Coloro che in queste settimane stanno seguendo su Unkut la competizione tra reppusi che fanno realmente brutto avranno notato che per eliminare Freddie Foxxx c'è voluto nientemeno che un peso da 90 del calibro di Just Ice; detta altrimenti, è come se per steccare Wolverine fosse dovuto intervenire Hulk. Il Nostro, infatti, negli anni s'è guadagnato una fama di zarro a tutto tondo che, contrariamente a molti altri, non ha paura di fare nomi perchè sa perfettamente di essere in grado di concretizzare le sue minacce. Ma questo di per sè ha un significato molto relativo, dato che anche il Fat Joe degli esordi vinceva le competizioni in quanto più che disposto a prendere a catenate sui denti chi gli si parasse contro. Quello che fa la differenza nel caso di Bumpy è che al microfono non è mai stato una mezzasega, come dimostrano le sue varie apparizioni negli anni '90, in cui era puntualmente riuscito ad attirare l'attenzione su di sè grazie ad un carisma ed un'aggressività pari per intensità a quella degli M.O.P.
Hardcore: questa è ovviamente la chiave di lettura di Industry Shakedown. Con produzioni di Premier, Pete Rock, Alchemist, Diamond D e Bumpy stesso, la qualità del tapeto musicle è garantita perlomeno sulla carta, anche se posso anticipare che grosse delusioni non ci saranno. Anzi, la prima cosa che s'incontra dopo l'intro è una sorpresa: 24 Hrs. è un eccellente biglietto da visita per quel che concerne l'abilità al campionatore del Nostro, che riesce a combinare un'ottima linea di basso a singole note di piano ed una batteria incalzante nella migliore tradizione del rap nuiorchese; ed anche la commistione di flauti e sintetizzatori di Inside Your Head è a dir poco notevole, dato che sa produrre quel misterioso quid che fa scattare l'headnodding più selvaggio. Appare dunque evidente che Bumpy ha saputo trarre utili insegnamenti da produttori più esperti nel corso della sua carriera, perchè su una cosa non si discute: i suoi beat qui cagano in testa a molti, molti prodotti curati magari da "professionisti" del genere. E se il taglio dei campioni vede un'evidente influenza di Primo e Large Professor mentre i bassi sanno di Pete Rock (sempre lì siamo, come vedete), bisogna dire che la programmazione delle batterie è decisamente meno derivativa e addirittura conferisce un taglio molto personale alle sue produzioni; l'unico difetto che posso trovare nell'opera all'Akai del Nostro -eccetto magari singole tracce non proprio al top- è che l'equalizzazione soffre dell'effetto "compressione a mille" oltreché di una sporcizia del suono forse voluta ma non particolarmente godibile.
Infatti, da questo punto di vista si sente quando arriva un Pete Rock, per giunta in doppia modalità riflessivo/ hardcore (Who Knows Why/ Bumpy Knuckles Baby), dato che a prescindere dall'atmosfera che egli decide di creare sa comunque gestire con equilibrio sporcizia del campione e pulizia dei bassi; cosa che del resto fanno anche Primo (con due beat che sinceramente non mi fanno impazzire) e Alchemist con la sua Tell'Em I'm Here. Chi invece tecnicamente "sfora" un po' è Diamond D, non solo perchè le batterie di Bumpy Bring It Home potevano essere un po' più pesanti, ma anche perchè riprende il campione del singolo dei Naughty By Nature dell'anno precedente (Dirt All By My Lonely): non una cosa esecrabile o gravissima ma certamente tacciabile di pigrizia, anche se in fin dei conti il pezzo gira tranquillamente grazie agli interventi di Foxxx e Billy Danze.
