Sapete cosa amo di più di Double Barrel? Che fondamentalmente non c'è nulla di concreto da scrivere dell'album, tutto quello che volete sapere si può trovare in esso, come nei bei vecchi album: senza pretese se non quella di farti dire "minchia" di fronte ad un beat pestone e ad una rima particolarmente riuscita. E, come nelle suddette opere (perlomeno in quelle ben riuscite), si può ascoltare dall'inizio alla fine senza grossi problemi e senza doversi concentrare più dello stretto necessario. Insomma, un vero disco rap, che piaccia o meno.
Il messaggio di cui si fanno portatori il produttore canadese (trapiantato a Brooklyn) Marco Polo e l'MC di Coney Island Torae è quello di un hip hop privo di fronzoli atto a ristabilire un criterio di "dopeness" mediante la propria semplice esistenza. D'altronde, chi comincia un LP con un campione da Return Of The Boombap di KRS One ha le idee ben chiare, e difatti da Double Barrel a Smoke, passando per il capolavoro Lifetime e l'eccellente collabo con Sean Price e Masta Ace intitolata Hold Up, è un assalto all'arma bianca a tutti coloro che in qualche modo hanno portato l'hip hop ad un livello di degrado inconcepibile per chiunque abbia vissuto quantomeno la seconda Golden Age dei primi anni '90. Alla sbarra degli accusati ci sono naturalmente i tradizionali parrucconi, gli incapaci, i fiacchi e compagnia bella; l'unica cosa che in questo frangente riesce a collocare Double Barrel dopo il duemila sono la new entry degli hipster, opportunamente dissati un po' ovunque con particolare astio riservato ai skinny jeans (word!), e l'ironia riservata a tutti coloro che sostengono di non scrivere mai nulla e d'improvvisare anche quando si trovano in studio a registrare un album. Tolto ciò, non faccio fatica ad immaginarmi ad ascoltare questo LP nel mio vecchio walkman a cassetta mentre vado a scuola con indosso la Helly Hansen da marinaio del peschereccio azzurro. Per dire.
Ora: per alcuni questa ortodossia rappresenterà senz'altro un limite; penseranno, magari con qualche motivo, che se un'epoca si è chiusa allora meglio metterci sopra una pietra. Io invece non sono d'accordo nel dire che il rap non-progressivo (pardon, Antonio) si possa ascrivere ad una particolare epoca. Esso è sempre esistito ed è solo per contingenze storiche che questo ha assunto una forma mutata a livello mainstream, concentrandosi più sulla forma che sulla sostanza; tuttavia, l'autoesaltazione per le proprie capacità è viva e lotta con noi, semplicemente non è facilmente commerciabile perchè richiede un minimo di conoscenza da parte dell'ascoltatore per poter essere compresa e accettata (o rifiutata, a seconda). Ne consegue quindi che chi è capace di fare questa distinzione troverà in DB grandi motivi di soddisfazione, mentre gli altri, come si suol dire, possono andare a fanculo altrove.
Torae esplicita questo messaggio non solo a parole ma anche e soprattutto con il suo stile asciutto e tradizionale, imperniato più che su esperimenti di metrica sull'accoppiata voce e rime, ed in questo bisogna dire che convince. La sua non forte individualità è compensata da un bel timbro baritonale, che sovente ricorda Blaq Poet, e che basta per richiamare l'attenzione dell'ascoltatore anche quando Marco Polo va di mano pesante col beat. In tutto ciò, comunque, non confondetelo con un Twin Gambino: presenza al microfono a parte, egli se la cava anche con le rime e per quanto possa apparire talvolta un po' legnoso (o inesperto, come dimostra Wordplay) tendenzialmente non è tipo da farsi scavalcare così facilmente dagli ospiti. Ospiti che, trattandosi di Sean Price, Masta Ace, Lil' Fame, Ruck, Saukrates e Guilty Simpson, non sono propriamente gli ultimi arrivati (vabeh, Simpson sì e difatti viene stracciato) e grazie alla loro bravura ed esperienza riescono ad aggiungere quel tanto di varietà che basta per non far scadere il tutto nella monotonia. Certo, verrebbe da chiedersi quanto senso possa avere sentire uno dei sopracitati MC su un beat anni '90 quando la maggior parte di essi di fatto GIA HA canzoni smili incise proprio in quegli anni ma, ehi, c'è qui qualcuno ansioso di sapere come suoni Ruck su una base di DJ Toomp? Spero di no.
