venerdì 16 gennaio 2009

GODFATHER DON - DIABOLIQUE (Hydra/ Sneak Tip, 1998)

Voglio cominciare questa recensione con una breve e, volendo, anche banalotta riflessione sulla differenza che passa tra l'acquisto di dischi oggi e prima dell'avvento di internet. Infatti, benchè io reputi comodissimo Amazon e soprattutto ne sappia valutare l'importanza per quanto riguarda certi album esclusi dai circuiti commerciali ai quali s'appoggiano Vibra (o Goody Music, per dire), quando posso preferisco comunque recarmi di persona in negozio. Questo perchè, da romanticone decadente quale talvolta sono, mi piace dare la possibilità di associare un dato momento della mia vita alla musica; non a caso, posso facilmente ricordarmi di dove e quando acquistai la maggior parte dei CD che fanno parte della mia collezione. Esempio: so che Jealous One's Envy e Once Upon A Time In America li comprai insieme in un giorno di giugno del '96 durante il quale venne giù un acquazzone da tirare porchiddèi senza sosta; Mr. Smith lo presi all'ormai defunto Virgin di piazza Duomo (come molti altri, incluso The Awakening di Finesse), i Real live al WOM di Berlino centro, Stakes Is High ed il primo Sadat X a Monaco, War Report alla Tower Records di Piccadilly Circus eccetera eccetera.
Nel 2000, invece, mi imbarcai con due miei amici nell'immancabile interrail e, durante l'altrettanto obbligatoria sosta ad Amsterdam (ebbene sì, sono un luogo comune ambulante), non solo feci visita alla Fat Beats locale (come da indirizzo scansito dall'agendina che tutt'oggi porto nel portafogli) ma trovai per puro colpo di culo in un negozietto questo Diabolique, del quale avevo sentito parlare in precedenza in una recensione apparsa su Blaze. 44,95 fiorini olandesi -un casino coi cambi- e via; purtroppo queste mie spesucce mi costrinsero ad accorciare la vacanza e vabbè, ma intanto a distanza di quasi dieci anni posso dire di conservare un tot di ricordi anche grazie ai souvenir reperiti nei paesi bassi.
Bene: tutto questo per dire cosa? Assolutamente niente, è solo che ogni tanto mi piace piazzare du' palle autobiografiche, così, tanto per soddifare il mio ego. Ma ora arriviamo finalmente al succo del discorso: il secondo album da solista di Godfather Don, Diabolique. Questo arrivò nei negozi nel '98, durante una fase cruciale per il futuro del rap, in cui il mainstream non era più solo definibile come tale per via del successo commerciale, ma per via del suono: vale a dire che mentre fino a pochi anni prima -tolte alcune eccezioni irrilevanti ai fini della regola- era possibile che un album riscuotesse un buon successo ma ciò non significava automaticamente che esso si distinguesse particolarmente da altre produzioni meno fortunate (pensate anche solo a Tical, disco di platino nel '95). Nel '98, invece, il divario nel sound tra i dischi di successo e quelli relegati al secondo e terzo piano andava vieppiù allargandosi e conseguentemente gli alfieri delle due squadre consolidavano le loro rispettive identità in maniera sempre più forte ed urlata. Godfather Don esce in parte da questa logica, in quanto bene o male non si lascia andare a particolari dichiarazioni d'intenti, favorendo piuttosto l'autoesaltazione più classica e tradizionale. Questo è poi sostanzialmente il limite di Diabolique, e cioè che salvo gli addetti ai lavori dubito che qualcuno potrà trovarlo di particolare interesse se non per questioni puramente tecniche. Ma essendo ciò in fondo uno dei fondamenti dell'hip hop, di cosa ci possiamo lamentare? Per citare Phonte: "Dope beats, dope rhymes... what more do ya'll want?"