Ecco, appunto, l'emceeing: sappiate che Bumpy chiama soltanto gli M.O.P. ed una corista (questa sì assolutamente fuori posto), dato che evidentemente o ha già abbastanza materiale di suo oppure pensa che alla fine siano in pochi a saper reggere la sua potenza. personalmente propenderei più per quest'ultima opzione, sia perchè nella sua sconfinata arroganza è affascinante, sia perchè appare plausibile nel momento in cui ci sono più e più momenti in cui il Nostro si scaglia contro tutte le storture del sistema discografico e le sue emanazioni. Il che include innanzitutto gli MC scarsi (con dedica affettuosa a Nore e Memphis Bleek), poi gli abbaioni (e lì le citazioni si sprecano, ma questa ve la regalo: "I represent the real grimy masses/ Of thugged-out gunslinging criminal asses/ That shoot up your party and chill at mine/ Cause they know I got love for real niggas, nine to nine there’s the mind") ed infine naturalmente i discografici che per tutto questo tempo gli hanno messo i bastoni tra le ruote. E diversamente da buona parte delle geremiadi che si sentono nell'underground, quelle di Bumpy sono affermazioni che lasciano il segno perchè dimostra abbondantemente che a lui non gliene frega cazzo. E proprio per questo, anche quando decide di prendersi una pausa dai numerosi assalti alla baionetta allo status quo (come appunto in Who Knows Why) si tende a prenderlo con maggior serietà di quanto non sarebbe lecito in casi del genere. Insomma, dei pregi di Industry Shakedown quello che più risalta è che non si debbono edulcorare le parole di Freddie: a parola corrisponde azione, e ciò è per definizione sinonimo di autenticità.
Poi, per carità, le sue magagne questo disco le ha anche: certi beat non troppo ispirati, un po' di ripetitività, gli skit pesanti... tutto quello che si vuole, ma resta il fatto che secondo me quest'album rappresenta un unicum nel rap degli ultimi anni. Privo di compromessi, la sua maggior peculiarità consiste nell'avere un autore che al di là di questioni di (innegabile) bravura rappresenta effettivamente l'hardcore nella sua applicazione più pratica, ed in quest'ottica non mi sembra fuori posto dire che -malgrado i suoni contemporanei- faccia andare il pensiero più agli albori del rap che non a ciò che sarebbe diventato negli anni successivi. E poi ha un fumetto veramente da applausi, che non posso non scansire anche se va contro le mie convinzioni.
Freddie Foxxx a.k.a. Bumpy Knuckles - Industry Shakedown
Fumettino svergognatamente autocelebrativo & brutto
Hardcore: questa è ovviamente la chiave di lettura di Industry Shakedown. Con produzioni di Premier, Pete Rock, Alchemist, Diamond D e Bumpy stesso, la qualità del tapeto musicle è garantita perlomeno sulla carta, anche se posso anticipare che grosse delusioni non ci saranno. Anzi, la prima cosa che s'incontra dopo l'intro è una sorpresa: 24 Hrs. è un eccellente biglietto da visita per quel che concerne l'abilità al campionatore del Nostro, che riesce a combinare un'ottima linea di basso a singole note di piano ed una batteria incalzante nella migliore tradizione del rap nuiorchese; ed anche la commistione di flauti e sintetizzatori di Inside Your Head è a dir poco notevole, dato che sa produrre quel misterioso quid che fa scattare l'headnodding più selvaggio. Appare dunque evidente che Bumpy ha saputo trarre utili insegnamenti da produttori più esperti nel corso della sua carriera, perchè su una cosa non si discute: i suoi beat qui cagano in testa a molti, molti prodotti curati magari da "professionisti" del genere. E se il taglio dei campioni vede un'evidente influenza di Primo e Large Professor mentre i bassi sanno di Pete Rock (sempre lì siamo, come vedete), bisogna dire che la programmazione delle batterie è decisamente meno derivativa e addirittura conferisce un taglio molto personale alle sue produzioni; l'unico difetto che posso trovare nell'opera all'Akai del Nostro -eccetto magari singole tracce non proprio al top- è che l'equalizzazione soffre dell'effetto "compressione a mille" oltreché di una sporcizia del suono forse voluta ma non particolarmente godibile.