Dal canto suo, Marco Polo, entrato a far parte del gotha dei miei emergenti preferiti grazie al suo ottimo Port Authority, dà un giro di vite al termine "varietà" e si concentra pressoché esclusivamente sulla creazione di pestoni di matrice premierana mescolata ad un cicinin di D.I.T.C. L'esempio migliore è la già citata Lifetime, in cui il Nostro prende lo stesso campione di Q&A di Show & AG e gli conferisce un taglio caratteristico del Chris Martin di fine anni '90. Ma poi, volendo, ci sarebbero anche l'obbligatorio omaggio al proprio quartiere, intitolato Coney Island, in cui Marco mescola sapientemente un break famosissimo cui non ricordo il nome ed un sample vocale dei Temptations con delle batterie che giustamente accompagnano i primi dando loro maggior forza, in maniera non dissimile dal Buckwild dell'ultimo periodo. Tuttavia, la matrice non è sempre così chiara ed univoca: altrove si può trovare un pizzico di Erick Sermon (Hold Up), di Pete Rock (Double Barrel, But Wait), Large Professor (Rah Rah Shit, Stomp) e persino Bomb Squad (il "ronzio" di Party Crashers ha molto in comune con la base di Publi Enemy #1). Insomma, se qui può ancora valere -vuoi anche in misura minore- la critica di scarsa personalità, è anche vero che salvo in un paio di occasioni Marco Polo riesce a traslare le proprie influenze in una formula più legata al suono nuiorchese nel suo insieme che non ai singoli protagonisti che lo hanno definito in passato.
Conclusione? Bomba. Come già scrissi in precedenza, assieme a DJ Honda & Problemz e l'esordio di Finale, questo è uno dei pochi dischi degni di essere ricordati in questo miserabile 2009. Nel mio personale caso, poi, esso va a toccare le mie corde più da estremista e pertanto non può che esaltarmi; se volessi quindi dare completamente retta al mio lato più, uhm, "emotivo" affibbierei a Double Barrel un bel quattro e mezzo ma, conscio del fatto di dover dimostrare un minimo di oggettività e rispetto della linea editoriale (l'opera non si può dire perfetta), mi limito ad un bel quattro abbondante. A margine: se siete fan di questo genere di cose, ho terminato ieri la compila di roba non-progressiva; quando mercoledì tornerò in ufficio sarà la prima cosa che vi passerò, completa di grafica e tutto quanto.
[aggiunta: intervista a Torae e MP su HipHopGame]
Marco Polo & Torae - Double Barrel
Il messaggio di cui si fanno portatori il produttore canadese (trapiantato a Brooklyn) Marco Polo e l'MC di Coney Island Torae è quello di un hip hop privo di fronzoli atto a ristabilire un criterio di "dopeness" mediante la propria semplice esistenza. D'altronde, chi comincia un LP con un campione da Return Of The Boombap di KRS One ha le idee ben chiare, e difatti da Double Barrel a Smoke, passando per il capolavoro Lifetime e l'eccellente collabo con Sean Price e Masta Ace intitolata Hold Up, è un assalto all'arma bianca a tutti coloro che in qualche modo hanno portato l'hip hop ad un livello di degrado inconcepibile per chiunque abbia vissuto quantomeno la seconda Golden Age dei primi anni '90. Alla sbarra degli accusati ci sono naturalmente i tradizionali parrucconi, gli incapaci, i fiacchi e compagnia bella; l'unica cosa che in questo frangente riesce a collocare Double Barrel dopo il duemila sono la new entry degli hipster, opportunamente dissati un po' ovunque con particolare astio riservato ai skinny jeans (word!), e l'ironia riservata a tutti coloro che sostengono di non scrivere mai nulla e d'improvvisare anche quando si trovano in studio a registrare un album. Tolto ciò, non faccio fatica ad immaginarmi ad ascoltare questo LP nel mio vecchio walkman a cassetta mentre vado a scuola con indosso la Helly Hansen da marinaio del peschereccio azzurro. Per dire.