E difatti questo è l'approccio che ha Godfather Don per tutto il disco, sia per quel che riguarda le liriche che per ciò che concerne i beat, da lui interamente prodotti e mixati. Questi ultimi sono senz'altro la parte più interessante del disco, dato che il suo gusto è decisamente particolare sia nella scelta dei campioni che nel modo di adoperarli. Sintetizzando, si tratta di brevi loop sulle cui origine è difficile per me pronunciarmi anche con l'ausilio di the-breaks.com: si tratta sicuramente perlopiù di funk e fusion con qualche incursione nel soul e nel jazz classico, ma visti i suoni che egli decide di estrarre è francamento ardua per un profano come il sottoscritto intuire cosa si celi dietro (beh, Dip Dip Die credo che adoperi lo stesso campione di 10 Sacchi Per Ogni Smi, se vi può interessare). Le atmosfere che ne risultano sono comunque particolari e -passatemi il termine, vi prego- urbane; perchè è vero che di allegro non vi sia pressoché nulla, ma è altrettanto vero che non si può paragonare Diabolique a The Infamous: innanzitutto perchè il tiro è generalmente più veloce, e poi perchè la brevità dei sample, il tagliarli più volte per chiudere la misura ed il modo di effettarli si avvicina quasi di più all'elettronica. Che si tratti di pianoforte, archi, fiati o chitarra, Godfather smanetta di pitch ed equalizzatore fino a quando è talvolta difficile riconoscere l'esatta natura di un suono (cfr. Diabolique, Pick Up The Mic, Burn RMX e altre). Tutto ciò comunque si traduce -essendo lui uno capace- in un'estrema godibilità ed omogeneità del disco: il materiale skippabile è veramente pochissimo e, fatta salva Make'Em Suffer (davvero una cacata a spruzzo), ciò dipende perlopiù da gusti personali che non da questioni di qualità intrinseca. Ma gusti o non gusti, dubito che qualcuno non potrà apprezzare alcune tracce che si fanno notare per potenza: prima fra tutte la stranota Properties Of Steel, ma poi anche Connections (ed il suo campione a metà tra David Axelrod e Gary Byrd), la cupa Connections e le ottime collabo con Scaramanga e Mike L (Life Ain't The Same e No Competition) e Kool Keith (Voices).
Il successo di queste poi dipende anche da come esse riescono a "funzionare" se messe insieme all'emceeing. Fa piacere scoprire che Don deve avere ben chiare le sue capacità, perchè confeziona beat che calzano a pennello con il suo stile a metà tra Big Daddy Kane -velocità ed intrecci di rime- e Kool Keith -libera associazione del pensiero. Una buona sintesi di quello che il Nostro sa fare è rappresentato da Live & Let Die, in cui si può capire che a fronte di una piattezza vocale totale abbiamo di fronte un intreccio di rime relativamente semplice ma di grande impatto, essendo l'esecuzione veloce, pulita e, soprattutto, piena. Un esempio: "You wish you was half the lyricist that I persist to be/ Don't say shit to me, Godfather like Sicily/ The misery's consistency through similees will blemish these abnormalities in the industry". In quest'ottica è naturale che i pochi ospiti invitati gli siano artisticamente vicini: non solo Kool Keith, che fa la sua porca figura in Voices, ma anche tale Mike L (non eccezionale ma valido) e Sir Menelik alias Scaramanga, il quale in Life Ain't the Same caccia la strofa migliore del disco ed in generale regala una prestazione da lasciare a bocca aperta tutt'oggi. Come già detto prima, non sono i contenuti -che quando ci sono rientrano nei cliché del genere- a contare quanto la pura esecuzione tecnica, e da questo punto di vista non posso dire che Don sia la miglior cosa che mi sia mai capitata di sentire. Però il pregio del suo stile è di correre assieme alla traccia, risultando dunque quasi d'accompagnamento, ed in quest'ottica si può facilmente sorvolare su alcune sue manchevolezze (una su tutte: la pronuncia zoppicante nelle parti più tirate delle strofe).
In conclusione, Diabolique è pesantemente soggetto -molto più di altri dischi- ai gusti dell'ascoltatore. Il punto fermo è che come produttore è inngabilmente capace (sai che scoperta), un po' meno come MC; ma anche a distanza di undici anni dall'uscita originale, per godere appieno di questo prodotto si deve necessariamente essere aficionados del rap più essenziale e, dico sul serio, hardcore. Posto che si rientri quindi in questa categoria, allora non si corrono rischi. In caso contrario, meglio rivolgersi altrove.




