martedì 23 giugno 2009

MAIN FLOW & 7L - FLOW SEASON (Brick/Traffic Ent., 2006)

Io odio le radio italiane. Le odio con un livore che posso solamente dedicare a chi abusa del mio tempo per sciorinare coglionate che puntualmente hanno praticamente nulla a che fare con la musica, la quale, poi, naturalmente fa stracacare. In questo brodo primordiale dell'intelletto c'è tuttavia una sorta di scala evolutiva: ci sono casi irrecuperabili come Radio Montecarlo e Radio 105, che ben si confanno alle doti cerebrali da unicellulare di chi le ascolta, ed altre che via via diventano meno peggio pur restando sostanzialmente degli insulti alla propria intelligenza. Radio Deejay ad esempio ha qualche momento di vitalità affogato nel profluvio di scemenze che sparano i vari Fabi Volo e le annesse Luciane Littizzetto; Radio Capital è enormemente peggiorata dacché la linea editoriale è passata a Linus ma ogni tanto qualcosa di decente lo passano pure; Virgin Radio sarebbe anche apprezzabile se non riciclassero la medesima scaletta ogni giorno e mezzo; Popolare è apprezzabile negli intenti ed in alcune trovate, ma è talmente permeata di bastiancontrarismo che troppo spesso si traduce in scelte musicali per me opinabilissime (anche se ricordo un viaggio fatto ascoltando un bestiale solista di Cisco che mi ha fatto fare diverse risate). Insomma, detta in soldoni: le uniche due radio oggettivamente serie sono il Terzo Canale della Rai (dove malgrado l'impostazione classica ho potuto sentire MF Doom, i Co'Sang, Pete Rock ecc.), dove vi è molta divulgazione -senza contare l'immancabile Prima Pagina, e soprattutto 102.2 aka il Quinto Canale, ove non parlano se non per riferire del compositore, degli esecutori, di luogo e anno d'incisione.
Ora: in genere di ascoltare radio non me ne potrebbe fregare di meno. Ho dei gusti ed ho abbastanza dischi per soddisfare qualsiasi mia voglia, però il problema è che in genere nel rap ho pochissimi album cosiddetti "easy listening". Mi manca quasi totalmente quindi l'equivalente reppuso di, che so, i Glasvegas: qualcosa che sia privo di pretese ma che riassuma una serie di spunti positivi in un'unica opera senza scadere troppo nel banale e che, sì, insomma, sappia fare il proprio mestiere risultando piacevole da ascoltare. Bene: se anche voi avete i miei stessi problemi, allora Flow Season fa per voi. Alle macchine c'è un 7L che in quell'anno aveva contribuito al disastroso A New Dope (e che per sua fortuna noi invece preferiamo ricordare per i suoi precedenti lavori, decisamente superiori) mentre al microfono c'è tale Main Flow, già membro dei Mood alias il gruppo d'origine di Hi-Tek. Tutto quà? Sì. Il primo produce mentre il secondo rappa, come si faceva un tempo. Questa formula diggèi + MC in genere tende a produrre ottimi risultati perchè si suppone che questo tipo di collaborazione nasca dopo una meditazione più lunga che non se si trattasse di una sola canzone, perciò sono da tempo estremamente aperto ad opere che decidono di seguirla e difatti, entro certi limiti, si può dire che Flow Season sia un successo.
In realtà, più che parlare di "certi limiti", al plurale, sarebbe più corretto che scrivessi "malgrado Main Flow". Giaggià, il problema è proprio l'interprete principale, nient'altro. E se vi state interrogando sui perchè, la risposta più concisa che possa darvi è "perchè è scarso anche se cerca di nasconderlo". D'accordo, lui s'impegna a mettere insieme rime multisllabiche, peccato però che nella migliore delle ipotesi lo faccia seguendo pressoché sempre la stessa metrica incrociata ABAB (es.: "Don't let them cops know you got doe or cop 'dro/ The block is hot yo get ready let the props go") e per giunta quasi mai per più di due misure, col risultato dunque di creare semplici filastrocche tipo Signor Bonaventura, semplicemente più complesse al loro interno (e alle volte nemmeno quello). Ma non è tutto. Flow manifesta infatti un inequivocabile odio verso le parole tronche mentre adora all'inverosimile le piane (non rompetemi il cazzo dicendomi che non si può applicare la suddivisione degli accenti italiani sulle parole inglesi, avete comunque capito benissimo), col risultato che persino all'interno di uno schema metrico così triviale l'effetto finale sarà meno vario e soprattutto cantilenante. Scordatevi quindi cose come "So let a motherfucker move a muscle when I tussle they'll be piecin' niggas back like fucking puzzles", perchè quì riusciamo ad avere uno dei pochi anglofoni capace di riprendere i peggori difetti dell'italiano come lingua per rappare e che senza un apparente motivo strascica con fastidiosa frequenza l'ultima sillaba della parola rimata.