Ora: per alcuni questa ortodossia rappresenterà senz'altro un limite; penseranno, magari con qualche motivo, che se un'epoca si è chiusa allora meglio metterci sopra una pietra. Io invece non sono d'accordo nel dire che il rap non-progressivo (pardon, Antonio) si possa ascrivere ad una particolare epoca. Esso è sempre esistito ed è solo per contingenze storiche che questo ha assunto una forma mutata a livello mainstream, concentrandosi più sulla forma che sulla sostanza; tuttavia, l'autoesaltazione per le proprie capacità è viva e lotta con noi, semplicemente non è facilmente commerciabile perchè richiede un minimo di conoscenza da parte dell'ascoltatore per poter essere compresa e accettata (o rifiutata, a seconda). Ne consegue quindi che chi è capace di fare questa distinzione troverà in DB grandi motivi di soddisfazione, mentre gli altri, come si suol dire, possono andare a fanculo altrove.
Torae esplicita questo messaggio non solo a parole ma anche e soprattutto con il suo stile asciutto e tradizionale, imperniato più che su esperimenti di metrica sull'accoppiata voce e rime, ed in questo bisogna dire che convince. La sua non forte individualità è compensata da un bel timbro baritonale, che sovente ricorda Blaq Poet, e che basta per richiamare l'attenzione dell'ascoltatore anche quando Marco Polo va di mano pesante col beat. In tutto ciò, comunque, non confondetelo con un Twin Gambino: presenza al microfono a parte, egli se la cava anche con le rime e per quanto possa apparire talvolta un po' legnoso (o inesperto, come dimostra Wordplay) tendenzialmente non è tipo da farsi scavalcare così facilmente dagli ospiti. Ospiti che, trattandosi di Sean Price, Masta Ace, Lil' Fame, Ruck, Saukrates e Guilty Simpson, non sono propriamente gli ultimi arrivati (vabeh, Simpson sì e difatti viene stracciato) e grazie alla loro bravura ed esperienza riescono ad aggiungere quel tanto di varietà che basta per non far scadere il tutto nella monotonia. Certo, verrebbe da chiedersi quanto senso possa avere sentire uno dei sopracitati MC su un beat anni '90 quando la maggior parte di essi di fatto GIA HA canzoni smili incise proprio in quegli anni ma, ehi, c'è qui qualcuno ansioso di sapere come suoni Ruck su una base di DJ Toomp? Spero di no.
Dal canto suo, Marco Polo, entrato a far parte del gotha dei miei emergenti preferiti grazie al suo ottimo Port Authority, dà un giro di vite al termine "varietà" e si concentra pressoché esclusivamente sulla creazione di pestoni di matrice premierana mescolata ad un cicinin di D.I.T.C. L'esempio migliore è la già citata Lifetime, in cui il Nostro prende lo stesso campione di Q&A di Show & AG e gli conferisce un taglio caratteristico del Chris Martin di fine anni '90. Ma poi, volendo, ci sarebbero anche l'obbligatorio omaggio al proprio quartiere, intitolato Coney Island, in cui Marco mescola sapientemente un break famosissimo cui non ricordo il nome ed un sample vocale dei Temptations con delle batterie che giustamente accompagnano i primi dando loro maggior forza, in maniera non dissimile dal Buckwild dell'ultimo periodo. Tuttavia, la matrice non è sempre così chiara ed univoca: altrove si può trovare un pizzico di Erick Sermon (Hold Up), di Pete Rock (Double Barrel, But Wait), Large Professor (Rah Rah Shit, Stomp) e persino Bomb Squad (il "ronzio" di Party Crashers ha molto in comune con la base di Publi Enemy #1). Insomma, se qui può ancora valere -vuoi anche in misura minore- la critica di scarsa personalità, è anche vero che salvo in un paio di occasioni Marco Polo riesce a traslare le proprie influenze in una formula più legata al suono nuiorchese nel suo insieme che non ai singoli protagonisti che lo hanno definito in passato.