Godfather Don - Diabolique

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi sa che per la prima volta recensisci qualcosa che non ho! ;-)
Scarico con piacere.
Comunque condivido in pieno l'introduzione, buona parte dei miei dischi (diciamo un 60% o più) li ho presi all'estero e i ricordi sono davvero tanti, spulciare tra Berlino, Londra, Stoccolma o Dublino e tornare sull'aereo stracolmo di roba è stato fantastico!

BRA
www.rapmaniacz.com

Anonimo ha detto...

Per forza di cose i migliori dischi si prendono all'estero. Qui in Italia hai voglia a trovare, non dico rare perle, ma anche solo dischi un pò datati o non palesemente mainstream. Certo ci sono quei 4 negozietti sparsi per lo stivale dove puoi uscire abbastanza soddisfatto ma sono comunque inferiori alla media dei negozi europei. Personalmente i migliori acquisti li ho fatti a Parigi e dintorni. L'unica cosa per cui apprezzo la Francia, oltre agli NTM. La soddisfazione nel constatare di persona che il "reparto rap" di tal negozio è grosso il doppio dell'intero negozio medio italiano è tanta. Detto questo, Diabolique è un mio personalissimo (e sottolineo PERSONALISSIMO) classico, a differenza di Hazardous che per la critica sarà pure più bello ma suona troppo old per i miei gusti, ergo gasa manco la metà. E' un disco che riascolto sempre con piacere, è un pò "la medicina contro il raffreddore da fieno"... metaforicamente, malessere musicale piuttosto ricorrente di questi tempi.

Anonimo ha detto...

Reiser ti sei accaparrato pure la recente raccolta del Don "The Nineties Sessions"? Nel caso di risposta negativa ti consiglio di farlo al più presto. Visto di chi stiamo parlando, non so quanto possa rimanere sul mercato.

reiser ha detto...

Oh beh io gli ho dato quattro cercando di restare oggettivo, lo reputo uno dei dischi migliori in mio possesso. Inter nos: 4 e 1/2 abbondanti, altroché!

In Italia comunque la situazione è progressivamente peggiorata. Nel senso che possono dirmi tutto quello che vogliono, tipo "il rap fa il botto" grazie a Fibra e Marra e blablabla ma io mi ricordo che nei MEGASTORE -per antonomasia il posto peggiore dove spingersi oltre il sentir comune- nel 94/95 trovavo chicche della madonna. Lord Finesse, appunto, Fesu, EPMD (mannaggiammè quando mai non ho preso Business Never Personal!) eccetera eccetera. E poi chiaro, anche P.M. Dawn, Hammer e Vanilla Ice, ma sticazzi...
Qui a Milano di minimamente decente oramai c'è solo Ricordi, ma i CD a 22 carte se li possono anche passare su per il culo per quanto mi riguarda

reiser ha detto...

Per The Nineties Sessions: stamane, proprio scaricando la thumbnail da inserire negli Mp3 da Amazon, l'ho notato. Merita, eh? Mi sa che lo prenderò, data anche la penuria di suo materiale.

E, parantesi: Hazadous o quale che sia lo spelling suona davvero vecchiotto, concordo.

Anonimo ha detto...

Devo ringraziarti.Svolgi davvero un ottimo lavoro con questo blog,si capisce che la tua è una sana passione per le quattro discipline;l'Hip Hop.Ottimo l'album di Godfather Don,suoni classici East Coast primi anni '90...Nostalgia,è raro ai nostri giorni ascoltare un suono del genere,privo di fronzoli,Underground;"Vieille ècole à l'Ancienne"...Se possiedi altre Chicche del genere,bèh,postale tutte,Grazie.

reiser ha detto...

Grazie dei complimenti; purtroppo tante altre robe così non ne ho ma farò comunque del mio meglio
Se vuoi un consiglio fai un salto su Bust The Facts, con qualche ricerca qualcosa di gustoso lo trovi sicuramente

Anonimo ha detto...

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