Ma non è finita qui. Non ancora: se Main Flow metricamente può quindi ricordare un Killa Sin lobotomizzato e la voce ricorda un Cormega privo di passione, contenutisticamente e liricamente siamo alla Caporetto dell'intelletto: gangsterismi da du' lire espressi senza un minimo di inventiva, metafore ed analogie obsolete (ancora i doppi sensi vedere-Ray Charles?) e davvero niente, ma proprio niente da comunicare. Per assurdo, credo che sia l'unico ghettuso degli Stati Uniti a non esser stato capace di cavare dal buco quantomeno una traccia sulla sofferenza o su come l'è düra stare tutta la giornata in strada a smazzare; in altre parole, persino l'ABC di questa sottocategoria riesce a sfuggirgli dalle mani. È incredibile. Delle due l'una, quindi: se vuoi metterti a rappare o hai una storia alle spalle e qualcosa da dire oppure sei bravo con le parole; se così non dovesse essere, allora ricordati che non te l'ha mica detto il dottore che devi diventare emsì, o sbaglio? Aggiungiamoci che i ritornelli ad opera esclusivamente sua sono in larghissima parte al di sotto del minimo denominatore comune di tollerabilità -del tipo "I'm a gangsta... you a gangsta... I'm a gangsta... you a gangsta" (Orcoddio! ORCODDIO!!!)- e direi che, a meno che non ci si voglia avventurare nei territori minati dello stile dirty south, di schiappe simili ce ne sono poche in giro.
Insomma, non lasciatevi ingannare dalla metrica fintorakimiana, Flow proprio non ce la fa per un cazzo e sinceramente m'interrogo su come i recensori di madrelingua inglese abbiano potuto sostenere che lui sia uno competente.
Però però però... una cosa la sa fare bene: scegliersi i beat. Eccetto un paio di occasioni, le basi di Flow Season non solo sono assai belline (per quanto non originali) ma soprattutto sono dotate di tempi e melodie che, ammetto di non sapere come, riescono ad occultare tutta la cagosità dell'emceeing. The Show, per dire, gode di un loop di piano pitchato che viene intervallato nel ritornello da degli archi: formulaico quanto volete, ma funziona. Where I'm From, invece, è costruita su una bellissima melodia generata da quello che identifico come uno strumento a fiato pitchatissimo (ma che potrebbe altrettanto probabilmente essere un cantato elevato di sette ottave) e da un bel giro di basso che lo accompagna sul più classico set di batterie di questa terra e che, forse proprio per questo, funziona divinamente; Forever invece vede riaffiorare il soul nella forma di sample vocali e pianoforti, ma con un risultato finale che si avvicina molto più ai pezzi più riflessivi di Cormega (che difatti qui presenzia) che non alle pacchianate dei Heatmakerz. Un richiamo al Queensbridge, questo, non isolato in quanto pare di sentire echi del Havoc di fine millennio nella successiva No Gangsta, così come The Re-Up vedrebbe come ideale collocazione un Nas post-It Was Written (contrariamente al sentire comune, questa per me non è una cosa negativa).
Ma melodie e soul a parte c'è anche spazio per beat più ruvidi dalle radici ben piantate nel funk: Top Scholars ne fa parte (ed è l'unica dove Flow dimostra un minimo di bravura, volevo dirvelo), ma è Hold Lines quella ad essere più riuscita, grazie anche all'eccellente cambio di campione nel ritornello che così va ad evidenziare dei scratch che stanno alla canzone come la proverbiale ciliegina sulla torta. Il rovescio della medaglia è che sui beat più spezzati e amelodici, come questo appena menzionato o She Like The Way I Talk, la menomazione creativa dell'MC risulta più evidente in quanto non vi è sufficiente materiale per diluirla; e finchè la base mantiene una sua decenza si può ancora glissare, ma non appena il campione diventa monotono -come in Recipe- allora la struttura non regge più ed il terreno scivola da sotto i piedi ad entrambi i protagonisti.
Comunque sia, ora viene il momento di sintetizzare in un voto quanto scritto finora. Ebbene, non è facile: vi dico fin da subito che io gli darei un sano tre, in barba a qualsiasi fondamento di matematica. Perchè se è vero che le basi sono da tre e mezzo/quattro, è altrettanto vero che lui s'aggira intorno all'uno e mezzo/due (sì, è così scarso). Eppure è quasi impossibile scindere le cose, perché in fin dei conti (l'ho già scritto) i beat riescono nell'80% dei casi a rendere meno incisive le oggettive lacune di Flow. E non solo: l'ambito musicale risulta certamente bello e ci fa scordare che ci sia qualcuno che ci rappa sopra, ma soprattutto ha delle melodie di sicuro impatto che rendono l'ascolto di Flow Season un piacere -almeno per me. Io difatti riesco a far girare i tre quarti d'ora scarsi di musica di cui è composto anche due o tre volte di fila, il che, considerando quanto scritto poco sopra, si può legittimamente considerare un miracolo. Insomma, che posso fare? Da un lato non posso sostenere che Flow Season sia al livello di altri album da me recensiti e che hanno ricevuto un voto pari a tre; ma nemmeno quelli da 2 e 1/2 gli sono paragonabili (N.A.S.A. l'avrò ascoltato praticamente solo per recensirlo), per cui, nel dubbio e considerato il suo pregio di essere facilmente digeribile, mi regolo di conseguenza inserendo questo titolo come uno dei rari casi di easy listening, a dimostrazione del fatto che non sempre è richiesta un'alta qualità per avere successo. Se comprarlo o meno sta a voi: io l'ho preso solo due settimane fa dopo anni e anni che vegetava nel mio HD...