Infatti, da questo punto di vista si sente quando arriva un Pete Rock, per giunta in doppia modalità riflessivo/ hardcore (Who Knows Why/ Bumpy Knuckles Baby), dato che a prescindere dall'atmosfera che egli decide di creare sa comunque gestire con equilibrio sporcizia del campione e pulizia dei bassi; cosa che del resto fanno anche Primo (con due beat che sinceramente non mi fanno impazzire) e Alchemist con la sua Tell'Em I'm Here. Chi invece tecnicamente "sfora" un po' è Diamond D, non solo perchè le batterie di Bumpy Bring It Home potevano essere un po' più pesanti, ma anche perchè riprende il campione del singolo dei Naughty By Nature dell'anno precedente (Dirt All By My Lonely): non una cosa esecrabile o gravissima ma certamente tacciabile di pigrizia, anche se in fin dei conti il pezzo gira tranquillamente grazie agli interventi di Foxxx e Billy Danze.
Ecco, appunto, l'emceeing: sappiate che Bumpy chiama soltanto gli M.O.P. ed una corista (questa sì assolutamente fuori posto), dato che evidentemente o ha già abbastanza materiale di suo oppure pensa che alla fine siano in pochi a saper reggere la sua potenza. personalmente propenderei più per quest'ultima opzione, sia perchè nella sua sconfinata arroganza è affascinante, sia perchè appare plausibile nel momento in cui ci sono più e più momenti in cui il Nostro si scaglia contro tutte le storture del sistema discografico e le sue emanazioni. Il che include innanzitutto gli MC scarsi (con dedica affettuosa a Nore e Memphis Bleek), poi gli abbaioni (e lì le citazioni si sprecano, ma questa ve la regalo: "I represent the real grimy masses/ Of thugged-out gunslinging criminal asses/ That shoot up your party and chill at mine/ Cause they know I got love for real niggas, nine to nine there’s the mind") ed infine naturalmente i discografici che per tutto questo tempo gli hanno messo i bastoni tra le ruote. E diversamente da buona parte delle geremiadi che si sentono nell'underground, quelle di Bumpy sono affermazioni che lasciano il segno perchè dimostra abbondantemente che a lui non gliene frega cazzo. E proprio per questo, anche quando decide di prendersi una pausa dai numerosi assalti alla baionetta allo status quo (come appunto in Who Knows Why) si tende a prenderlo con maggior serietà di quanto non sarebbe lecito in casi del genere. Insomma, dei pregi di Industry Shakedown quello che più risalta è che non si debbono edulcorare le parole di Freddie: a parola corrisponde azione, e ciò è per definizione sinonimo di autenticità.
Poi, per carità, le sue magagne questo disco le ha anche: certi beat non troppo ispirati, un po' di ripetitività, gli skit pesanti... tutto quello che si vuole, ma resta il fatto che secondo me quest'album rappresenta un unicum nel rap degli ultimi anni. Privo di compromessi, la sua maggior peculiarità consiste nell'avere un autore che al di là di questioni di (innegabile) bravura rappresenta effettivamente l'hardcore nella sua applicazione più pratica, ed in quest'ottica non mi sembra fuori posto dire che -malgrado i suoni contemporanei- faccia andare il pensiero più agli albori del rap che non a ciò che sarebbe diventato negli anni successivi. E poi ha un fumetto veramente da applausi, che non posso non scansire anche se va contro le mie convinzioni.
Freddie Foxxx a.k.a. Bumpy Knuckles - Industry Shakedown
Fumettino svergognatamente autocelebrativo & brutto
1 commento:
Penso non ci sia nulla d'aggiungere a questa recensione...sia per quel che riguarda i pregi che i difetti.
Complimenti per tutto il blog comunque, fortuna averlo trovato:)
Nei prossimi giorni vedrò di vivisezionarlo per bene!
Posta un commento