Conclusione? Bomba. Come già scrissi in precedenza, assieme a DJ Honda & Problemz e l'esordio di Finale, questo è uno dei pochi dischi degni di essere ricordati in questo miserabile 2009. Nel mio personale caso, poi, esso va a toccare le mie corde più da estremista e pertanto non può che esaltarmi; se volessi quindi dare completamente retta al mio lato più, uhm, "emotivo" affibbierei a Double Barrel un bel quattro e mezzo ma, conscio del fatto di dover dimostrare un minimo di oggettività e rispetto della linea editoriale (l'opera non si può dire perfetta), mi limito ad un bel quattro abbondante. A margine: se siete fan di questo genere di cose, ho terminato ieri la compila di roba non-progressiva; quando mercoledì tornerò in ufficio sarà la prima cosa che vi passerò, completa di grafica e tutto quanto.
[aggiunta: intervista a Torae e MP su HipHopGame]
Marco Polo & Torae - Double Barrel
9 commenti:
In primis, attendo la compila. Che finisce in macchina sicuro, pronta per far brutto nelle serate più disagiate.
La recensione è per me impeccabile, tra l'alto ho ritrovato in essa varie opinioni delle quali si è discusso con amici e le impressioni sono state le medesime. LOL at Blaq Poet, pure a noi ci è sembrato!
Quest'anno ho preso meno dischi del solito, (molti meno), ma Honda & Problemz, Double Barrel e Finale sono tra i pochi acquisti. Anche se fin'ora l'impazienza più grossa me la sta dando Blaqprint...
Su KevinNottingham c'era un promo che non mi ha esattamente entusiasmato
Lo comprerò comunque, sia chiaro, ma l'impressione che sia una roba al 10% delle potenzialità di Primo
Ah comunque sulla compila ho pure speso una trentina di yuri per fare un blend decente che da solo non riuscivo a fare
Purtroppo l'a cappella è di semi-incapaci ma il beat merita assai
FCK SQUAD...come hai potuto wedere(huahua) caro reisa non mi sono fatto wiwo per niente in questi giorni sul blog neank per commentare la merdina che è gunz from italy...e si parla dei club dogo..in quanto kool g rap anche scorreggiando riesce a creare montagne liriche,,kool g LEGEND!! comunque niente wolewo dirti che ne dici di una bella recensione su qualcosa di rakim? conoscendo ormai bene le tue priorità e il fatto che la recensione si dewe anche e soprattutto alla woglia che un disco ti trasmette in quel momento..ti inwito a dirmi almeno se è qualcosa che posso aspettarmi in tempi ''brewi'' ...bless...il cd ti marco e torae l'ho sentito..e spacca..recensione impeccabile come sempre
Io invece non sono d'accordo nel dire che il rap non-progressivo (pardon, Antonio) si possa ascrivere ad una particolare epoca.
È scontato dire che sono perfettamente d'accordo? Per quello per me si tratta di rap e basta. Semmai è la roba commerciale di ora che deve essere chiamata in modo diverso...
P.S.: ma sai che l'idea di Sean Price su DJ Toomp (no homo) non è per niente male?
no recensione davvero precisissima secondo me la migliore che hai fatto xchè sto cd è un pò chimerico per i motivi che hai già detto...cmq l'unica canzone che a me non convince tanto è smoke cioè non capisco xchè fra le vocioni di rock o lil fame il ritornello lo faccia torae...
rock decisamente sotto le sue prestazioni medie imho.
comunque bel disco, qualche campione già sentito, ma è ok
GrannyS.
davvero buona recensione, un punto di vista sicuramente condivisibile, anche se sto disco lo devo ancora assimilare bene prima di farmi un'idea precisa...cmq mi associo a chi chiede una recensione di un disco di rakim
Magari un 18th Letter potrebbe anche scapparci, mo' vedo un po' come mi gira. Nel caso sarà settimana prossima, almeno credo, dato che al momento sono in modalità 'gnurant
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