Main Flow & 7L - Flow Season

VIDEO: STACK UP/TOP SCHOLARS

6 commenti:

Anonimo ha detto...

vorrei sapere che ne pensi di milano-new york di jad...so che producer è italiano ma visto che sono tutti emcee d'oltreoceano penso potresti recensire questo cd senza contravvenire ad alcun tuo proposito...

BAUAU

reiser ha detto...

L'avevo ascoltato, all'epoca, ma non mi era parso nulla de che. Il problema, poi, è che recensisco solo dischi in mio possesso materiale, per cui sono poco invogliato.

Anonimo ha detto...

fa niente...mi accontento del parere...

BAUAU aka ghostfacebook

Anonimo ha detto...

Ci tengo particolarmente a farti notare che fra i jackpot 5 backpapers winners hai omesso smoothe da hustler...non avrai mica intenzione di modificare il 5 di once upon a time in america?

Rorschach

Anonimo ha detto...

FCK SQUAD...cazzo davvero reiser smoothe ti era sfuggito..bèh di modificare il woto mi sa non se ne parla proprio...comunque per quanto riguarda baby blak..lo sto ascoltando da ieri in continuazione..ed è davvero un disco piacevolissimo..e dico che la tua recensione non fa una piega quoto a pieno su tutto.compreso il fatto che nonostante il flow scorrewolissimo e la metrica scandita un po + di enfasi nelle rime si poteva mettere..bèh poco male comunque....hell yeah..già dall'intro si capisce lo spessore

reiser ha detto...

Modificare? MAI!
No semplicemente m'era sfuggito in quanto la categoria Jackpot l'ho creata in un secondo tempo.
Anzi, se doveste trovare altre sviste segnalate tutto, ché a me magari non viene in mente