosse solo questo, allora potrei anche dirmi soddisfatto (anche Port Authority di Marco Polo, che pure apprezzo molto, soffre di questi problemi); invece, a queste due critiche devo aggiungere che in ultima anlisi troppi beat sono inspidi o fiacchi, e che l'album nel suo complesso appare monotono benché' privo di grande omogeneità.
Ma prima di giungere alle conclusioni, vediamo in breve cosa ci possiamo aspettare. Tanto per cominciare, una folta lista di ospiti di estrazione ben differente: Brother Ali, Freeway, Young Buck, Slug, Pos dei De La, gli M.O.P., MF Doom e via dicendo; brillano in tal senso le assenze di un Encore, di un Rasco o di un Gift Of Gab, che pure avrebbero fatto del bene. Ma tant'è: non c'è gusto che non possa dirsi soddisfatto, vuoi anche solo in parte. In secondo luogo, ciò che consegue da un simile assortimento è varietà stilistica e contenutistica, con relative eventuali differenze qualitative. Infine, e siamo al terzo punto, data la quantità e la varietà dei personaggi coinvolti nel progetto è lecito attendersi una presentazione quanto più completa dello stile di produzione di Jake One.
Cominciando dalla fine, ciò avviene solo in parte: la risposta è positiva se si va a considerare la media dei bpm -siamo sulla novantina- delle differenti tracce oltrechè l'abbondante uso del basso come strumento di percussione anzichè di semplice "accompagnamento"; essa diviene invece negativa se si considera il fatto che in diversi casi il Nostro preferisce adattarsi ai gusti dell'ospite di turno, il che avviene in maniera particolarmente adamantina nel caso delle collabo con Doom, Black Milk, Elzhi e persino Alchemist. Tuttavia, questo "deficit di personalità" non è in fondo nemmeno tanto sgradevole, tant'è vero che in alcuni dei casi sopracitati ci troviamo di fronte a quanto di meglio sappia offrire WVM: nella fattispecie è Trap Door, una delle due canzoni con MF Doom (l'altra, Get 'Er Done, è buona ma non eccelsa), a meritarsi il titolo di perla del disco. Il giro di basso è difatti impeccabile ed immediatamente memorizzabile, e quando va ad abbinarsi con il campione di chitarra dalle reminescenze morriconiane e la semplice batteria (rullante e charleston aperto) non si può non pensare ad un ibrido ben riuscito tra i gusti melodici di Doom, le batterie di Madlib e la pienezza di suono di Jake. Inoltre devo ammettere che un Ditadeféro così in forma non lo sentivo da qualche anno, e per quanto continui a dire poco o niente almeno lo fa bene. Poco più in là troviamo anche le valide I'm Coming, dove un buon beat di dichiarata ispirazione detroitiana ci fa scordare parzialmente che certi produttori il microfono non lo dovrebbero nemmeno toccare (Black Milk è OK, ma Nottz è incircolabile), e la geosonicamente (passatemi il neologismo) analoga Glow, che a distanza di pochi mesi dall'ottima Detroit 25 rivede i due mostri Elzhi e Royce the 5'9'' scambiarsi il microfono con buoni seppur non altrettanto eccelsi risultati.
A stupire sono poi alcune combinazioni bizzarre, quali Freeway e Brother Ali ma soprattutto Slug e Pos: la loro Oh Really è indubbiamente un altro pezzo da 90 di White Van Music, sia per quanto riguarda la qualità intrinseca del beat che per l'alchimia che si sviluppa tra i tre elementi (e aggiungo che mai avrei pensato che un Pos allo stato di grazia potesse venir avvicinato da qualcuno al di sotto di Rakim, e invece guarda lì Slug che ti combina). Menzioni speciali vanno pure allo storytelling di Scared e al suo inusualmente sobrio beat, mentre si collocano nella zona grigia gli esordienti di Seattle: Godlike vede tal D. Black destreggiarsi con competenza ma scarsa personalità su un beat di pari statura, col risultato che ci ricorda più delle sue due sparate creazioniste che del resto; i Carneadi J.Pinder, GMK e Spaceman (!?!) regalano performance più che dignitose ma mi ricordano un po' i Lox e purtroppo viaggiano su una base che sarebbe stato meglio variare o accorciare un po'; last but not least, Home risulta insignificante per chi non è di Seattle ed anche lì il tutto mi pare un po' troppo prolisso (5' e 22", che asciugo).
Chi invece mi ha deluso puntebbasta sono gli M.O.P., che con il beat di Gangsta Boy fanno francamente a pugni, ed i Little Brother: uno si mette ad ascoltare Bless The Child ed arriva a tre quarti di canzone con una buona impressione, salvo poi dover scoprire che Phonte riattacca a cantare ed in ultima analisi a scassare il belino. Ma perchè!?! Nota a parte per Casual, che mi ha sempre fatto cacare e che pertanto non riesco a valutare secondo criteri almeno vagamente oggettivi.
Ma ora occhio perchè cominciamo a penetrare a fondo nel reame delle porcherie, ed in quest'ottica chi ha il dubbio onore di farci provare un disgusto senza nome è Keak Da Sneak: il fondatore del hyphy -e già qui si dovrebbe capire con che gente abbiamo a che fare- spreca una discreta base (campione già sentito paro paro in Sugar Ray & Hearns di Cormega) per rantolare fantozzianamente le sue quattro palle di cui poco ce ne può fregare e, calcolando che nel suo nome ci sono più rime valide che nell'intera canzone, direi che ci avviciniamo al concetto di urfido. In quanto a bruttezza lo segue a ruota Young Buck, che gentilmente ci conferma di essere una pippa salvo essere ripreso dall'inetterrimo Bishop Lamont: come a dire uno scontro fra titani, reso ancora più avvincente dal fatto che le produzioni di Dead Wrong e Kissin' The Curb sono a dir poco triviali e financo fastidiose, in quanto ornate da suoni sintetizzati che personalmente reputo sgradevoli. Honorable Mention infine per White Van, che vanta una produzione cacofonica e delle strofe francamente imbarazzanti da parte di Alchemist -e vabeh, Evidence e Prodigy.
Insomma, giungendo alla conclusione del disco e della mia pazienza, vorrei che fossero chiare due cose: la prima è che ci sono tre canzoni molto belle di cui una da applausi a scena aperta. La seconda è che quando i pezzi sono brutti, beh, lo sono DAVVERO: inascoltabili già la prima volta, diventano vieppiù orrendi di ascolto in ascolto fino a quando viene da porsi la domanda se alcune cose non avrebbero meritato il trattamento "sposta in cestino > vuota il cestino". Inoltre reputo che, come Alchemist ai tempi di 1st Infantry, Jake One abbia già raggiunto il picco della sua creatività qualche anno addietro e purtroppo ciò si fa notare in diversi punti di WVM: scarsa ispirazione, tendenza a ripiegare sulle solite tre formule standard eccetera eccetera. Al che non me la sento di raccomandare questo disco più di tanto, anche perchè nella sua linearità non riesce comunque ad appagare pienamente nessuno: per ogni purista che odierà Keak Da Sneak vi sarà il tabbozzo che sputerà in faccia a Blueprint. In tre parole: un'occasione sprecata.
P.S. Una cosa indubbiamente fica però c'è: la bella grafica con stampa in rilievo mi ha fatto urlare FUCK YEAH!, ed anche un booklet esaustivo nonchè tanto di CD bonus con strumentali (e per lo stesso prezzo) sono iniziative degne di plauso.
Jake One - White Van Music
Jake One - White Van Music (Instrumentals)
7 commenti:
le cose migliori di jake one, se ti piaciono i mixtape di breaks originali, sono quelle che ha fatto con mr.supreme come conmen...
dovresti trovarli su
https://dirtcastle.com
Uh gran bel sito, grazie mille per la segnalazione!
I mixtape di break originali generalmente meritano assai, ma essendo poco aduso mi daresti un parere sugli Off track di Kon & Amir?
no problem! gli o"off track" sono quelli ufficiali usciti su BBE ..non sono pezzi campionati...piu' che altro disco o latin jazz...non so se ti prendono bene...
altri mixtape di breaks li trovi qui
http://www.thatrealschitt.com/
o qui
http://www.masscorporation.blogspot.com/
i migliori secondo me son quelli di muro, soulman, ken sport, conmen e kon&amir.
Senti, a me il disco non e' dispiaciuto. Certo, e' roba "veloce" da digerire, pero' alcuni beat sono proprio buoni. E Freeway su roba "sample-heavy" rende sempre.
Su Kissing the Curb e Bishop Lamont ti sbagli, su Keak The Sneak purtroppo no...
senti, ho appena finito una compilation su cui sto lavorando da un mese...la puoi postare sul tuo blog per vedere se anche gli allievi meritano due lire???
bella ck
D'accordo come sempre.Quella con Pos e Slug è la mia preferita.
Perchè quando l'hai ascoltato non fai la recenzione del nuovo di Statik Selektah?
Recensione interessante as usual!
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